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archivio > Archivio sulla sinistra>Orientamenti e disorientamenti di partiti, (Battaglia comunista, n. 13, 20 - 27 aprile 1946)

aggiornato al: 10/11/2011

Battaglia comunista, n. 13, 20 - 27 aprile 1946

La godibilità di questo articolo è aumentata dal gettare un'occhiata alla sua data di redazione: aprile 1946. I problemi erano gli stessi e... la gente anche. C'è perfino la presenza di una "opposizione di sinistra" rappresentata questa volta dai trotskisti del POC (di breve vita).

Buona lettura!

 

Orientamenti e disorientamenti di partiti

 

La società borghese italiana sta attraversando una nuova fase di assestamento: cerca un asse intorno a cui roteare. E gli aspetti più rivoltanti di questi mesi di gragnuola elettorale - la pubblicità smaccata, la corsa all'elettore, la demagogia delle parole d'ordine in cui non crede neppure il partito che le lancia, la rinuncia di ogni corrente politica al proprio linguaggio per assumere quello dell'altro - non sono che la manifestazione esterna, la nota di colore, di questo ora lento ora rapidissimo processo.

Nel giro di poche settimane abbiamo visto polverizzarsi quello che era potuto sembrare per qualche tempo, poco dopo la «liberazione», il punto naturale di convergenza della borghesia italiana, il Partito d'Azione; abbiamo visto profilarsi il declino e la sgonfiatura del pallone qualunquista, il distacco dal Partito Liberale di un'ala cosiddetta sinistra - piccolo ponte gettato verso nuove formazioni politiche - la costituzione di nuovi blocchi con vario e pittoresco apporto non già di idee, ma di clientele, l'idea della repubblica farsi strada, senza scosse, dietro l'agnosticismo sornione del manifesto crociano e del partito di De Gasperi: tutto un franare di sabbie mobili ed un ricostituirsi di nuovi castelli pur essi di sabbia, in cui si rispecchia il faticoso ma normale e regolare riassestamento della società borghese nostrana non su nuove posizioni ideologiche (che non esistono), e neppure su uomini nuovi (che esistono ancor meno delle idee), ma su nuovi compromessi. E' il tradizionale trasformismo italiano, abilissimo nel sottile gioco degli spostamenti in sordina, tanto più efficaci - dal punto di vista della conservazione di classe - in quanto meno facilmente avvertiti dal pubblico: è il paradiso dei blocchi e degli sblocchi, nati non tanto da esigenze e preoccupazioni elettorali, quanto da una vecchia e astuta pratica di camaleontismo, che i momenti più torbidi di crisi politica e sociale riportano costantemente a galla.

Ricordate con quale insensibile gioco di ombre e di luci, di blocchi e listoni la borghesia giolittiana dell'altro dopo guerra diventò fascista? Ricordate con quale analogo gioco la stessa borghesia ridiventò democratica cercando riparo sotto le gonnelle compiacenti dei CLN? La tattica è sempre stata una, la tattica del blocco. Ed oggi che due blocchi si sono fatti, grosso modo, nel più tradizionale ambiente politico borghese, uno repubblicano nato da piccoli e grandi sfaceli di partiti, l'altro non si sa bene che cosa, ma aperto a tutte le soluzioni possibili attorno alle vecchie posizioni della democrazia prefascista, potete star sicuri che verso questi due blocchi andranno insensibilmente polarizzandosi tutte le sfumature della democrazia vecchio e nuovo stile e, se sarà necessario, nessuno sarà più monarchico; e proprio in una di queste serre calde si troverà, sotto veste (magari) di ex-collare dell'Annunziata, il presidente della neonata repubblica italiana.

