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aggiornato al: 16/05/2011

il programma comunista, n. 17, 16 - 30 settembre 1954

Il titolo di questo articolo della metà del secolo scorso è abbastanza significativo. E' una ampia carrellata che dalla prima guerra mondiale giunge agli anni cinquanta  e su cui non sono necessari commenti.

Stranamente l'articolo non è mai stato riproposto e siamo noi i primi a metterlo in rete.

Buona lettura!

 

 

Lue tipo quattordici

 

In Italia e in Francia la classe lavoratrice nella sua grande massa segue la politica dei partiti oggi detti del Cominform, che ancora le parlano a nome della lotta di Lenin contro i tradimenti dei socialpatrioti 1914, della rivoluzione di Ottobre, della terza Internazionale.

Negli altri paesi come Inghilterra, Germania, America, Giappone, il proletariato si schiera dietro partiti socialistoidi che continuano la tradizione della Seconda Internazionale, apertamente socialdemocratici e socialpatriottici.

In sostanza e dal punti di vista della storia di classe e delle prospettive rivoluzionarie le due situazioni si equivalgono e allo stesso titolo il capitalismo di quei paesi se ne avvantaggia e consolida.

L'analogia non potrebbe essere più evidente che nell'attuale campagna condotta dai cominformisti dopo il ritiro del governo francese dalla famosa Comunità Europea di Difesa, fatto presentato come un grande successo del proletariato mondiale, come un grande svolto nelle condizioni che possono condurre a guerre imperialiste.

Sono due posizioni egualmente illusorie ed agitate a fini demagogici. Nulla in sostanza è mutato nei rapporti delle forze di classe e di Stati col voto del parlamento francese e non è stata data la più piccola scossa al dominio del  capitale negli Stati dichiaratamente già schierati in uno dei blocchi, o in quelli che si coprono delle fumate di una politica di neutralismo, vecchia e vana risorsa ove l'ora della terza guerra, lontana ancora, fosse suonata.

Un passo ulteriore lo ha fatto soltanto il disfattismo di ogni forza autonoma della classe operaia nei paesi del mondo, la speranza che possa in termine non molto lontano e magari non così lontano come la «world war 3» aversi un ritorno sulle posizioni rivoluzionarie, della natura e della portata di quello che si ebbe dopo che la seconda Internazionale finì nella vergogna. Un passo ulteriore lo ha fatto solo il sabotaggio di ogni preparazione politica di classe e di ogni difesa e salvaguardia della storica dottrina rivoluzionaria del proletariato, alle cui consegne si sostituiscono sempre più quelle di omaggio alle ideologie borghesi più fruste e retrive.

 Volte le terga all'ottobre 1917 e al gennaio 1921 (al diavolo la Francia che non ha mai riscattato la vergogna dello sciovinismo operaio - un Thorez non sale un millimetro sopra un Cachin neanche col tour del force di affittarsi all'invasione hitleriana 1939), la vanteria di seguire ed affermare un metodo nuovo ed originale della lotta comunista, scoperto nei trenta e più anni decorsi, si dilegua ormai in una discesa al di sotto dei rinnegati di quarant'anni fa. I pretesi alunni ufficiali di Lenin si sono calati in fondo, e per termine di confronto non servirà un tipo unionsacrista come Cachin, poi tesserato nella Internazionale comunista, ma forse (e con le debite scuse) un Plekhanoff fautore della difesa della Patria e dello zar, per la Russia, e per l'Italia un Bissolati già gettato fuori dai socialisti nel 1912, un Mussolini analogamente liquidato nel 1914.

 

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Due posizioni nel 1914 si scontrano terribilmente. Quella dei traditori fece leva sul popolo e sulla razza germanici, per definizione o maledizione aggressori e militaristi, sul pericolo tedesco, sulla causa della guerra affermata nella sola esistenza di una simile nazione, governo, stato maggiore, dinastia, macchia nera inserita in un mondo democratico e pacifista color di rosa.

