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archivio > Archivio sulla sinistra>Destra e sinistra borghese (Battaglia comunista, n. 43, 16 - 23 novembre 1949)

aggiornato al: 24/05/2011

Battaglia comunista, n. 43, 16 - 23 novembre 1949

Questo articolo è del 1949, cioè di più di sessanta anni fa. Anche allora parlare di destra e sinistra era un eufemismo ed oggi non ha proprio più senso qualificare alcuni partiti di "destra" ed altri di "sinistra"; caso mai le differenze potrebbero porsi ad altro livello e su altre cose (onesti e disonesti, moralisti e supporters di prostituzione e meretricio, ecc.) che però attraversano i vari schieramenti, schieramenti che sono intercambiabili visto la compravendita che vi si svolge in tutta tranquillità.

Il nostro parlamento è proprio ridotto ad essere un lupanare diretto e guidato da un povero vecchio ormai ridicolizzato da tutti e circondato da servi fedeli di cui basterebbe citare il nome per rendere il tutto più chiaro.

A quando la poderosa spallata di un proletariato ancora attonito e succube di questa gentaglia che mandi questo mondo e i suoi rappresentanti tra l'immondizia che li qualifica?.

 

 

 

Destra e sinistra borghese

 

Fra le molteplici contraffazioni del marxismo quella che ha assunto un ordine gigantesco è sempre stata e continua ad essere oggi quella di derivare  dalla constatazione del contrasto esistente fra stratificazioni della borghesia nel seno di un paese o fra gli stati capitalisti nel campo internazionale, la conclusione della necessità per il proletariato o di inserirsi nella stratificazione, nello Stato  o nel complesso di Stati ritenuti «progressivi», o almeno di appoggiarli come trampolino per il salto verso la trasformazione socialista della società borghese.

Si cominciò con una dimostrazione «scientifica» e «marxista» dei caratteri distintivi della destra e della sinistra; la prima esprimente gli interessi dei grandi proprietari fondiari e in genere dei rapporti esistenti nell'economia agraria, la seconda rappresentante gli interessi  della grande borghesia industriale. Al [parola incomprensibile] del campo economico corrispondeva quello nel campo politico e da questa analisi «marxista» si deduceva che l'urto sarebbe stato di importanza «storica» fornendo così la occasione all'affermazione della lotta specifica della classe proletaria.

Sì, l'urto non poteva essere che di importanza storica. Solamente, poiché il conflitto destra-sinistra non comportava l'entrata in lizza di due classi antagoniche, ma allineava due formazioni della stessa classe capitalista, l'obiettivo non poteva essere che quello fornito dalla realtà dell'evoluzione economico-sociale della società borghese: trattenere nell'orbita della conservazione di questa società la classe che, opponendosi alla borghesia nel suo insieme, si oppone perciò stesso a qualunque delle sue stratificazioni. Ora a parte il fatto che l'analisi marxista non verte sull'addizione  dei diversi elementi costituenti l'edificio della società capitalista, ma identifica nel motore di quest'edificio (il plusvalore, il profitto) il motivo dell'evoluzione sociale e ne segue la ripartizione fra i diversi ceti della classe borghese, l'obiettivo fondamentale della rivoluzione borghese fu  la modificazione dei rapporti sociali non tanto nell'industria (dove gli ordinamenti feudali non potevano avere gran peso) quanto nel campo dell'economia agraria dove il capitalismo trionfante spazzò via gli istituti caratteristici e le ragioni di essere del feudalesimo.

Il problema fondamentale per la società capitalista è la costituzione del bottino realizzato dallo sfruttamento dei salariati, ed esso da luogo ad intricate questioni risultanti dallo sviluppo delle forze di produzione e dalla necessità di adeguarvi l'organizzazione sociale. Questi problemi sono risolti con l'abilità e la ferocia imposte dalla storia al modo di vita delle classi dominanti: quando suona l'ora di liquidare l'ordinamento democratico e sostituirvi quello fascista, o mettere quello al posto di questo, la classe non esita un attimo ad adoperare quelle trasformazioni sacrificando i servitori di ieri, si tratti di Matteotti o di Mussolini. Il colmo dell'abilità borghese e dell'aberrazione in cui i proletari sono gettati dal poderoso spiegamento delle forze che entrano in moto per imbottirne i crani è che gli sfruttati si trovino o ad attendere la loro salvezza dall'impossibile trionfo della formazione politica che la storia impone al capitalismo di sacrificare -come all'epoca di Matteotti - o si lascino accalappiare  dalla manovra borghese di Piazzale Loreto dove si immola l'organizzazione della società borghese in cui l'esistenza del partito - unico gestore dello stato può fornire agli sfruttati l'occasione di meglio identificare il proprio nemico e vi si sostituisce una organizzazione pluripartitica in cui la responsabilità dello sfruttamento si concentra in questo o quel partito, mentre lo Stato è da tutti proclamato non soltanto organo al di sopra delle classi ma strumento della difesa dei salariati.

