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archivio > Archivio sulla sinistra>Ludovico Tarsia, La Frazione Astensionista e il Congresso di Mosca. (Il Soviet, 5 settembre 1920)

aggiornato al: 14/11/2009

Il Soviet, 5 settembre 1920

Questo magnifico articolo di Ludovico Tarsia, apparve ne Il Soviet del settembre 1920 dopo la conclusione del II Congresso dell'Internazionale Comunista.

In esso riluce con chiarezza la profonda aderenza delle posizioni della Frazione Astensionista con quelle scaturite dal congresso internazionale che verranno illustrate sempre ne Il Soviet nel numero del 3 ottobre 1920 nell'articolo Intorno al Congresso Internazionale comunista.

Ludovico Tarsia autore di questo articolo fu un eminente ed importante rappresentante tanto di Il Soviet che del Partito Comunista d'Italia dei suoi primi anni quanto del partito Comunista Internazionalista fino alla sua morte.

A lui dedicheremo prossimamente una scheda biografica.

 

La Frazione Astensionista e il Congresso di Mosca

 

I deliberati del Congresso di Mosca concordano pienamente con quanto la nostra frazione ha sempre sostenuto sulla necessità di creare un partito veramente comunista, sulle funzioni e la costituzione di questo partito e sui suoi rapporti colla III Internazionale. Così pure concordano perfettamente con quanto da noi è stato sostenuto sulla questione dei soviet, facendo implicitamente giustizia sommaria del deliberato, da noi combattuto, del PSI di costruirli fin da ora; deliberato ridotto dopo il Consiglio nazionale di Milano alla minima espressione del soviet monocomunale sperimentale, a sua volta tacitamente messo a dormire. L'unica divergenza è sulla questione del parlamentarismo.

 La tesi votata a Mosca ribadisce come premessa il concetto fondamentale che il parlamentarismo è un sistema di governo borghese, che non può costituire la forma dello  stato proletario, che non può essere conquistato dal di dentro ma spezzato insieme con gli altri organi congeneri e locali per essere sostituiti dai soviet centrali e locali ecc. Questa valutazione del parlamentarismo risponde precisamente a quanto al riguardo ha costantemente sostenuto la nostra frazione, la quale ha tenacemente insistito perché fosse accettata anche dalla maggioranza del partito. Al Congresso di Bologna la differenza tra noi e la maggioranza vincitrice su questo punto cardinale fu che noi volevamo che quanti non accettassero questa concezione programmatica uscissero dal partito, e in tal caso votammo; essa si limitò a fare al riguardo una affermazione verbale e votò per la permanenza nel partito di coloro che non accettavano il programma. Noi eravamo con Mosca nella parola e nell'atto, gli altri... predicavano bene e razzolavano male.

La tesi di Mosca rileva giustamente che il metodo fondamentale della lotta contro il potere politico della borghesia è quello dell'azione di massa che si trasforma in lotta armata come sempre abbiamo sostenuto noi, e relega l'azione parlamentare ad essere subordinata agli scopi dell'azione extraparlamentare, considerando la tribuna parlamentare come uno dei punti di appoggio, ossia una posizione legale che il partito, che dirige le azioni di massa ovvero la lotta armata, deve costituire alle spalle del proletariato in lotta. Ciò è profondamente diverso e avverso a quanto ha fatto, prima e dopo Bologna, il PSI, il cui epicentro è restato sempre e unicamente l'azione parlamentare, che domina e guida tutta la lotta politica. L'azione illegale era ed è ignota (prima di Bologna era proprio ripudiata e lo è ancora da moltissimi iscritti); eppure, essa è uno dei capisaldi della tesi di Mosca ed è non piccola parte di quell'azione extraparlamentare cui dovrebbe essere collegata in forma subordinata l'azione parlamentare per utilizzare in tal senso l'immunità parlamentare. Ridotta in questi termini ristretti, l'azione parlamentare, va da sé, perde notevolmente di importanza, e la questione dell'uso del parlamento si restringe in limiti assai modesti. E' vero che i comunisti hanno guardato sempre così la questione, né potevano far diversamente, data la premessa da cui partivano che il parlamentarismo è un sistema di governo borghese; ma non così la intendeva il PSI, e non solo i socialdemocratici ma anche moltissimi dei cosiddetti massimalisti.