 

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Più difficile e complessa appare la realizzazione di un blocco delle cosiddette sinistre, speranza insonne di Togliatti. Il Congresso socialista è finito col più monumentale pasticcio che la storia del socialismo ricordi, con la prova più miseranda dell'inconsistenza ideologica, della mancanza di idee, del manovrismo, in quella che pur pretendeva di divenire il perno della democrazia italiana. Blocchi e sblocchi anche qui; mozioni presentate, ritirate, rifuse; pretese di originalità fatte per nascondere il vecchio volto del massimalismo, parole marxiste dette per far dimenticare il rinnegamento totale del marxismo: pretese di autonomia incapaci di giustificarsi sul terreno ideologico; disperati sforzi di rivestir di carne propria uno scheletro privo di vita. Anche qui, dietro le formule polemiche del fusionismo e dell'antifusionismo, è prevalsa la pratica del blocco, la pratica dell' «unità» generica, vuota, indifferenziata senza contorni, l'unità che salva tutto e non salva nulla. La fusione non è avvenuta non già perché esistano fra i due partiti cugini differenziazioni ideologiche precise, non perché la formula togliattiana del partito laburista sia inaccettabile ai socialisti,  ma per la realistica ragione che dietro questi partiti-gigante, che si gonfiano come le rane della favola per assomigliare al bove , ci sono le forze internazionali concorrenti dell'Inghilterra e dell'URSS e tra queste forze c'è un urto non di ideologie, ma di concreti interessi di potenza. E poiché la fusione è impossibile, ma la differenziazione non c'è, continuerà a funzionare quell'altra specie di blocco che è il patto d'intesa, una sorta di UNO fra partiti alleati e discordi, ed anche questa concordia discorde avrà il suo ruolo di conservazione, sarà una delle tante esche gettate al proletariato perché non trovi il salutare cammino tracciato in solchi sanguinanti dalla storia delle lotte di classe.

Così, di trasformazione in trasformazione, di blocco in blocco, di polemica in polemica, il mondo politico borghese ricerca la sua nuova unità, la forma esteriore di cui rivestire un nuovo CLN.

 

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Il Congresso di Firenze, con la volatilizzazione del gruppo di «Iniziativa Socialista» (pretenzioso nome cui non corrispondeva né poteva corrispondere nessuna realtà concreta), avrà almeno insegnato qualcosa ai trotzkisti del P.O.C., scodinzolanti appunto intorno a questa pretesa ala rivoluzionaria del socialismo italiano? Ohibò, ogni nuova primavera i trotzkisti hanno di questi amori.

Leggevamo le «rivendicazioni operaie nel programma transitorio del P.O.C.» elencate in pittoresco disordine  dal n. 6 di «IV Internazionale», e davvero ci sembra di intravvedere i lineamenti del futuro blocco pronto a comparir sulla scena il giorno che le forze operaie rompessero il cordone ombelicale dei vecchi partiti di massa e alla società borghese facesse comodo un nuovo cane di guardia da tenerle in riga. E' un programma che accontenta tutti, gli attuali partiti democratici con parole d'ordine che vanno dalla proclamazione della repubblica all'abolizione del mercato clandestino, dall'istruzione obbligatoria e gratuita al controllo operaio sulla produzione; i progressisti acchiappanuvole con lo scioglimento del corpo di polizia nazionale e creazione di polizie municipali, col diritto dei popoli a disporre di se stessi e l'indipendenza delle colonie già appartenenti all'Italia (ve lo figurate, nell'era dei Tre Grandi?); i massimalisti inveterati con parole d'ordine né transitorie né rivoluzionarie come la costituzione di milizie operaie sotto la direzione (udite! udite!) dei sindacati (Di Vittorio comandante in capo delle milizie operaie, che bella trovata!). L'espropriazione senza indennità di talune industrie e del latifondo, la distribuzione della terra ai contadini, l'industrializzazione delle campagne e via dicendo.

Nel generale disorientamento dei partiti a base proletaria, questa piccola dose supplementare di confusionismo poteva mancare? Tutto fa brodo, ai fini della conservazione anche un pizzico di trotskismo nostrano.

 

Battaglia comunista, n. 13, 20 - 27 aprile 1946