Cerca nel sito



 


archivio > Archivio sulla sinistra>Amadeo Bordiga, "Le depit amoreux" (Il Comunista, 20 marzo 1921)

aggiornato al: 30/07/2011

Il Comunista, 20 marzo 1921

Proponiamo oggi un bell'articolo del 1921 nel quale Amadeo Bordiga con ironia e la solita chiarezza parla di socialdemocrazia, elezioni, lotta di classe e comunismo.

"Depit Amoreux" potrebbero essere definiti i pretesi contrasti tra le varie forze politiche che animano oggi  la nostra scena politica: paiono fieri avversari e rappresentano la stessa...merda!

Dato che stiamo entrando in un altro caldo e assolato agosto probabilmente ci sarà in questo periodo un rallentamento degli inserimenti nel sito che comunque ospita parecchio materiale e qualche cosa, per i più volenterosi, può essere riletta con profitto.

 

"LE DEPIT AMOUREUX"

È il titolo di una delle innocenti commedie del buon Molière, che si potrebbe tradurre I dispettucci degli amanti e che vogliamo applicare alle minacce dei socialdemocratici di astenersi dalle eventuali prossime elezioni generali politiche. Potremmo anche ricorrere alla immagine del bimbo che, vedendosi offerta una troppo piccola porzione di un dolce di cui è molto ghiotto, la rifiuta in segno di protesta sperando di ottenerne una maggiore: se però si tien duro, all'ultimo momento è certo che accetterà di mangiare quanto è disponibile.

È veramente spassoso il fiero cipiglio con cui gli onorevoli del partito socialista, sentendosi più scottati di tutti gli altri dalla minaccia di scioglimento della Camera, gridano che se non si lasciano fare le elezioni con tutta la libertà possibile, il loro grande partito si asterrà dal parteciparvi. Ma nessuno prende sul serio un tale proposito, accompagnato dall'altro di abbandonare tutte le cariche elettive nei comuni e nelle province.

Non potrebbe concepirsi errore più grossolano di quello che commetterebbe chi raffrontasse in qualche modo questo improvviso atteggiamento di ventilato astensionismo dei socialisti con la tesi astensionista, che è stata sostenuta da una corrente comunista. Tutto il ragionamento che conduce i socialisti ad avanzare, con discutibile convinzione, la loro minaccia di boicottaggio delle elezioni, serve invece proprio a dimostrare che essi intendono l'attività elettorale con un criterio strettamente socialdemocratico e antirivoluzionario.

Perché infatti solleva in loro tanto scandalo l'idea di una campagna elettorale in cui sia impedita la normale e pacifica esplicazione delle operazioni? Perché per essi la "consultazione del corpo elettorale", l'"appello al paese", quando si svolgano colle modalità stabilite dalla legalità, appaiono come cose sacre, come condizioni nelle quali l'azione del loro partito possa svolgersi in modo ideale. Per essi è il proletariato che ha tutto da guadagnare quando il meccanismo democratico elettorale borghese funziona in piena regolarità.

L'astensione non è pensata da questi signori per spezzare il ritmo della legalità borghese, ma per invocarne la continuità di funzionamento. Essi pongono alla borghesia un dilemma: o elezioni fatte con rispetto delle guarentigie democratiche, o, se si vuole ricorrere dal Governo e dalla borghesia a mezzi violenti per coartare gli elettori, astensione per lasciare che "le masse trovino da sé in qualunque modo il loro sfogo per quelle altre vie che la necessità (eh! non certo il deputato Momigliano, cui è dovuta questa prosa!) dovrà loro additare".

Fermiamoci dunque sulla prima ipotesi. Dato che il governo borghese faccia le elezioni in forma perfettamente legale, e che quindi i socialdemocratici vi partecipino con tutta la loro fedeltà ai civili mezzi di azione di cui sono fautori, tutto va per il meglio, ed il partito socialista non domanda di più. D'altra parte esso ammette che le elezioni, come le praticano i suoi, sono uno sfogo pacifico del malcontento delle masse che altrimenti darebbe luogo a scatti rivoluzionari. La rivoluzione il partito socialista la contempla nel solo caso che gli rompano le uova nel suo paniere elettorale. È il vecchio concetto balordo, condiviso da molti estremisti, della rivoluzione... per dispetto. Ah, voi borghesi violate le vostre stesse leggi, ci contendete i civili benefizi del vostro costituzionale regime? Ebbene, in questo caso, in questo solo caso noi faremo la rivoluzione, l'insurrezione, il casaldiavolo, licenzieremo tutti i... pompieri e lasceremo divampare l'incendio... Con quale obiettivo?

