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archivio > Archivio sulla sinistra>Società borghese grande "casa chiusa" (battaglia comunista, n.44, 23 - 30 novembre 1949)

aggiornato al: 18/09/2010

battaglia comunista, n. 44, 23 - 30 novembre 1949

L'articolo che riproduciamo oggi è della metà del secolo scorso (anzi un poco prima della metà) e parla senza tanto scandalo di prostituzione e della riduzione a merce e oggetto dell'intangibile e santo "essere umano".

Nel 1949 era iniziata la discussione di quella che diventerà, una decina di anni dopo e quindi in modo abbastanza "sofferto" la famosa "legge Merlin". In quella occasione questo articolo fu scritto.

Cosa si sarebbe scritto di fronte alle vicende di oggi, quando un parlamentare del partito di chi dirige e guida con mano più o meno sicura il nostro paese, certo Giorgio Straquadanio,  afferma che "è lecito prostituirsi per la carriera politica":  possiamo solo immaginarlo.

Nonostante la rimostranza di qualcuno dei  nostri deputati e senatori, bigotto e moralista, si sa che molti e molte non avevano certo aspettato le esternazioni di questo oscuro deputato per mettere in pratica questo modo per fare carriera.

Da simbolo della patria e della democrazia, dal Parlamento dei Crispi e poi dei Giolitti,  dal bivacco dei manipoli di fascisti,  a quello dei De Gasperi e Togliatti, si è passati al Parlamento come lupanare e "casa chiusa" appunto.

Se, andando a spulciare si trova nei banchi del Parlamento anche qualcuno che pratica il mestiere più antico del mondo, ora il meretricio viene indicato come mezzo per arrivarci e mezzo lecito per di più.

Se questa società è una grande "Casa chiusa" il Parlamento ne è la propaggine rappresentativa.

 

 

 

 

SOCIETA' BORGHESE

grande «casa chiusa»

 

Il progetto Merlin ha offerto agli onorevoli deputati e senatori della felice repubblica italiana l'ambito pretesto per svuotare la piena della loro coscienza morale e irrorare le pagine della «Gazzetta Ufficiale» del nobile sdegno di uomini ansiosi di proteggere la sacra e inviolabile personalità umana. Oh mirabile spettacolo! Oh generosa esibizione dell'ipocrisia  della nostra classe dominante!

Destra o sinistra, la nostra classe dominante è concorde nel proclamare intangibile quella enorme casa chiusa che è il regime di produzione in cui viviamo: al massimo, come il sen. Pieraccini per una fra le tante filiali del grande postribolo borghese, invocano provvedimenti sanitari suscettibili di verniciarne la facciata. Nessuno si è mai sognato, dai banchi di Montecitorio o di Palazzo Madama, di proclamare che, se scandalo ci deve essere, lo scandalo è uno solo: quello del sistema di produzione e distribuzione capitalistico, del regime mercantile che ha fatto merce di ogni cosa e anzitutto della forza-lavoro e, poiché questa non è una realtà astratta, del corpo umano in tutte le sue parti, dal cervello al braccio, dalle gambe allo stomaco, dai polmoni fino agli organi di cui gli olimpici abitatori dei due rami del Parlamento si sono benignati e si benigneranno di occuparsi in lunghe sedute vibranti di sentimenti morali.

Nessuno ha mai messo in questione quella casa chiusa che è la fabbrica dove uomini e donne vendono ogni minuto del giorno al padrone il corpo e l'anima che i soloni della costituzione italiana hanno tanto a cuore. Nessuno ha mai contestato la santità di quella tratta dei bianchi e delle bianche, dei negri e delle negre, dei gialli e delle gialle, che è l'arruolamento dei salariati e la costituzione degli eserciti industriali di riserva (e degli eserciti  di lavoratori in divisa). Nessuno ha mai denunciato quella grande società anonima a innumerevoli filiali che fa dei proletari di tutti i paesi i grandi venduti al capitale, questa macchina dai mille ingranaggi che maciulla, disossa, e scarnifica i salariati, questa casa chiusa dalle cui mura il povero tapino non esce neppure quando, fra l'attesa palpitante del prete e dell'impresario di pompe funebri, tira faticosamente le stanchissime cuoia.

La casa chiusa è il regime della produzione mercantile; il resto non è che il corollario. Il rapporto tra forza-lavoro e capitale è esattamente lo stesso di quello che corre fra inquilina e tenutario di una casa di tolleranza: chi crede di liberarsene o di essere graziosamente liberato, non fa che uscire dalla porta di una casa chiusa ed entrare nella finestra di un'altra. Lo sa il proletario che «si libera» (o che la direzione libera con la solita «congrua» liquidazione) dalla prigione della fabbrica, e si ritrova, lui il neo-lavoratore indipendente, chiuso entro la morsa di una nuova e spesso ancor più feroce agenzia di sfruttamento: lo sa il contadino «liberato» dalla casa chiusa del bracciantato o dei canoni di affitto e, «padrone» di un pezzo di terra, si ritrova nelle grinfie dell'usuraio, del commerciante e del fisco. Lo sapranno  le disgraziate inquiline delle case chiuse che, «liberate» dall'organizzazione legale, si ritroveranno nella nuova casa chiusa della «professione indipendente». Lo sa insomma chiunque vive e muore sotto il tallone del regime mercantile e monetario.

Ipocrisia, infame ipocrisia. Vi mettete a posto la coscienza sopprimendo una casa chiusa e ne aprite un'altra: ne abolite legalmente una per legalizzare quella che le sta accanto: pretendete di liberare quando non operate che un trapasso di donne e di uomini dalla prigione x alla prigione y. La casa chiusa è la società di cui voi, onorevoli deputati e senatori, avete in mano, in condominio con altri e non meno onorevoli custodi, le complicatissime chiavi. E potrete pur sciogliervi nella rugiada di tirate moralistiche, potrete battervi il petto ed esalare in singhiozzi la vostra rivolta di spiriti liberi e di cuori straziati: nulla e nessuno vi impedirà di aprire con la destra, per questo o quel salariato, per questa o quella merce, per questa o quella carne d'uomo e di donna, la porta che avrete chiuso con la sinistra. E finché queste chiavi saranno in mano vostra e di chi vi manda a legiferare in Parlamento, nulla e nessuno potrà impedire a noi, proletari ed inquilini della gigantesca casa chiusa della società borghese e dell'economia mercantile che le sta a base, di considerarvi e denunciarvi come i tenutari di questa casa ahimè troppo a lungo tollerata, e delle sue molteplici filiali, gli splendidi gioielli della sua corona.

 

Battaglia comunista, n. 44, 23 - 30 novembre 1949