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archivio > Archivio sulla sinistra>Arturo Peregalli, Recensione a: Storia della Sinistra Comunista, vol. III, 1920 - 1921, (1986)

aggiornato al: 18/06/2009

recensione a Storia della Sinistra Comunista, vol. III

A otto anni  dalla morte, Arturo morì il 13 giugno del 2001, pubblichiamo, per ricordare l'amico e il compagno un suo scritto minore e cioè la recensione che scrisse nel 1986 dopo l'uscita del III volume della Storia della Sinistra Comunista. A quel volume ne seguì un quarto  "Dal luglio 1921 al maggio 1922" nel 1997 (sempre nelle edizioni Il programma comunista) che a tutt'oggi rimane l'ultimo.

 

Storia della Sinistra Comunista.

Dal II al III Congresso dell'Internazionale Comunista

Settembre 1920 - giugno 1921

Vol. III, Milano, Ed. Il Programma Comunista, 1986, L. 25.000

 

La storiografia  non è "neutrale" ma sempre di parte, anche quando si presenta come "oggettiva" e "asettica". In base a questo principio perentorio l'anonimo autore (o meglio autori, in quanto si tratta di un'opera collettiva e di partito) della  Storia della Sinistra Comunista intende ricostruire il percorso compiuto dal marxismo italiano che viene rintracciato, in embrione, sin dagli esordi del movimento operaio in Italia. Già nel primo volume infatti (Storia della Sinistra Comunista, vol. I, Milano, Ed. Il programma Comunista, 1964), verosimilmente dovuto alla penna di Amadeo Bordiga, si ripercorrevano le tappe ed i momenti significativi che dopo l'unità d'Italia avevano gettato le radici di quello che sarà lo scarno albero del marxismo italiano, che attraverso successive evoluzioni e delimitazioni avrebbe dato vita a quel filone originale definito dai suoi avversari bordighismo ma che i suoi membri preferiscono chiamare semplicemente sinistra comunista.

Bordiga, dopo la costituzione del Partito Socialista, rintraccia in esso i germi di una lotta della sinistra radicale e marxista e li trova in tutti quegli elementi che a partire dal Congresso di Reggio Emilia (1893) fino al Congresso di Bologna (1919) lottarono contro le diverse espressioni del riformismo.

Il secondo volume (Storia della Sinistra Comunista, 1919-20, Milano, Ed. Il Programma Comunista, 1972), sempre con la medesima tematica ed interpretazione, esamina il periodo che va dal congresso di Bologna al secondo congresso dell'Internazionale Comunista.

Questo terzo volume, che appare dopo 14 anni dal secondo, continua nell'operazione di ripresentare il valore storico della sinistra italiana che ebbe il merito, come corrente maggioritaria, di essere stata il nucleo e il cardine promotore del primitivo PCd'I. In questa ricerca vengono ricordati i momenti che dettero vita alla sezione italiana della Internazionale Comunista e i primi mesi di vita del neonato organismo, creato, come si sottolinea, in ritardo, in un momento poco felice in cui la classe operaia, dopo aver ripresentato il suo risorto ardore nelle magnifiche e generose lotte dell'immediato dopoguerra, iniziava la lunga fase di arretramento e a sprofondare nel lungo sonno che durerà per ben vent'anni. Il volume, come quelli precedenti, mette in risalto come l'involuzione del movimento operaio e le sue sconfitte furono sì il frutto di un arretramento oggettivo, dovuto al processo di ristrutturazione del capitalismo nel dopoguerra, ma anche del tradimento del socialismo, in specie di quello definito "massimalista" il quale, al di là dell'estremismo parolaio non seppe, o meglio, non volle rompere col riformismo, aiutando così, in modo determinante, la disfatta della classe operaia.