La natura dell'evoluzione del conflitto destra-sinistra è dettata, abbiamo detto, dall'esigenza dell'adeguamento della classe alle necessità imposte dallo sviluppo delle forze di produzione; ed è d'altronde su questo fronte che possono acquistare un senso le due etichette di destra e sinistra. Nel seno della classe borghese esse non significano e non possono significare nulla, giacché non soltanto l'unico problema è di vedere quale sia la forza sociale che polarizza gli interessi dell'insieme della classe, ma è certo che, se si lascia a queste due parole il significato corrente per cui l'una è la forza del passato condannato e l'altra quella dell'avvenire inevitabile, è impossibile non riconoscere che il fascismo, per esempio, da tutti qualificato forza di destra era invece una forza sociale di sinistra.

L'erede diretto dello sviluppo delle forze di produzione è il proletariato, che potrà far scattare l'arma della sua rivoluzione solo quando esse entreranno in urto definitivo coi rapporti sociali contrassegnati dal dominio della classe borghese. E' in questo campo che le due parole destra e sinistra acquistano un significato corrispondente alla realtà di ieri e a quella di oggi.

E' destra borghese quella che si ostina a non comprendere la lezione degli avvenimenti e non capisce che si deve adattare il trittico della rivoluzione francese «libertà, fraternità, eguaglianza» al crescere dell'intervento dello stato sia a scapito delle individualità capitaliste, sia contro le possibilità di movimento degli sfruttati individualmente considerati. Anche qui, contrariamente all'uso delle due parole, è la sinistra che personalizza l'inevitabile avvento di una forma di organizzazione sociale comportante un accentuarsi della costrizione, del controllo, della soffocazione dell'individuo nella società borghese.

Nella fase ascendente del capitalismo i due termini avevano un valore limitato agli Stati in cui le due forze borghesi agivano. Di più, l'adattamento della struttura sociale all'ancora indipendente sviluppo del monopolismo non comportava l'automatico accalappiamento della classe degli sfruttati, ed il «riformismo» borghese (che strappava all'individualità capitalista la fissazione dei salari per passarla alle Centrali padronali ed operaie allora solamente «sorvegliate» dallo stato) poteva coesistere col «riformismo» nel seno del proletariato, mentre l'ala rivoluzionaria del movimento socialista trovava ancora la possibilità di mantenere la sua autonomia di classe e lottare nel seno stesso delle organizzazioni sindacali e politiche dirette dai Jaures, Bernstein, Turati, pallide prefigurazioni dei Togliatti, Nenni, Saragat o Pastore.

La fase attuale del capitalismo non comporta che una modificazione nel senso dell'estensione del processo precedente, nessuna modificazione di sostanza. Corrispondentemente al concentrarsi del capitale internazionale nei due centri di Mosca e Washington, si assiste all'internazionalizzarsi della destra e della sinistra che hanno varcato le precedenti frontiere nazionali: Le due parole si applicano ora alle forze politiche che emanano dai due centri.

Dov'è la destra?, dov'è la sinistra? A Mosca od a Washington?

I rivoluzionari marxisti si pongono questo quesito dopo aver preventivamente chiarito che l'una e l'altra, essendo forze sociali della stessa classe, si disputano su un solo fronte quale delle due forme di organizzazione sociale corrisponde al problema posto oggi dallo sviluppo delle forze di produzione (giacché, per nostra fortuna, il problema di domani è indiscutibilmente risolto, il detto sviluppo imponendo una trasformazione che non si limiterà alla struttura del privilegio, ma alla sua distruzione violenta)? Quale delle due ha per sé l'avvenire capitalista? Quella dell'avocazione da parte dello Stato della proprietà dei mezzi di produzione e della forza di lavoro, quella del controllo e della direzione delle due proprietà? La moscovita o l'americana? A chi? Sulle tracce di Mussolini entrambi rispondono «a noi». I rivoluzionari rispondono: «contro la vostra combutta».

 

battaglia comunista, n. 43, 16 - 23 novembre 1949