Cerca nel sito



 


archivio > Archivio sulla sinistra>Aspri conflitti tra biscie e ciarlatani (il programma comunista,n. 24, 1 -14 dicembre 1956)

aggiornato al: 30/05/2010

il programma comunista, n. 24, 1956

Proponiamo questa volta ai nostri lettori un articolo bellissimo, ma stranamente trascurato -  cosa a cui oggi noi rimediamo - (non è presente in rete in nessuno dei vari siti che si richiamano alla sinistra comunista) della gloriosa testata «il programma comunista».

I virtuosismi e l'immaginifico linguaggio letterario non lasciano dubbi quanto al suo autore. Buona lettura!

 

La farsa della politica internazionale: aspri conflitti tra biscie e ciarlatani

 

I falsi comunisti aggiungono ai tanti meriti infami quello di avere dato esca ad un potente ritorno dell'incanata mondiale contro il vero comunismo. Il fatto che questa inveisce contro Mosca, il Cremlino, i vivi come Krusciov, e i morti come Stalin, ed il fatto che questa costellazione è formata dai vertici del peggiore anticomunismo, non toglie che tutto il giornalume borghese del mondo la diriga sadicamente contro il comunismo vero, e non si lasci sfuggire la giocata facile di accomunare, a quei nomi inferi, gli altissimi di Lenin, di Marx, della autentica tradizione proletaria e socialista storica.

Questo tentativo sinistro non dispiace ai comunisti mentiti e rinnegati nel momento che la loro evoluzione, e meglio involuzione, sta traversando, ossia nell'intento di sfruttare ancora a lungo la residua simpatia ed appoggio dei lavoratori di tutti i paesi, legati a quelle tradizioni lucenti, e nello stesso tempo di perfezionare la subdola accostata che tra non molto li vedrà dichiarare essi stessi, oltre la coesistenza e l'emulazione, anche l'analogia e infine l'identità del loro preteso sistema economico e politico con quello di Occidente.

I fatti dell'Ungheria e quelli che si levano sull'orizzonte di Polonia, Jugoslavia, della stessa Russia (a quanto il desiderio degli incanatori con sgangherati annunci comincia ad annunciare) han dato la stura alla più stolta campagna di interclassismo e alla illusione idiota di togliersi dallo stomaco l'incubo della dottrina e della realtà della lotta di classe.

La reazione dei «satelliti» al peso della potenza di Mosca, economica, politica e militare è vantata come il prorompere delle ragioni patriottiche che accumunerebbero popoli interi senza differenze di classi in uno scopo comune, ripresentato con le antichissime mascherate: libertà, indipendenza, democrazia.

Gli insorti in armi passano, nel 99 per cento della carta stampata nel mondo, per «patrioti» in lotta contro il dispotismo e la tirannide, le armi straniere, ed altri muffiti rifreddi della storia.

Quelli del lato Cremlino si arrovellano invece per la perdita di grosse puntate che l'avversario vuota nel suo piatto cavando dalla manica queste carte false del mazzo demoborghese. Invano contrappongono altri trucchi fabbricati dai loro controtorchi di battitori di frodo, e che attaccano ogni giorno meno: feudalesimo, reazione, forca, e la bomba delle bombe, che va sempre più riducendosi ad emissione di «loffe» pietose: fascismo!

Non è questo un caso classico di biscie che mordono a vivo il ciarlatano che le maneggia?

Non erano tutti i campioni, a cui per il mondo inneggiavano questi alfieri del sedicente rosso, definiti «patrioti»? Non era sostenuto che essi soli combattevano per la democrazia, la libertà, l'indipendenza della patria, la pace e soprattutto il santissimo antifascismo?

Chi aveva insegnato tutto questo ai lavoratori, che cinquanta anni fa già erano maturi per considerarsi senza-patria, e schifare la libertà borghese?

Chi aveva nell'ultima guerra mondiale fatto causa comune coi «popoli e governi» democratici, parlamentari, liberali, contro gli altri?

Chi aveva esaltato nel dopoguerra i mostruosi conglomerati antifascisti, che mobilitando tutto quel materiale retorico fondavano ogni speranza e forza sulla miscela torbida coi ceti piccolo-borghesi, coi bottegai, minuti agricoltori, impiegati, studenti, e una truppa - la più bolsa - di intellettuali «di sinistra», e fondato fuor di cortina i fronti popolari, entro cortina i regimi di democrazia popolare?

Chi, se non Mosca e filiali?

Oggi tutta questa catasta di materiale antimarxista, dopo aver ondeggiato, si rovescia sugli insensati che l'hanno eretta, distruttori oltre tutto anche delle loro soggettive esistenziali casse e carcasse!

Se l'incanata vince troppo presto non ci rallegreremo perché ciò avverrà prima che gli operai abbiano capito che non si trattava di aver tradito la fede nella libertà del popolo o dei popoli, ma del molto maggiore tradimento: averci creduto e averci fatto credere.

 

* * *

 

Un motivo che rimbalza in tutte le lingue tra i conduttori della virulenta campagna, che speculano sozzamente sul sangue versato dagli insorti, è il trinomio: operai, contadini, intellettuali: mostrato come antitesi di popolo che difende le decantate conquiste dell'ideologia borghese.

Ma chi ha ringiovanito questo inganno e lo ha lanciato per il mondo come una formula socialista come quella su cui si regge la società russa, nella falsa socialista etichetta, e a cui si riportano i modelli esteri dalla Russia proposti e lanciati, e se occorre imposti col pestaggio aperto, sotto motivo di scongiurare che vinca il «fascismo» (?!), dopo aver rinnegato l'alta teoria della dittatura rivoluzionaria, che è vitale e sana in quanto non ha visiere da abbassare e non ha angoli del mondo capitalista a cui promettere remore alla inesorabile sua ferrea applicazione? Chi dunque, se non la banda esosa di Mosca?