L'altra posizione si chiama Marx, si chiama Lenin, si chiama col nome ignoto di tutti i  militanti proletari che si rivoltarono alla ignobile intossicazione, e fece risalire la guerra alla esistenza, da tutti i lati delle frontiere, della capitalistica società di classe, del mercantilismo imperialista, della pressione esercitata inesorabilmente sulle macchine-Stati dal convellersi delle forze produttive giunte ad un massimo di tensione. La guerra nacque allo stesso titolo in Germania, come in Francia, in Inghilterra, in America. Nacque con la stessa genesi in Italia, Stato impegnato da patto coi tedeschi e sceso in guerra contro di loro. Nacque per la stessa via in Russia, e non perché (come dal suo lato bestemmiò la socialdemocrazia germanica) di lì muovesse la reazione feudale a distruggere la moderna società economica tedesca, ma perché solo per la via della guerra poteva e doveva la Russia muovere verso il capitalismo e l'ordine borghese. E in nessuno di questi paesi, unilateralmente o  bilateralmente, si generò la guerra per la volontà e la decisione di questo o quell'uomo di governo o gruppo di generali: questa genia di mangiatori ad ufo hanno il primato mondiale del frenetico desiderio di pace; e di nessuna lingua e di nessun colore se ne trovano dediti secondo la balorda espressione che ha appestato il mondo e il secolo, a scatenare la guerra, che si scatena da sé, e quella genia per prima sorprende rincretinisce e travolge.

Oggi, nella situazione della polemica sulla CED, che non è che una sigla da sovrapporre alla realtà della situazione del  capitalismo e delle sue egemonie economiche e politiche, si vedono adoperare nel seno della classe operaia, e senza che questa mostri di rifiutarle, le stesse parole e le stesse menzogne che furono, in quella memorabile lotta 1914-1919 ovunque usate contro i marxisti leninisti, contro la teoria del moderno imperialismo militarista, contro la demolizione delle menzogne sulla difesa della patria e sulla difesa della pace, contro soprattutto - e qui il dominante interesse delle borghesie di tutti i paesi (alleate o nemiche non importa nulla) - la terrificante direttiva: non già impedire la guerra, non già appoggiare da un lato qualunque guerra: ovunque sabotarla, mirare al fine supremo di trasformarla in guerra civile, in guerra di classe.

 

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Sentite i discorsi dall'alto del Cremlino o dai palchi delle Piedigrotte comuniste italiane: sono le alleanze militari che preparano le guerre - La guerra potrà essere evitata e la pace mondiale assicurata da una convivenza pacifica degli stati - la CED non era che il risorgere del «militarismo tedesco», lui, lui proprio che si rovesciò (Plekhanoff) sulla nostra patria russa, che attaccò (Mussolini) il nostro paese italiano. - La Francia del signor Mendes con la sua uscita dalla CED ha salvato la causa della pace europea - bisogna evitare che ora l'America riarmi la Germania, perché lì è il covo del virus militarista e consentendo al governo di Adenauer di avere un esercito, questo sarà affidato ai rinati generali hitleriani (perché poi gli stessi pericoli non si hanno per i tedeschi dell'est, se si ritorna a questa bestiale denunzia di razza, nessuno sa dirlo) - bisogna unire la Germania dell'est e dell'ovest sì, ma non bisogna lasciarla riarmare (la formula della pace  mondiale permanente è dunque questa: tutti gli Stati nazionali, e capitalisti del mondo, armati; la Germania, ritornata a Stato nazionale, e capitalista si intende, ma disarmata! E col ritiro di tutte le occupazioni militari! E con qual polizia (superarmata) che controlli lo Stato di disarmo, o maledetti imbonitori?).

Per l'eviramento della classe proletaria da ogni facoltà di orientamento rivoluzionario bisogna celarle la stessa storia, sfruttare solo le bestiali reazioni che travolgono la faccia piccolo borghese delle classi medie nella moderna società, con lo stesso imponente successo con cui cento grammi di olio di ricino scatenano la più fetida diarrea. Dagli al tedesco! dagli all'hitleriano! dagli al fascista!

Questa primissima colonna della salvezza borghese dispone dei mezzi più o meno carnevaleschi per lanciare miliardi di volte i suoi ignobili «motivi di successo»; per risponderle occorrerebbe poter ridiffondere nelle masse la storia autentica di un secolo di dibattiti e di scontri,  intorno alla guerra e alle guerre. Ognuna di quelle posizioni russo-italo-francesi falsa i fatti dieci volte e risuscita le posizioni contro cui l'Ottobre,  Mosca, Lenin lottarono fino a lasciarci se stessi.

