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archivio > Archivio sulla sinistra>Perchè subiamo la violenza centrista? (Battaglia comunista, n. 1, 1 - 15 gennaio 1947)

aggiornato al: 26/01/2012

Battaglia comunista, n. 1, 1 - 15 gennaio 1947
Questo articolo è dell'inizio del 1947 quando la seconda guerra mondiale (e con essa la lotta partigiana) era conclusa da poco. Gli internazionalisti in quegli anni subirono numerosi attacchi da parte di quelli che venivano definiti "centristi", gli stalinisti cioè del PCI che durante la lotta partigiana avevano già trucidato dei comunisti internazionalisti come ad esempio Mario Acquaviva e Fausto Atti.
Agli stalinisti non piaceva che altri si rivolgessero alla classe operaia e al proletariato, smascherando, con un richiamo classista e rivoluzionario, le loro posizioni controrivoluzionarie. Lo stalinismo cercò in ogni modo di fare terra bruciata con la calunnia l'odio e la violenza attorno al Partito comunista internazionalista.
Questo è quanto, in termini pacati spiega questo articolo.
Buona lettura!
 
Perché subiamo la violenza centrista?
 
Quasi ovunque, nelle fabbriche i nostri compagni e simpatizzanti vanno soggetti ad attacchi violenti, argomentati o meno, da parte dei dirigenti centristi e dei bonzi sindacali il cui odio nei nostri confronti si spinge fino ad additarci presso elementi che nulla conoscono ancora del nostro partito come fascisti o come finanziati dagli industriali.
L'azione che i capi nazional-comunisti svolgono con costante tenacia allo scopo di screditare il nostro Partito attaccandolo con tutti i mezzi, tranne naturalmente quelli onesti, l'avversione profonda che per noi provano, la violenza delle loro pazzesche calunnie, non possono giustificarsi né con un presunto attentato da parte nostra ai loro interessi di bottega, né con l'astio personale tra individui o con altre ragioni di rilievo ancora minore, ma possono essere comprese solo se si sviscera il carattere e la funzione storica che il nazional-comunismo è chiamato ad assolvere in questo particolare momento.
Nell'attuale fase di esasperazione imperialistica del capitalismo, la forza di attrazione da questo sviluppata allo scopo di racchiudere nell'ambito del suo dominio e del suo controllo ogni manifestazione di vita economica, politica ed ideologica, la necessità storica della dipendenza dei piccoli organismi dalle gigantesche centrali finanziarie e industriali capitalistiche costringono gli apparati statali minori e, per essi, i partiti che si fanno interpreti delle loro necessità di vita a roteare nell'orbita dell'uno o dell'altro aggruppamento imperialista, alle dipendenze del quale soltanto esiste per loro possibilità di vita. Tutti gli organismi politici importanti che esistono in Italia o altrove, adempiono a tale compito e, indipendentemente dalla funzione che esercitavano quando ancora disponevano di determinate possibilità di azione autonoma, pur richiamandosi ai principi tradizionali si sforzano di rendere i propri postulati programmatici quanto più possibile elastici allo scopo di attrarre a sé strati sociali sempre più vasti, arruolare masse sempre più numerose, conquistare posizioni sempre più salde. Vediamo infatti la destra, con la sua ala socialista spingersi in mezzo alla classe lavoratrice con la non meglio identificata ideologia della democrazia operaia; e i nazional-comunisti allargare le proprie file ai non marxisti, diventare patriottici e democratici, assumere la difesa della piccola e financo della media borghesia. Tutti i partiti politici insomma, partendo dalla base a cui sono tradizionalmente legati, cercano di mobilitare il più possibile di strati sociali affini o no ad essa.
Ora qualsiasi forza sociale autonoma (e non potrebbe essere che un'organizzazione proletaria e rivoluzionaria) che cerchi di sfuggire allo smisurato potere dell'imperialismo e si ponga contro i servi italiani che lo rappresentano, interferisce, in quanto forza proletaria, nel campo di azione riservato al reclutamento di forza proletaria ad opera dei nazional-comunisti per conto dello Stato ex-sovietico, e compromette la possibilità di servirsi delle energie proletarie come massa d'urto contro il nucleo di forze opposte a quello orientale, nel caso avesse a scoppiare un nuovo conflitto.
Perciò, quando andiamo sostenendo nelle officine e fuori la necessità che il proletariato, sul piano internazionale, si opponga alle forze imperialistiche e alle gerarchie originate da esse col reagente della lotta di classe, e, su quello nazionale propugnamo la resistenza all'affamamento capitalistico squalificando le concezioni della solidarietà e ricostruzione nazionale, controrivoluzionarie dal punto di vista di classe ma utilissime a reclutare appartenenti a ceti antiproletari ed anticomunisti a favore del «Paese del Socialismo», noi incontriamo violentissima la reazione dei capi nazional-comunisti che vedono in noi — e con ragione — i sabotatori delle loro nobili fatiche intese a trascinare le masse nel terzo massacro mondiale.
In altri tempi, le avanguardie rivoluzionarie dovevano combattere o subire le reazioni degli organismi di polizia e delle organizzazioni patriottiche e via dicendo; oggi a questa reazione si aggiunge quella, talvolta micidiale, scatenata da coloro che portano il nostro stesso nome, adottano quasi i medesimi simboli, si richiamano alle medesime ideologie: Il paradosso sarebbe veramente incredibile se non si conoscesse la natura e la funzione del PCI, il quale, come organismo non di classe, ma inquadramento di forze allineantesi nello schieramento imperialista, deve combattere con estrema energia e soffocare con violenza ogni forza autonoma che possa riportare il proletariato, dal quale è sorta, su un piano estraneo a quello dell'imperialismo.
E' naturale dunque che per riportare le masse lavoratrici fuori dall'agone ove cozzano i grandi mostri statali che per ora si contendono le posizioni avanzate del futuro fronte di battaglia [qualche parola incomprensibile] bisognerà sostenere gli attacchi, le violenze, la calunnia di quei partiti che, per altre cause e altri fini, riprendono il ruolo di strangolatori del movimento proletario.
Ne consegue che per ora la lotta senza quartiere l'avremo in primo luogo dagli staliniani, dagli agenti dell'imperialismo che operano nella classe lavoratrice stessa; e bisogna affrontarla e sottrarre alla loro influenza le masse lavoratrici giacché solo a questa condizione il proletariato potrà riprendere il suo cammino sulla strada di classe.
 
Battaglia comunista, n. 1, 1 - 15 gennaio 1947