Non già con quello di distruggere gli istituti democratici borghesi, ma all'opposto con quello di ricostituirli, una volta che la borghesia si sia attentata a sopprimerli. Pel socialdemocratico, ed anche per qualche estremista piccolo-borghese, non vale la pena di affrontare i mille incerti di un'azione rivoluzionaria per rovesciare le istituzioni borghesi; ma se per avventura la borghesia violasse le stesse sue norme istituzionali, allora non si discute più, e la rivoluzione immediata diventa una cosa da inscenare senza nessuno scrupolo. Volete mettere in pericolo la monarchia? grida minaccioso Turati. E ciò vuol dire che per l'ultrasocialdemocratico la congiura, la violenza e la insurrezione diventano mezzi possibili se usati a rivendicare un principio essenzialmente borghese, come quello della libertà di suffragio - sono criminali solo se adoperati a spezzare i limiti del regime democratico, che essi pensano convenire più al proletariato che alla borghesia!

Da tutto ciò, dunque, emerge la dimostrazione che l'impiego da parte di un partito come il partito socialista italiano, ossia da parte del tradizionale partito socialdemocratico dell'anteguerra, del mezzo elettorale e parlamentare ha per effetto sicuro lo scongiuramento dell'azione rivoluzionaria delle masse, la salvezza del regime democratico, e della stessa monarchia. Per questo partito, ove la borghesia dominante rispetti le norme costituzionali, essa avrà diritto ad una tregua indefinita, ossia alla rinunzia all'uso di quei mezzi violenti, che non si negano per principio, ma si ammettono legittimi solo quando manchino le pubbliche libertà; ossia colla stessa legittimità invocata dalla borghesia per le sue rivoluzioni passate.

Questa posizione tattica dimostra alla evidenza il pensiero socialdemocratico e antimarxista di questi partiti, in quanto essa si traduce nella convinzione che se la classe proletaria potrà liberamente usufruire del meccanismo rappresentativo democratico, arriverà alla sua emancipazione senza bisogno di impiegare di sua iniziativa mezzi violenti ed extra-legali.

E mentre i vari Momigliano più o meno massimalisti danno questa prova palmare della loro mentalità socialdemocratica, hanno il toupet di venirsene a dire che l'astensione sarebbe praticabile... anche perché la Terza Internazionale la ammette in certi casi; e ciò mentre alla organizzazione della Terza Internazionale hanno volto le terga, ed i suoi metodi dimostrano di non averli mai neppure conosciuti da lontano!

Il dibattito che nel seno della Terza Internazionale si è svolto in materia di azione elettorale, tendeva invece a porre appunto il quesito se esista la possibilità di avvalersi del metodo elettorale e parlamentare, con intenti e con ripercussioni perfettamente opposte a quelle che si verificano per la tradizionale azione dei socialdemocratici. Comunque il problema si risolva, la soluzione si giudica dal punto di vista perfettamente opposto a quello dei nostri innamorati imbronciati italiani: se le elezioni possono servire a suscitare nelle masse il bisogno di spezzare con la violenza rivoluzionaria gli istituti della democrazia borghese, è bene ricorrervi; se non vi fosse modo di evitare che esse servissero di spegnitoio, di sfogatoio, come valorizzazione dei criteri democratici e parlamentari, che secondo tutti i comunisti sono antirivoluzionari, allora avrebbero ragione i fautori della tesi astensionista.

Detto ciò per esternare agli astensionisti in pectore di un quarto d'ora tutto il sincero disprezzo degli astensionisti comunisti autentici e disciplinati al loro partito e alle decisioni internazionali, aggiungiamo che, accettato il criterio critico di cui ci siamo serviti per dare un'altra prova della inguaribile mentalità piccolo-borghese dei nostri ex-compagni, senza eccezione di tendenze, la spiegazione dell'attitudine dei socialdemocratici in queste contingenze va cercata ancora più in basso, ossia in un volgare ricatto reciproco tra loro e Giolitti.

Giolitti dice: scegliete tra l'immediata collaborazione col mio governo, magari continuando nella opposizione di comodo fattami finora, per arrivare pian piano alla vostra partecipazione al potere, o tra la mia alleanza coi fascisti e l'adozione della maniera forte, previo scioglimento della Camera. O siete tanti, e dovete collaborare, o non volete, e ritornerete in molti di meno.

I socialdemocratici non sono alieni dal trattare, ma vogliono mascherare e rallentare la conversione a destra, e soprattutto perseguono la illusione che in cambio della loro benevolenza il Governo disarmi sul serio le forze di destra che la borghesia tiene in riserva. Questionano sull'accordo e si ricattano reciprocamente. Ma Giolitti ha gioco sicuro: mai e poi mai i socialisti indignati avranno il coraggio di tenere troppo a lungo il broncio all'amata, alla sospirata medaglietta.

Questo sporco gioco politico viene a confermare quanto chi scrive sosteneva al congresso di Bologna, circa la chiusura di vari occhi dell'Argo borghese, nelle allora imminenti elezioni, sulla riuscita dei candidati socialisti.

Può darsi che noi astensionisti di Bologna avessimo torto sulla tesi dell'impossibile utilizzazione del parlamento a fini comunisti, ma resta indiscutibile che la pratica parlamentare del vecchio partito, anche quando si vantava ultramassimalista, è stata un formidabile coefficiente di conservazione ed è mirabilmente servita alla causa borghese.

 

Amadeo Bordiga

 

Il Comunista, 20 marzo 1921