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archivio > Archivio sulla sinistra>Totalitarismo del regime democratico (Battaglia comunista, n. 3, 8 - 22 febbraio 1950)

aggiornato al: 30/09/2011

Battaglia comunista n. 3, 8-22 febbraio 1950

Riportiamo oggi un bell'articolo del 1950 che evidenzia in modo chiaro e senza alcun dubbio il ruolo del PCI di allora, ruolo che oggi altre forze svolgono con più facilità e meno problemi.

 

Totalitarismo del regime democratico

 

Mussolini, nei limiti del partito unico, procedeva a frequenti mutamenti del personale governativo, al «cambio della guardia». La fine della seconda guerra mondiale ha restituito alla società capitalista italiana i caratteri democratici sospesi nel corso del ventennio: il cambio della guardia può di nuovo esulare dai limiti del partito unico e sono di nuovo molteplici raggruppamenti politici che possono pretendere a turno alla gestione dello stato borghese.

Non sono e non possono essere considerazioni d'ordine formale a guidarci nello stabilire come funzioni il partito di classe. Questo è unico tanto per il proletariato quanto per la borghesia, e resta unico anche quando - come nella società democratica - si fraziona in settori antagonici. La sola diversità per le due classi è che, mentre per la borghesia esso resta unico anche se si spezza in organizzazioni che si disputano il potere, per il proletariato il partito può pretendere di esprimere gli interessi della classe operaia alla sola condizione di realizzare nel suo seno un accentramento rigoroso che da una chiarificazione programmatica e politica derivi la conseguenza dell'espulsione di tutte le forze che si ricollegano anche indirettamente alla classe avversa.

Il punto di congiunzione dei differenti ed antagonici partiti borghesi si trova sul fronte di classe: tutti questi partiti, dal democristiano al «comunista», compresi i satelliti di questi due grandi, perseguono la realizzazione di un punto programmatico comune: il sistema salariale deve essere mantenuto, il principio fondamentale della società capitalista - il lavoratore vende la sua forza lavoro - deve trovare nell'organizzazione dello stato lo strumento della sua applicazione. L'unico punto di divergenza fra i due grandi è questo: chi deve comprare la forza di lavoro, il capitalista individuale, o il capitalista-stato?

Dal fatto che la disputa fra i partiti borghesi verte non sul principio dell'organizzazione sociale, ma sul principio della sua gestione, si può legittimamente concludere che il motivo reale della opposizione fra i partiti borghesi sia nella necessità di determinare le condizioni che renderanno sempre più complicato e difficile il processo di formazione del partito di classe del proletariato.

Per i marxisti il significato della clandestinità si trova non nei suoi aspetti formali, ma in quelli fondamentali. La meccanica dell'organizzazione della società capitalista comporta la ineluttabilità del carattere clandestino del partito di classe o dei gruppi che operano in vista di ricostruirlo, sia che questa clandestinità si esprima in misure di polizia del tipo di quello che si chiamò il fascismo (e che si chiama oggi stalinismo) o nella possibilità offerta allo sfruttato di discutere ed anche battersi per stabilire «come» debba essere sfruttato, sa dal capitalista individuale o dal capitalista-stato.

Sarebbe errore madornale credere che questa possibilità esorbiti dai limiti che le sono imposti e  intacchi il fronte di classe. Forze poderose presiedono alla difesa di questi limiti, e se è vano oggi dichiarar battaglia agli eserciti di poliziotti che al di qua e al di là della cortina di ferro difendono il principio dell'organizzazione sociale capitalista, è tuttavia indispensabile proclamare che la condizione per infrangere domani questi limiti è che sin da oggi sia riconosciuto che la lotta tra De Gasperi e Togliatti non è suscettibile di esorbitare dai limiti imposti dalla storia; che se anche dovesse passare dal quadro parlamentare a quello della violenza comporterebbe non una modificazione di sostanza ma di forma (il salariato passerebbe dalla funzione di elettore a quella di soldato della borghesia); che questa lotta è lotta interna della borghesia e che il proletariato potrà riaffermarsi solo ristabilendo la propria frontiera di classe, la quale comporta una simultaneità di opposizione sia  contro l'uno,  sia contro l'altro dei due contendenti. I marxisti non possono agire che nel quadro determinato dalle condizioni obiettive, ma uscirebbero dal tracciato fondamentale della  lotta della classe proletaria se fuorviati dagli elementi suggestivi delle situazioni supponendo che la contesa De Gasperi - Togliatti contenesse gli elementi per passare oltre e trasformarsi in contesa di classe fra borghesia e proletariato.

