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archivio > Archivio sulla sinistra>La struttura organica del partito... (II parte) (Il Programma comunista, n. 1, 1 -15 gennaio 1966)

aggiornato al: 10/05/2012

Il Programma comunista, n.1, 1 - 15 gennaio 1966
La struttura organica del Partito è l'altra faccia della sua unità di dottrina e di programma (II)
 
Nella precedente puntata, è svolto il concetto che l'impiego del meccanismo democratico all'interno dei partiti della II e anche della III Internazionale corrispondeva alla loro natura non ancora omogenea né integralmente marxista, mentre il centralismo organico esprime sul piano organizzativo la piena unità raggiunta dal Partito - sul filo della tradizione storica della sinistra italiana - nella dottrina, nel programma e nella soluzione dei problemi tattici.
 
Con tutto ciò, noi saremmo dei «metafisici», perché nella tesi 15 degli «Appunti per le tesi sulla questione di organizzazione», abbiamo scritto che «deve considerarsi chiusa per sempre l'epoca in cui si poteva tollerare che nel campo organizzativo del partito sopravvivessero forme elettive».
Per sempre? Ohibò! Una simile affermazione non solo sarebbe «metafisica» ma rappresenterebbe una novità assoluta per il nostro partito, una nuova parola mai fino ad oggi detta o scritta. Come si può escludere per sempre l'uso della democrazia all'interno del partito?
Chi pone una simile domanda crede di non essere metafisico. Ma essa equivale a quest'altra: come si può affermare perentoriamente che la terra è rotonda? Non potrebbe essa in qualche remota eventualità futura rivelarsi quadrata? Chi pone una simile domanda si avvolge nella peggiore metafisica, quella dei preti che condannarono Galilei contestandogli di non aver dimostrato esaurientemente che la terra gira intorno al sole; sostituisce alla dialettica della necessità propria del marxismo la sofistica della «possibilità caratteristica» cara alla degenerata filosofia borghese contemporanea.
Dunque la paroletta «per sempre» noi non l'avremmo mai scritta fino al novembre del 1964? Ebbene, nel già citato articolo del 1953 si legge: «Solo con questo legame dialettico si supera il punto scioccamente perseguito con le applicazioni di democrazia interna consultativa, che abbiamo ripetute volte dimostrato prive di senso». Si supera. E dove si è mai sentito dire, o visto, che si supera qualcosa non per sempre, non definitivamente, ma per qualche ora, o per qualche minuto?!? Un organismo supera l'infanzia e passa all'adolescenza: può forse tornare  all'infanzia?
Ma l'articolo citato è del 1953. Occorre ritornare più indietro, al 1947, all'altro testo classico, Forza, violenza, dittatura nella lotta di classe apparso sulla rivista Prometeo nei numeri 2,4,5, 8-9. e 10 della I serie (ora numero 3 della collana «I testi della Sinistra Comunista»). Ricordiamo che in questo testo viene riaffermata (e non è il solo luogo) come in moltissimi altri, l'altra «nuovissima» tesi, secondo cui il partito comunista è organo umano, e come organo umano perpetua la sua funzione oltre la società divisa in classi, nella società senza classi e senza Stato, nella società comunista; «Non vogliamo affrontare qui la discussione sulla trasformazione del partito in un semplice organo futuro di indagine e di studio sociale, che coincida coi grandi organismi di ricerca scientifica della società nuova...».
Anche questa sarebbe una tesi  «metafisica», e «nuova»! Sarebbe «filosofia»... «idealistica»! Quanto alla «novità», essa è tanto «nuova» che già nelle Tesi di Roma, dunque dal 1922, la si trova affermata (tesi 24). Quanto alla «filosofia», «idealistica» addirittura, che volete farci? Siamo dei «filosofi», poveretti noi! Anche Marx, pover'uomo, «filosofava», pare, a tempo perso. E nel 1844, metafisico e idealista com'era, scriveva nei Manoscritti economico-filosofici che il comunismo afferma fin dal suo sorgere «la coscienza del genere», «l'essenza del genere», «l'esistenza del genere». E proclamava che «l'esistenza del genere» era «consaputa» nel comunismo, dunque nella sua testa. Proclamava sic et simpliciter di essere lui, Carlo Marx, la coscienza del genere umano. Pretendeva, orrore! di rinchiudere nella sua povera testa di «filosofo idealista» tutto l'avvenire dell'umanità, estraniandosi dalla reale lotta di classe! Non condannava egli infatti, nella stessa opera, da «filosofo idealista», il comunismo rozzo? Via via, togliamo dalla circolazione questi diabolici Manoscritti economico-filosofici! Bene ha fatto il prof. Galvano Della Volpe a ricordare che quest'opera non è considerata un testo «canonico» del marxismo e che è riservata ai soli «specialisti». Bene hanno fatto gli stalinisti, i post-stalinisti, e i maoisti, a toglierla dalla circolazione! Via via, mettiamo Marx in soffitta e teniamoci per consolazione la sua barba, dal momento che con essa si possono tuttora commuovere i proletari a far quattrini.!
Quanto a noi, che non siamo «canonici» come il prof. Della Volpe, buttiamo via la barba e ci teniamo i Manoscritti!.
Ma torniamo alle questioni di organizzazione. Dunque il citato studio «Forza, violenza, dittatura nella lotta di classe» chiudeva con una «Postilla» che dice:
