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archivio > Archivio sulla sinistra>Dizionarietto dei chiodi revisionistici: Legalitarismo (il programma comunista, n. 1, ottobre 1952)

aggiornato al: 22/08/2008

il programma comunista, n. 1, 10-24 ottobre 1952

Abbiamo già pubblicato di  «Dizionarietto dei chiodi revisionistici» rubrica che apparve nei primi anni cinquanta, per qualche tempo, sia  su  "battaglia comunista" che poi su "il progranmma comunista" la voce «antifascismo». Ora inseriamo legalitarismo che apparve nel n.1 di "il programma comunista" del 1952.

 

 

Dizionarietto dei chiodi revisionistici

Legalitarismo

 

Sbaglierebbe di grosso, chi credesse che il punto di partenza delle deviazioni opportunistiche, in fondo alle quali attende il leccamento degli stivali della borghesia, sia da ricercarsi sul terreno teorico. Per carità! L'opportunismo se guarda alla teoria, lo fa con gli occhi del leone. Coloro che passano nel campo dei servi della classe dominante, vengono determinati a farlo certamente non da una interpretazione errata dei principi basilari della dottrina o da una infelice scelta dei mezzi tattici. Si può sbagliare nel campo teorico e tattico senza rendersene conto, ma non si può sicuramente svolgere la funzione di sicofante della borghesia e di traditore del proletariato senza averne in ogni momento la netta  consapevolezza. Ciò è soprattutto vero quando si tratta di ex-rivoluzionari desiderosi di farsi rimborsare dalla borghesia i danni subiti e procurarsi una vecchiaia disonorata ma comoda. Di qui non si scappa: si serve la borghesia e l'ordine sociale e politico esistente non tanto per le idee che si professano (la stragrande maggioranza delle masse lavoratrici, specialmente oggi, è prigioniera di influenze controrivoluzionarie, ma ciò nonostante esse non possono certo definirsi altrimenti che classe sfruttata ed oppressa), ma per l'atteggiamento concreto, cosciente che si osserva di fronte agli organi costituiti della macchina statale capitalista.

Alla svolta in discesa che porta nell'opportunismo e nella prostituzione politica c'è un mutamento radicale, quando si tratta di ex-rivoluzionari nell'atteggiamento di fronte al potere dello Stato, all'ordine costituito borghese, alle autorità "legittime", alla legge scritta. Il marxismo non considera la teoria e l'azione in sfere distinte e separate. Chi alimenta dottrine controrivoluzionarie, non può che agire in conseguenza sul terreno pratico. Ma è anche vero che nulla più del tradimento di classe dimostra meglio l'esattezza del principio marxista, secondo cui viene prima l'azione, dopo il riflesso intellettuale di essa. Prima si passa al nemico, prima si tradisce la classe cui si appartiene o per cui si è lottato un giorno; solo in seguito si tenta una giustificazione travisando vergognosamente i principii.

Ma come distinguere la condotta contraddittoria (propria delle masse impreparate) e gli errori involontari (propri dei rivoluzionari in buona fede) dal tradimento degli opportunisti? Così come facciamo nei confronti, ad esempio degli stalinisti, di costoro denunciamo non quanto essi dicono di sé, ma quanto essi fanno nei confronti dello Stato borghese, identificato non nel transeunte personale di governo, ma nell'insieme di istituzioni ed organi preposti a conservare il modo di produzione e l'ordinamento sociale propri del capitalismo. Nemico involontario ed inconsapevole dei suoi stessi interessi di classe può essere il proletario impreparato: servo della classe dominante e traditore delle masse è colui che preparato quanto basta per afferrare il contenuto di classe dello Stato, accetta di assoggettarglisi pretendendo nello stesso tempo di rappresentare gli interessi operai. Traditore non si può certamente definire  il poliziotto o il magistrato che svolge la sua funzione nella convinzione che lo Stato è ente imparziale al di sopra o al di fuori delle classi  avendo scoperta la menzogna di tale tesi, non si fa passare per amico della classe oppressa. Poco importa se consapevoli o no della loro funzione costoro sono dei nemici, minuscoli elementi dell'enorme macchina di repressione dello Stato. Chi è dunque il combattente fedele della classe oppressa? Colui che ha compresa e fatta propria la dottrina materialistica dello Stato inteso come organo di lotta della classe dominante contro le masse sfruttate ed oppresse? Non basta.

Tale concetto primordiale, che serve come criterio infallibile per distinguere il rivoluzionario dal traditore opportunista, è presente nella storia di tutte le lotte rivoluzionarie. Il titano Prometeo colpevole, secondo la mitologia, di avere insegnato agli uomini l'uso del fuoco, avvenimento gigantescamente rivoluzionario nella storia della civiltà, assurge a simbolo di eroe rivoluzionario non solo perché consapevole, contro il parere reazionario di Giove, dell'enorme carica di conseguenze sociali derivante dalla innovazione della cottura dei cibi e della metallurgia, ma soprattutto per il suo fierissimo atteggiamento di fronte alla scatenata ira di Giove, per il rifiuto sprezzante di riconoscere il potere costituito che lo incatena alla rupe, e di assoggettarglisi. Il suo gesto rivoluzionario non scaturisce da fredda elaborazione intellettuale, ma da un atto drammatico di rivolta e di odio irreconciliabile verso il potere legale, sia pure divino, e pur di non macchiarsi di alcuna debolezza opportunista nei confronti di esso egli sopporta la terribile punizione inflittagli.

