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archivio > Archivio sulla sinistra>Amadeo Bordiga, Militarismo e capitalismo. La nostra tesi (Il Domani, 2 giugno 1917)

aggiornato al: 16/04/2008

Il Domani, 2 giugno 1917

Questo articolo apparve, come lo riproponiamo, su «Il Domani» (settimanale socialista di Modena) il 2 giugno 1917.

Esso è parte del più noto "Nulla da rettificare" apparso su «L'Avanti!»  del 23 maggio 1917.

Non si può che restare ammirati alla sua lettura perchè a più di novanta anni dalla sua pubblicazione non c'è nulla da aggiungere  alla sua limpida e cristallina chiarezza.

 

 

 

Militarismo e capitalismo

La nostra tesi

 

La tesi internazionalista - la nostra - considera la guerra europea come una conseguenza delle rivalità imperialistiche borghesi; la tesi social-patriota vi scorge invece l'urto tra democrazia borghese e il militarismo autocratico.

Per noi, il militarismo  - quale si è manifestato in questa guerra - è un prodotto modernissimo del regime borghese capitalistico, e si concilia con le più progredite democrazie come con la più sviluppata ossatura economica industriale, mentre contrasta con gli istituti economici sociali e politici antecedenti allo stadio capitalistico. Infatti il militarismo di altre epoche storiche, come le invasioni barbariche, le guerre dell'epoca feudale e delle monarchie autocratiche, ha caratteristiche del tutto diverse.

Dobbiamo entrare nel processo storico borghese per rintracciare le "condizioni" del militarismo quale esso ci si manifesta in questa guerra.

Nel campo tecnico occorre uno sviluppo grandioso dei mezzi di produzione industriali e una padronanza completa dei processi e cicli di trasformazione delle materie prime; nel campo economico è condizione della guerra moderna una grande potenza finanziaria dello Stato e una vasta rete di proventi tributari; nel campo amministrativo una organizzazione burocratica indispensabile per reclutare e mobilizzare l'esercito, per disciplinare gli approvvigionamenti ed i consumi e portare ad un massimo di attività la macchina statale; nel campo politico infine un regime di democrazia ossia - nel significato storico della espressione - illusoria libertà delle masse - perchè esse accettino il peso enorme della guerra e credano questa imposta da interessi collettivi della nazione.

Questa ultima considerazione trova il suo appoggio nel fatto che la circoscrizione militare e gli eserciti permanenti sono stati stabilmente introdotti dopo i rivolgimenti democratici - in Francia dalla Convenzione nel '93 - mentre l'intensificazione degli armamenti in tutti i paesi d'Europa era accompagnata dalla concessione di riforme democratiche atte a rendere accettabili alle masse i nuovi pesi. D'altra parte se confrontiamo l'ascensione delle cifre dei bilanci militari con quelle che sono indici dello sviluppo industriale e commerciale del capitalismo, riscontriamo universali analogie.

Il militarismo non è dunque lo avanzo di altri tempi ma il prodotto dei tempi nuovi, è figlio del capitalismo e della sua caratteristica forma politica, la democrazia.

Per queste ragioni noi superiamo e rigettiamo la tesi del duello tra democrazia e militarismo e non abbiamo preferenze per uno dei gruppi di Stato in conflitto.

Gli Stati in guerra non si battono per la bandiera delle ideologie sociali o filosofiche che prevalgono nell'uno o nell'altro; e questo intuirono bene i socialisti italiani nella guerra di Libia.

Gli Stati in guerra sono per noi unità della stessa specie. Se una cosa possiamo dire con sicurezza, è che fanno meglio la guerra gli Stati più moderni, industriali, borghesi, democratici.

Dunque l'efficienza militare della Germania noi non la ricolleghiamo alla sopravvivenza di istituti medioevali e feudali, bensì a quanto essa ha di più moderno, capitalistico e "democratico". Ha subito questa tesi una smentita dagli avvenimenti? Tutt'altro.

Il paese rivelatosi meno adatto alla guerra, quello che per primo si è spezzato, è stata la Russia, a cui mancavano o difettavano tutte quelle condizioni che abbiamo accennate: tecnica industriale, economia capitalistica, burocrazia moderna, democrazia politica.

E lo Stato che più freddamente ha calcolate le sue convenienze - quelle della sua classe capitalistica - nella neutralità prima e poi nella guerra, è stata appunto la democratica ed evoluta repubblica delle stelle.

 

Amadeo Bordiga

 Il Domani, 2 giugno 1917