Cento anni fa intellettuali e studenti marciarono innanzi contro il dispotismo feudale, e contadini ed operai si posero armi alla mano al loro seguito. Felice storico evento per la nostra dottrina sebbene quelli non sapessero ancora, da essa che la lotta era nell'interesse dei nuovi magnati del capitale, a profitto del loro sorgente dominio.

Cinquant'anni fa avevamo già rotto il fronte lasciando al loro destino gli studenti, gli intellettuali, i piccoli borghesi della città e della campagna; e staccammo dalla ideologia democratica e patriottica i senza-riserva, i salariati della città e della campagna, schierati compattamente sul fronte della lotta di classe.

Contro questo risultato lavorò la bestia nera di Marx e di Lenin, l'opportunismo, e cercò di spegnere l'antitesi, di riaccendere il ponte tra classi, sempre risollevando il verseggiare quarantottesco, e sfruttando il mezzo più bestiale: la condanna all'atrocismo, al criminalismo, al violentismo, al terrorismo in generale per aggiungere a tutti i suoi falsi idoli il più traditore: il pacifismo sociale.

Nella prima guerra mondiale il Criminale fu Guglielmo di Germania coi suoi alleati, in contrapposto al «mondo libero» di allora. Rifarsi a Marx e a Lenin significa sentire come propria origine genetica la demolizione storica gigante  di quella elefantiasi di menzogna.

Nella seconda guerra mondiale il criminale di turno fu Hitler, il fascismo, e la prova Wasserman della sifilide opportunista fu l'aver creduto al blocco liberatore degli alleati occidentali, e alle coalizioni politiche degli arnesi politici che il fascismo aveva - in nulla di loro peggiore - surrogati.

A questa prova tutto ciò che da Mosca veniva, e da Stalin, risultò impestato.

Questa lue di terzo grado legò di nuovo insieme, uccidendo cinquant'anni di lotta, la triade fraudolenta di oggi, dei filistei occidentali di oggi: operai, contadini, studenti. In cui con degnazione i filistei inserirono gli operai: per fotterli.

Della sua potente infezione sarà difficile liberare il proletariato internazionale. Ma intanto è bene che essa uccida il focolaio degli untori russi.

 

* * *

 

Del loro buon gioco gioiscono gli incanatori al marxismo, ma è una gioia demente, e non li salva da una visione deforme dell'oggi e del domani.

Quanto avviene nei moti delle democrazie popolari e nelle repressioni delle armate sovietiche essi lo spiegano con la loro vecchia chiave fasulla della storia: il «ruolo» delle persone.

Sulla linea «molle» del XX congresso, di Krusciov e di Bulganin, che avrebbe allentato le briglie sui paesi soggetti, avrebbe di nuovo oggi prevalso lo «stalinismo». Il cadavere di Stalin ritornerebbe dal letamaio all'altare della Piazza Rossa., i posti di comando passerebbero ancora agli stalinisti, e il nome più adatto a questa presentazione del corso sarebbe quello di Molotov «l'uomo del niet», il cattivaccio, il criminale di turno, quello della guerra fredda tra gli alleati vincitori. E con lui verrebbe Malenkov; ma non fu quello che fece esecutare Beria, il fedele di Stalin e della sua «dura» maniera?!

Nomi e persone non contano nulla e possono bene scambiarsi le parti.

Il corso è un altro, e continua nella stessa direzione.

Stalin esprime lo svolto che rovescia dal 1926 la linea di Marx e di Lenin. Dal lavoro per la rivoluzione mondiale al lavoro per lo Stato capitalista imperiale russo. Il fronte classista internazionale infranto.

Il XX congresso esprime la definitiva frammentazione dell'unità classista nelle impotenti vie nazionali al socialismo, la palese sconfessione della teoria della dittatura, e la politica della convivenza col capitalismo mondiale, della pace di classe nei vari paesi.

Il passo ulteriore è nello stesso senso; in quello di una maggiore mimetizzazione tra Russia e stati occidentali. Questo fatto ha lo stesso peso nei due casi: satelliti della Russia, compare jugoslavo, e Russia stessa (pure in una fase di arruffamenti e ringhii) fanno altri passi verso la democrazia (che ovunque esiste è buffona), ovvero  gli Stati imperialisti di Ovest fanno loro dei passi verso la maniera fascista di governo, che in sostanza vigeva sotto Stalin ad Est e che il marxismo previde e preferisce.

Questa potrebbe iniziarsi con la messa fuori legge dei partiti moscofili: in questa fase limacciosa sarebbe per questi un poco di ossigeno nel senso vile che avrebbero un respiro nel conservare la figura frodata di difensori proletari.

Lo sbocco è che Mosca si dichiari: il nostro sistema non è che il vostro stesso. Il che non chiuderà schieramenti vari.

Può anche darsi che a questa marcia alla «confessione» serva Malenkov e serva Molotov. Questi due possono giocare su precedenti proprio antistalinisti. Malenkov fu silurato per aver sostenuto la politica economica della produzione leggera, il freno all'ultramilitarismo di Stalin, e oggi la faccia dipinta del pacifista può essere la salvezza dello Stato di Mosca. Molotov fu un marxista e un leninista; egli fu colpito - dallo stesso Krusciov - per aver spiegato che la costruzione del socialismo  di Stalin è una scempia balla; in buona lingua marxista si dice, come Lenin che si costruiscono le fondamenta del socialismo: ossia il capitalismo industriale tal quale a quello di America e simili: Può servire a rinverginare la confessione di domani: la confessione della più sporca abiura.

 

il programma comunista, n. 24, 1 -14 dicembre 1956