Purtroppo ciò che divora il fegato degli streminziti teoricastri dello opportunismo, si diversifica enormemente dall'avvoltoio della leggenda; è solo l'eccesso di bile provocato dalla brama insaziata, direttamente proporzionata allo accumularsi di una vecchiaia spoglia di onori e di cariche, di «essere qualcuno» sulla scena politica. Rimanere incatenati anti-eroicamente alla nuda rupe della oscurità, della non celebrità e, diciamolo pure della micragna, costoro assolutamente non sanno. Nulla è più estraneo a loro che ... il complesso prometeico. Hanno bisogno di svolgere la funzione e godere dei privilegi carpiti dai maiali nella «Fattoria degli animali» del libro famoso. Allora sono spinti ad inzoppare il loro rivoluzionarismo verbale, sia pure detto scherzosamente, nel dolce vino del legalitarismo, cioè del rispetto deferente della legge dello Stato borghese. Oppure si tratta solo di vile soggezione alla schiacciante potenza della macchina statale. Esempio classico: Karl Kautsky, il rinnegato Kautsky, l'antipodo dell'eroe rivoluzionario, rivoluzionario e marxista in gioventù, ruffiano del potere costituito e traditore del proletariato nel momento cruciale coincidente con la sua trista vecchiaia, allorché si trattò, negli anni del 1919-21, di passare dalla critica all'azione insurrezionale contro i pilastri della dominazione borghese. Perché Lenin definì Kautsky traditore e rinnegato, anche se la sua funzione di agente della controrivoluzione lo assimilava perfettamente allo sbirro, al deputato, al magistrato? Forse per il fatto che barattò l'ideologia, la dottrina, il programma? Anche per questo, ma soprattutto perché la contaminazione patriottarda e democratica del marxismo rappresentò solo la giustificazione ipocrita di un tradimento di fatto già avvenuto, tradimento che si effettuò proprio nel senso del capovolgimento di atteggiamento politico di fronte allo Stato capitalista internazionale, sceso prima nella bolgia della guerra imperialista, poi nella crociata contro la Rivoluzione comunista. Sappiamo tutti come si perpetrò il tradimento. I capi della Seconda Internazionale socialdemocratica, che in Karl Kautsky dovevano trovare la loro più perfetta espressione, al Congresso di Stoccarda del 1907, si erano ammantati delle vesti di prometei antiborghesi, deliberando di trasformare la guerra imperialista in lotta per l'abbattimento del dominio capitalista. Quando nell'agosto del 1914, essi cedettero ai rispettivi stati nazionali, accettando non solo di sospendere la lotta contro il capitalismo ma di aderire entusiasticamente alla carneficina imperialista, non lo fecero certamente per errata interpretazione di una risoluzione o di un testo. Quella votata a Stoccarda era dichiarazione quanto mai categorica ed inequivocabile. Fu chiaro allora che il voltafaccia socialdemocratico era dovuto unicamente a soggezione di fronte alla terribile minaccia della repressione, a mancanza di coraggio rivoluzionario. Tutto quello che poi Kautsky doveva almanaccare nel campo teorico, negli anni del 1919-20 doveva servire unicamente a giustificare il rinnegamento commesso cinque anni prima, nel momento in cui si trattò di dare corso alle minacce formulate contro la borghesia.

Egualmente dovevano comportarsi politicamente i capi stalinisti della III Internazionale: fu il capovolgimento della tattica, il passaggio a contatti adulteri con gli agenti del nemico borghese, che provocò le deformazioni e i rinnegamenti nel campo ideologico, e non diversamente. Oggi come oggi avviene lo stesso.

La regola generale cui si adegua il tradimento e il passaggio tra gli scherani del capitale ripetiamo è questa: prima il pecoresco accucciarsi ai piedi dello Stato borghese impersonato in sbirri e funzionari; dopo , la giustificazione pseudo-teorica del gettito del principio rivoluzionario. Viene prima il cedimento alla influenza del nemico, l'inquadramento del suo meccanismo di repressione; dopo di che si dà la stura alla logorrea nauseante sulla utilizzazione delle possibilità legali, sulla possibilità di adoperare gli organi e le leggi dello Stato capitalista...contro gli interessi del capitalismo, e porcherie simili. Comunque, ogni male ha la sua consolazione: meglio un traditore dichiarato che un Malinovskj annidato nel partito a spiare e sabotare... Lasciamo i vermi a strisciare.

Gli esempi di tradimento e di passaggio al nemico sono veramente innumerevoli. Viceversa non esiste un solo esempio di raggruppamento politico che abbia commesso il gesto di inquadrarsi nella legalità borghese, riuscendo ciò nonostante a conservare il suo carattere di forza rivoluzionaria. Esempio simile non esiste né al passato né al presente, non esisterà nel futuro. Evidentemente, la lotta di classe obbedisce a leggi che per la rigidità non si diversificano da quelle fisiche. Il mezzo migliore per farsi stritolare rimane l'inane tentativo alla Sisifo di opporre al loro ferreo concatenarsi e impersonale applicarsi il buffonesco potere della personalità con la p maiuscola dei pretesi grandi uomini. Chi ha lasciato impigliare un lembo della propria casacca venduta probabilmente prima che fosse tagliata e confezionata, negli ingranaggi della macchina statale del capitalismo, ci rimane per sempre. Purché non ci pensi egli stesso a togliercisi, adoperando l'estrema risorsa del Giuda Iscariota.

 

il programma comunista, n. 1, 10-24 ottobre 1952