La nostra accanita, tenace lotta in seno ad esso, fino a sentire la necessità di costituire una frazione astensionista per agire con maggiore energia e concordia di movimenti, che era ed è ispirata dalla convinzione che la lotta politica ossia la lotta per la conquista del potere è fuori dell'azione parlamentare, tende alla finalità di portare l'attività del partito verso la sua vera meta. Costringere il partito a ridurre nei termini voluti da Mosca l'azione parlamentare e ad accettar di  discutere la questione del parlamentarismo dal punto di vista da cui sempre l'abbiamo considerata, e cioè: quanto e fino a che punto possa essere utilizzata la funzione parlamentare ai fini dell'azione rivoluzionaria, è per noi grande vittoria. Noi non abbiamo affermato che la lotta politica potesse caratterizzarsi con una questione di attitudine verso il parlamentarismo, né abbiamo sostenuto la negazione assoluta ed ingenua della partecipazione elettorale. Nel programma presentato a Bologna abbiamo ben distinto il periodo prerivoluzionario in cui si utilizza il parlamento per fare opera di critica e propaganda, da quello rivoluzionario, l'attuale, in cui il proletariato insorge per abbattere lo stato borghese; alla quale azione nessun efficace contributo può essere portato mediante la funzione parlamentare. L'esperienza del domani, quando in base ai deliberati di Mosca tutti i partiti aderenti alla III Internazionale, resi veramente comunisti dopo essersi sbarazzati dei vari ingombri che contengono, adopereranno la tattica parlamentare, dirà se sia errato o no il nostro punto di vista.

La tesi di Mosca non esclude che possano essere praticati l'uscita dal parlamento, il boicottaggio del parlamento, il boicottaggio delle elezioni; solo ritiene che ciò possa avvenire quando ci si trovi in una situazione che permetta l'immediato passaggio alla lotta armata.

Senza entrare in un esame dettagliato di queste varie azioni, che sono notevolmente diverse, e senza considerare la difficoltà non sempre facilmente superabile della valutazione della circostanza espressa nella tesi per la loro attuazione, rileviamo che il boicottaggio attivo delle elezioni da noi proposto (intervento in esse senza candidato allo scopo di propagandare con maggiore efficacia il carattere borghese del parlamentarismo, la sua incapacità nei rapporti della dittatura proletaria, e la necessità di abbatterlo) rientra precisamente in una delle azioni che la tesi di Mosca riconosce consigliabili.

Vi è forse una diversa valutazione del momento dell'utilità di esso. Dico forse perché noi eravamo sicuri di non essere seguiti dalla maggioranza e quindi sapevamo di avere anticipata la nostra affermazione non nel senso storico ma nel senso della sua accettazione e quindi della sua attuazione. Ciò non facemmo e non facciamo per il risibile proposito di apparire più rivoluzionari.

Ogni tendenza ha avuto sempre questo inizio: comincia dall'uno o dai pochi e poi cresce e si sviluppa se risponde ad un vero bisogno e a una necessità del domani. Non è infantile pel solo fatto di essere in un determinato periodo del suo sviluppo seguita da scarso numero. Così ragionando, tutte le nuove idee sono state infantili. Quando al Congresso di Bologna chiedevamo che il partito divenisse di nome comunista, per consacrare definitivamente un cambiamento radicale di indirizzo, anche allora eravamo pochi e sapevamo di esserlo.

Così pure quando sostenevamo la incompatibilità nel suo seno dei destri e centristi. Vedremo nel prossimo Congresso, dopo i deliberati di Mosca, quale cammino avrà fatto dopo un anno la nostra tendenza. Così per l'astensionismo.  L'aver sostenuto e sostenere l'astensionismo è servito e serve ad esercitare un potente svalutamento della funzione del parlamentarismo specie tra i massimalisti, a infondere nel partito e nelle masse il convincimento sempre crescente che il centro di gravità del movimento proletario è fuori del parlamento borghese ed a prepararli per l'ora in cui questo dovrà essere definitivamente spazzato via. Che per noi l'astensionismo non costituisca il fulcro fondamentale dell'azione comunista, lo si rileva dal fatto che non abbiamo voluto affrontare su di esso il distacco dal partito e che non volemmo accogliere la alleanza con quegli antiparlamentari i quali, pel solo fatto di essere tali, non accettassero rigidamente il programma comunista. Alla conferenza di Firenze nella mozione votata dalla frazione dicevamo fra l'altro: «La frazione delibera di consacrare tutte le proprie forze alla costituzione in Italia del partito comunista, sezione della III Internazionale, affermando che in questo partito, come nel seno della Internazionale medesima, la frazione sosterrà la incompatibilità della partecipazione elettorale ad organismi borghesi, ecc.». Da questa deliberazione risulta chiaro il nostro proposito fondamentale che è quello di formare un partito comunista, indispensabile organo per la lotta politica del proletariato, che abbia un programma positivo di azione, e non un partito fondato sopra una differenziazione negativa quale è l'astensionismo. Questo nostro proposito, avvalorato dai deliberati di Mosca, ci impone la più energica attività ora che esso entra finalmente e definitivamente nella sua fase di attuazione. Noi continueremo a lavorare per cercare di divenire maggioranza nella Internazionale, il che, si intende, prescinde assolutamente dal più rigoroso, disciplinato, incondizionato rispetto ai deliberati di essa, anche di quelli che non rispondono alle nostre intime convinzioni. Una ferrea disciplina è la principale forza dei partiti comunisti che di nome e di fatto siano veramente tali.

 

 

Ludovico Tarsia

 

Il Soviet 5 settembre 1920