Nella fase dell'evoluzione capitalista caratterizzata dall'esistenza di stati nazionali che contenevano nel proprio seno le frontiere di classe, le lotte interne dei partiti borghesi potevano mantenersi nei limiti «ragionevoli» delle battaglie parlamentari, e l'obiettivo della classe dominante si limitava ad attirare in questa quadro i proletari. La situazione attuale vede  questa lotta uscire dalle frontiere nazionali, e il fronte di congiunzione dei partiti borghesi si trova sul terreno della meccanica del funzionamento della società capitalista nella sua espressione internazionale.

Lo stato capitalista italiano può tollerare che i proletari sgarrino e che di tanto in tanto rompano con la classe capitalista scioperando, occupando terre e fabbriche, ecc.; ma una cosa questo stato non può tollerare, che rompano la disciplina verso l'altra forza spiccatamente capitalista che ne monopolizza e dirige i movimenti: verso Togliatti e satelliti.

E' su questo terreno che risulta evidente il carattere totalitario del capitalismo democratico, altrettanto totalitario di quello staliniano. Un'impostazione classista rivelerebbe nei fatti il carattere clandestino dell'azione dei gruppi marxisti che operano nel seno della ricostruzione del partito di classe. Il giorno in cui, non più come in Calabria o a Modena, i proletari vedranno nelle Camere del lavoro non più degli organismi suscettibili di assicurare la loro difesa ma dei fortilizi della classe dominante allo stesso titolo delle prefetture e delle questure, quel giorno De Gasperi si fregherebbe le mani se Togliatti riuscisse a stendere al suolo gl'internazionalisti, che non fosse più possibile ridurre al silenzio con le solite accuse di traditori e di venduti.

Ce lo ha insegnato Marx: la evoluzione passata e presente del capitalismo determina le condizioni per il suo capovolgimento. Queste condizioni dipendono non dalla nostra volontà ma dallo scoppio delle contraddizioni entro le quali si svolge il processo antagonico dell'economia capitalista. Da noi non dipende che una cosa o, più chiaramente, due: svelare la realtà della lotta fra De Gasperi e Togliatti (lotta interna della borghesia su fronte del funzionamento della società capitalista nella sua espressione internazionale) ed orientare in conseguenza la lotta del proletariato nel senso dell'opposizione simultanea all'uno e all'altro con l'obiettivo della distruzione violenta dell'apparato della borghesia (dalla polizia, dal parlamento, dalla magistratura, dall'esercito fino alle Camere del Lavoro); insomma, mettere in guardia i proletari sul tranello teso dal post-fascismo col presentare come loro conquista quella che in realtà è una nuova maglia del dominio borghese. Sotto Mussolini, si poteva non applaudire al regime; oggi - attraverso Togliatti - De Gasperi ottiene l'appoggio dello sfruttato al regime borghese.

I proletari non chiedono e non possono chiedere ai marxisti rivoluzionari di assicurare la difesa dei loro interessi e dei loro movimenti: essi ci chiedono di illuminarli sulla via nella quale sono impegnati e su quella che porterà alla loro finale rivolta. La catastrofe rivoluzionaria di domani sarà determinata dalla persistenza delle condizioni antagoniche in cui si svolge l'economia capitalista. I comunisti internazionalisti ne accelerano lo svolgimento perché svelano la realtà della funzione svolta dai complici staliniani di De Gasperi e la necessità di dirigere l'assalto contro tutti e due i rappresentanti italiani del capitalismo mondiale.

 

Battaglia comunista, n. 3, 8 - 22 febbraio 1950