Della sinistra di allora si sottolinea  la coerenza teorica e programmatica che, pur in una fase difficile, seppe tradurre in linee politiche e tattiche e che furono in grado di far muovere con linearità il partito nella sua attività quotidiana. E per dimostrare questa capacità tattica di intervento, rispondendo anche ai critici del "bordighismo" che hanno egemonizzato la storiografia italiana per molti anni, e che per certi versi l'egemonizzano tuttora viene dedicato l'ultimo capitolo del volume al "partito nel vivo dell'azione di classe", cioè l'azione intrapresa dal PCd'I contro l'insorgente fascismo e la reazione statale, sul terreno sia politico che sindacale. Viene dimostrato come non sia stato il "settarismo" bordighiano la  causa della sconfitta del proletariato bensì una concordanza di cause che con la dottrina e l'azione del partito comunista nulla hanno a che vedere. Anzi, il partito, pur con i suoi limiti quantitativi, resse molto bene i primi assalti del fascismo il quale solo dopo la completa sconfitta della classe operaia poté penetrare nelle roccaforti di sinistra ed espugnarle ed aprirsi così il varco verso la scalata al potere. Il fascismo vinse non perché riuscì a sconfiggere la classe ma perché questa era già stata sconfitta. Si sottolinea inoltre che il fascismo non fu una reazione di ceti "feudali" e precapitalisti, come fu affermato anche da parte della storiografia stalinista basandosi sulle analisi gramsciane ma il prodotto più genuino del capitalismo che seppe utilizzare la crisi dei ceti medi per i suoi fini. A riprova di ciò si citano i documenti che dimostrano come lo Stato e gli stessi esponenti politici democratici non solo favorirono, ma armarono e difesero il fascismo sin dal suo sorgere. Il massimalismo inconcludente non solo non seppe fronteggiare con un moto unitario ed organizzato la plebaglia delle camicie nere ma si accodò al riformismo predicando la rassegnazione giungendo sino al vero e proprio tradimento quando si accordò con Mussolini nell'agosto del 1921, per una "pacificazione sociale".

Anche la figura di Gramsci in quest'opera viene alquanto ridimensionata. Egli non appare più, come avveniva nella storiografia degli anni cinquanta e sessanta, il fondatore del PCI ma semmai colui che subisce un evento più che determinarlo. Gramsci segue il processo di formazione del PCd'I, viene affermato, non vi contribuisce e lo fa da spettatore non impegnato. Già Bruno Fortichiari (Comunismo e revisionismo in Italia, Torino, Tenerello, 1978) uno dei massimi esponenti comunisti del periodo, aveva contribuito a chiarire con i suoi ricordi il comportamento di Gramsci a Livorno, ora la Storia della Sinistra Comunista riprende e sviluppa. seguendo passo passo, l'evolversi del pensiero gramsciano sia sui suoi scritti sia nel comportamento politico pratico. Ne esce la figura di un combattente eccezionale ma il cui pensiero è però molto distante dal leninismo. La polemica sui consigli che egli ebbe con Bordiga a cavallo del  1919-20 mette in risalto come egli si differenziasse dal marxismo rivoluzionario sul problema essenziale dello Stato. Se il rivoluzionario napoletano ravvisava il momento risolutore rivoluzionario nella conquista dello stato, Gramsci invece lo vedeva nella espropriazione aziendale della classe capitalista. Alla base del gramscismo quindi non vi era altro che una nuova forma di gradualismo  in una successione pragmatica che dal controllo operaio nella singola azienda, attraverso la gestione operaia, pensava di giungere alla sostituzione dello stato borghese. E' vero comunque, come viene sottolineato nella Storia, che con la fondazione del partito l'allineamento del dirigente sardo alla concezione dominante nell'organizzazione è totale, ma il suo pensiero riapparirà di nuovo, anche se sotto altre forme, non appena il riflusso delle lotte operaie si accentuerà ulteriormente e il socialismo in un solo paese prenderà il sopravvento in Russia.

Il volume non si sofferma solo sulla formazione del partito italiano ma spazia anche sulla costituzione dei partiti comunisti europei, con gli occhi puntati in special modo su quelle organizzazioni politiche che avevano un notevole peso per lo svolgimento delle lotte operaie dell'epoca: i partiti tedesco e francese. Viene sottolineato il modo negativo in cui questi partiti nascono e si portano dietro molta zavorra massimalista ed anche prettamente riformista, come nel caso francese. Il partito italiano nel suo parto, a differenza di questi partiti, si era delimitato abbastanza nettamente sia dal riformismo che dal massimalismo. Il mutamento della sua tattica e della sua direzione, a causa di questa nascita, non fu un fatto spontaneo, endogeno, ma fu imposto con un "atto d'imperio" da parte dell'Internazionale.

I prossimi volumi, che sono già annunciati, ricostruiranno il percorso della sinistra durante l'avvento del fascismo, poi all'opposizione all'interno del partito sino a quando, nel 1926, col terzo congresso di Lione, fu emarginata con metodi burocratici.

Ad aumentare il pregio del volume, come dei precedenti d'altronde, vi è un corredo di appendici documentarie che riproducono testi attualmente di difficile reperimento.

 

Arturo Peregalli

 

Studi e documenti, n. 4, agosto 1986