Limitiamoci alla Francia, alla inenarrabile Francia di tutti i rinnegati del marxismo rivoluzionario. Allora schiaffeggiammo Poincaré-la-guerre, oggi, o lavoratori di ogni lingua, ci dovremmo sdilinguire per Mendes-la-paix? Entrambi si affittarono i deputati del proletariato, entrambi sculeggiavano in nome degli ideali antitetici ai nostri: democratici, massonici; facevano collimare la salvezza di «questa nostra civiltà» con quella dello Stato francese, della grande terza (o quarta che sia) repubblica uscita dal massacro al muro dei federati nel 1871. Oggi questo tipo di Stato, che dettò gli anatemi di Marx alla repubblica borghese, passa nelle file della causa proletaria! Lei, Marianna, lo Stato-cocotte, il Puttanone-in-capo della storia politica dell'ultimo mezzo secolo, il terreno di coltura di tutti i fronti interclassisti, di tutti i blocchi elettorali, di tutte le fornicazioni parlamentari della politica popolare, che mandava in brodo di giuggiole nel 1900 al tempo di Combes quanto nel 1954 a quello di Thorez. La manovra di Palazzo Borbone sarebbe un atto di indipendenza di quella borghesia che non esitò ad offrire Parigi nel 1871 e ancora nel 1939 - eseguendo prediche dagli stessi pulpiti di oggi - al vincitore germanico, per poi rioffrirla al vincitore americano, sempre guidata - lei - da una sicura coscienza di quello che vuole: che non passi mai il terribile proletariato del 1848, del 1871...

 

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Si sarebbe in questi giorni tenuto un congresso di storici sulle origini del conflitto del 1914. In quei mesi si lottava terribilmente contro la versione disfattista della guerra-delitto, della aggressione austro-tedesca, per la denunzia del tremendo militarismo inglese, scorridore di mari, di quello francese, peste d'Europa. Mentre i pretesi discendenti degli antiguerrafondai di allora (chiacchiere! anche come persone gli anziani non sono che degli interventisti, dei mussolinisti 1915-17, se ci degnassimo di far contare i curricula individuali) naufragano nell'infranciosamento, forse i borghesi arrivano a capire quanto allora ai marxisti era chiaro. Politica di blocchi? La Triplice si spezzò colla defezione italiana. La Duplice, che oggi risorge vale solo a provare quanto Marianna è zoccola, veda da quel lato il cosacco o il paracomunista, mentre aveva fallito giri di valzer con Roma, con Londra. Londra, appunto, isolazionista come la supercapitalista America nella fase di approccio al secondo conflitto, fu convinta quale principale profittatrice di guerra: se si fosse saputo che era senz'altro pronta a sfoderare la spada a fianco dei francesi, la guerra sarebbe stata forse rinviata: assicurò Berlino che sarebbe rimasta ferma, avendo interesse che gli altri si rompessero le corna. Questo ed altro diranno gli esperti storici di 40 anni dopo.

Ma per i marxisti vi è ben altro che la cattiva o  la buona volontà di manovre diplomatico-militari. Il profilarsi di patti militari non è un'opera d'arte di capi, oggi veramente di microscopiche stature, ma è un anticipato effetto del procedere dell'imperialismo. Va sabotata l'economia capitalista e non questo o quel patto di carta o di acciaio.

E del resto vengono, quei signori di cui sopra, a dire che occorre un nuovo patto, ma sempre un patto, europeo, che unisca tutti gli Stati tra l'Atlantico e gli Urali, patto di pace, patto di convivenza.

Non è del tutto impossibile che un'alleanza di Stati militari europei (con o senza il tedesco?) si formi contro l'oppressione americana; la guerra non è vicina e lo schieramento non è affatto definito. Una simile guerra e la disfatta statunitense dovrebbero segnare la fine del capitalismo e la rivoluzione mondiale.

Ma non gabellate questo come coesistenza di capitalismo e socialismo! Farlo vale solo predisporre le condizioni perché il proletariato non alzi la testa nemmeno in quel non vicino svolto.

Se la storia avesse già dato un esempio dell'ipotesi di un Stato di dittatura proletaria presente tra gli Stati capitalisti del mondo, allora sarebbe ancora peggiore delitto fare campagne mondiali per la pace, la convivenza, e la difesa di situazioni consolidate, come confini, come istituti.

A dieci giorni o a dieci anni dalla guerra, allora la parola da dare con instancabile azione agli sfruttati di tutto il mondo sarebbe: guerra mondiale delle classi! Attacco agli Stati del capitalismo! Ferro e fuoco sullo Stato capitalista di Francia, di Germania, d'Italia, d'Inghilterra, di America!

Questa situazione non c'è. Come non corre differenza tra l'incanata al militarismo tedesco degli opportunisti del 1914, e di quelli del 1941, così - la prova storica è di tutto rigore - non ve ne è tra la politica militare del capitalismo fatta da Mosca, o fatta da Washington.

Ciò che non toglie che il traguardo favorevole alla rivoluzione sia in un senso solo: guerra generale - disastro dei vecchi mostri che troppe volte hanno vinto: Inghilterra ed America. - Traguardo lontano! Per ora: i festival vi bastino, o lavoratori.

 

il programma comunista, n. 17, 16 - 30 settembre 1954