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archivio > Archivio sulla sinistra>Elogio della pazzia, ludibrio della "saggezza" conciliare, (il p.c., n. 5, marzo 1966)

aggiornato al: 04/05/2009

il programma comunista, n. 5, 10-24 marzo 1966

Certe volte è opportuno leggere quanto riproponiamo senza commenti ma con un po' di silenzio e attenzione...

 

 

Elogio della pazzia, ludibrio della «saggezza» conciliare

 

«Elogio della pazzia» è il titolo  del celeberrimo scritto di Erasmo da Rotterdam: L'Olanda era il primo paese industriale e trafficante dell'epoca, quando Erasmo presentò la sua opera: si stava appena affacciando il  secolo XVI. E con Erasmo si chiude la grande epoca dell'universalità umanista medioevale, e si apre l'era dell'universalismo commerciale borghese (per dare semplicemente un nome al vasto intrecciarsi di cause materiali agenti nella storia della società umana).

E, proprio all'epoca di quello svolto storico, e in tutte le opere sue, egli non cadde nell' «errore provinciale» di un Lutero, che di lì a pochi anni cedette il proprio nome alla frattura religioso-economica, che separò da Roma i paesi germanici. Con Zuinglio, assai più con lo stesso Lutero e poi ancora con Calvino, doveva compiersi il primo atto europeo, teorizzato e ideologizzato, della sottomissione e del soggiogamento della religione  alle necessità del capitale nascente. L'etica delle chiese riformate fu in realtà uno strumento spietato, necessario anche se non unico e sufficiente, di condensazioni etniche e nazionali, e di accumulazione primitiva di capitale. Ma, nella realtà, lo stesso fenomeno non poteva non verificarsi anche nella chiesa cattolica - oggi infine, tra viaggi papali, concilio e diplomazia vaticana, autodefinitasi senza reticenze la «cattolica del capitale imperialista».

Nel corso della storia, il capitale si è fabbricato i suoi teorizzatori, ha preparato e scatenato rivoluzioni, ha spezzato vecchie e decrepite forme di produzione per sostituirvi la propria, nuova ed energica. Ma quando non gli bastarono semplici operazioni meccaniche sui salari e sui contratti di lavoro, pressioni su sindacati e catture di partiti (sia pure di antiche origini rivoluzionarie...) per controllare le incontrollabili forze gigantesche evocate dal fondo della società; quando come proprio ora, non riesce più a dominare la folle e anarchica corsa alla produzione  e  al mercato, ovvero alla sempre maggiore oppressione del proletariato ed alle sempre più spaventose guerre di conquista; quando, come ora, le briglie di miliardi di uomini non gli rispondono se non a fatica, e (malgrado tutti gli apparati elettronici) non riesce a prevederne le reazioni: che cosa gli rimaneva, se non di rivolgersi all'unica centrale che ancora possa vantare un potere mondiale di controllo? Così la chiesa cattolica ha tratto profitto dal ferreo e caparbio centralismo acquisito e mantenuto nei secoli.

Ma torniamo ad Erasmo. Egli può davvero considerarsi l'antecedente primo dell'europeismo, della tolleranza, dell'antidogmatismo, del pacifismo, dell'ecumenismo, odierni. Assai lineare e vasta era la strada da lui indicata; e l'implicito progetto teorico-politico della sua «riforma-cattolica» era tanto semplice quanto lungimirante: 1) riferirsi a un comune denominatore universale: «l'uomo come tale», cioè dotato di ragione e di libera volontà; ecco tecnicamente fondata la possibilità e la necessità del dialogo! 2) adottare, in campo religioso, la sola designazione di «cristiano», approntando così una teologia molto generalizzata: ed oggi vediamo quanto essa sia considerata generalizzabile e quanto «onnicomprensiva» aneli d'essere!; 3) condurre l'apparato chiesastico ad una reviviscenza che fosse un ritorno alle origini, facendo appello a concetti immediati ed esemplari come la povertà e la carità; e quale borghesuccio, oggi, non vi si richiamerebbe?; 4) così conciata, o se si preferisce, così... programmata, la «chiesa cristiana» sarebbe stata il docile e casto strumento ideologico e l'agente di sostegno, di rifugio e di conservazione (nonché, a secondo dei casi, di guida) per nuovi fatti economico-politici nel vecchio continente, e di appropriazione e controllo nei paesi d'oltremare alla vigilia delle grandi imprese di colonizzazione da parte delle potenze europee.

Ci sono voluti quattro secoli perché uno schema del tutto simile fosse conclamato e sancito ufficialmente, con enorme clangore di propaganda, da S. Madre Chiesa. Ci sono voluti, in realtà, una borghesia prossima a crepare e una teologia ormai stravolta; per meglio dire, ci sono voluti un capitale strillante una demente classe dominante, e una società purulenta per le sempre più pestifere contraddizioni del sistema.

Attraverso violente selezioni bioeconomiche il capitale è sorto e si è imposto, dando vita di volta in volta agli elementi economici e politici di cui abbisognava. Ma il fatto che il suo ultimo «prodotto» sia una così fetida congerie, basta ad assicurarci della prossima fine del suo, da decenni esaurito, ruolo storico.

Ora satirico, ora ironico, ora ferocemente sarcastico verso i più miopi conservatori, Erasmo poteva fissare l'elogio della «pazzia»,  che null'altro era se non la «modernità» veemente, impetuosa, priva di scrupoli, dei primi borghesi rivoluzionari. Non poteva certo immaginare che quella «pazzia» sarebbe un giorno degenerata in «furore», e in una sentina di furori!

Noi comunisti, questi pazzi di turno, noi marxisti rivoluzionari, potremo farci da noi stessi l'elogio solo quando avremo fatto sparire dalla faccia della terra ogni anche piccolo straccio dell'infetta società capitalistica. Noi che, soli, proclamiamo di conservare e tramandare la teoria invariante della classe proletaria e, per essa, della specie umana; noi che, soli, affermiamo di raccogliere la storia in un programma di lotta; noi che, soli, innalziamo gigantesco lo spettro del partito rivoluzionario e della sua dittatura.

A questi «pazzi»  Erasmo sorridendo offriva [ellèboro]: a questi «furiosi» noi daremo morte.

Ma, a tal fine, non v'è posto per commerci esistenzialistico-intellettuali, per equivoci giochi tattici, per depravati connubi - pascoli della ruffianesca ciurmaglia di politicanti, preti professori e storici: ma solo il martellante richiamo del proletariato alle proprie tradizioni di lotta, e la guerra feroce e senza quartiere contro il nemico di classe.

 

il programma comunista, n. 5, 10-24 marzo 1966