«Le vedute della sinistra sulla organizzazione di partito, se sostituiscono allo stupido criterio maggioritario scimmiottato dalla democrazia borghese un ben più alto criterio dialettico che fa dipendere tutto dal solido legame di militanti e dirigenti con la impegnativa severa continuità di teoria di programma e di tattica, e se depongono ogni velleità di corteggiamento demagogico a troppo larghi e quindi più facilmente manovrabili strati dalla classe lavoratrice, in realtà sono le sole che meglio si conciliano con una profilassi contro la degenerazione burocratica dei quadri del partito e la sopraffazione della base da parte di essi, che si risolve sempre con un ritorno di disastrose influenze della classe nemica».
Anche qui si tratta di tornare alla scuola elementare e di imparare il significato delle parole. Le vedute della sinistra sull'organizzazione di partito sostituiscono allo stupido criterio maggioritario scimmiottato dalla democrazia borghese... Domandiamo ancora una volta: si è mai vista una sostituzione parziale? In ogni caso, il testo citato prosegue affermando che le vedute della sinistra sull'organizzazione di partito fanno dipendere tutto dal solido legame... ecc., ecc.
Domandiamo: s i è mai visto un tutto divenire una parte ?!?!?!
Ma si obietterà che tutto ciò non è sufficiente, perché la «parolina» per sempre non l'abbiamo mostrata, né potremmo mostrarla. Ebbene chi questo obietta si sbaglia di grosso.
Anzitutto, in ogni riunione di partito, da quindici anni , si ripete che l'utilizzazione del meccanismo democratico in seno al partito è per sempre superato, e si può trovare traccia di questa costante proclamazione scorrendo sul Programma i resoconti delle riunioni interfederali e locali.
In secondo luogo, la parolina «per sempre» fu scritta, e non ieri o l'altro ieri, ma nel 1952, dunque tredici anni or sono. E, se è vero che verba volant, è altrettanto vero che scripta manent. Gli scritti non si cancellano. E che scritti! E in quale occasione!
Nel 1952 il nostro Partito viveva in pieno la fase che abbiamo ricordata e in cui procedeva ad espellere dal suo seno residue scorie controrivoluzionarie. Nel 1952 queste pretendevano, fra l'altro, che nel partito si applicasse il meccanismo democratico. E, con una argomentazione tipica degli opportunisti di tutti i tempi, accusavano noi, di voler isterilire il partito, di volerci estraniare dalla reale lotta di classe. E si vantavano, manco a dirlo, di essere veramente «politici».
In questa situazione uscì l'ultimo numero di Battaglia Comunista, organo del Partito., il 12 - 28 settembre 1952. L'ultimo, perché gli opportunisti di allora riuscirono con manovre veramente ... «politiche» a impadronirsi della testata del giornale e della rivista «Prometeo». Infatti, chi legge il n. 16-1952 di Battaglia Comunista, trova in ultima pagina un «Avviso a i lettori» in cui si afferma che i responsabili del furto «legale» del giornale al Partito rivoluzionario non «potranno più venire sul terreno del partito rivoluzionario. Inutile quindi parlare dei loro nomi e dei loro moventi, oggi e dopo». Il numero successivo porta la testata Il Programma Comunista, ristampa l' «Avviso ai lettori» e reca in alto l'indicazione: «Anno I - N. 1».
Si tratta dunque di un evento capitale nella storia del partito, di un episodio cruciale che segna irrevocabilmente la sua tradizione. Orbene, il numero 12 -28 settembre 1952 di Battaglia Comunista riferisce di : «Un importante convegno di Partito a Milano il 6 e 7 Settembre». Nello stesso periodo, e sempre a Milano, gli opportunisti di cui sopra indicevano il loro «congresso sovrano», con voti, mozioni, presidenza dibattito e ballottaggi, alla presenza compiaciuta di rappresentanti della rivista ultraopportunista «Socialisme ou Barbarie», oggi smascheratisi per quello che è sempre stato, un organo della socialdemocrazia. L'importante convegno del nostro Partito si contrapponeva dunque radicalmente nella stessa città e nello stesso periodo, a tutti quegli opportunisti. Due metodi antitetici di intendere la natura del Partito rivoluzionario, la sua funzione e la sua organizzazione, si contrapposero allora, per sempre.
 Il convegno ebbe il carattere di una vera mobilitazione delle forze di tutto il partito, e vi furono trattati i temi poi presentati nella rivista Sul filo del tempo sotto il titolo: invarianza del marxismo rivoluzionario e impersonalità della classe. Tesi queste, che ci caratterizzano ormai da anni e anni nei confronti di tutti gli opportunisti. Trascriviamo dal resoconto:
Le due sedute del giorno sette, molto affollate di compagni di Milano e di ogni regione, ebbero un carattere di vero congresso sebbene indette con la formula delle «riunioni di studio» già provata come di largo e vantaggioso effetto.. Erano infatti presenti compagni delle organizzazioni di Torino, Asti, Casale, Genova, Parma, Forlì, Ravenna, Bologna, Firenze, Palmanova, Trieste, Milano, Luino, Napoli, Roma, ecc. e compagni francesi.
«La comune posizione democratoide e filistea propria dei «corteggiatori» e corruttori della «base» negherà carattere di congresso ad una sessione dove prende la parola il solo relatore per una esposizione esauriente e approfondita e l'adunanza manifesta il suo consenso partecipando al lavoro solo con una ininterrotta e seria attenzione e comprensione: talché la relazione nelle sue tesi si dimostra espressione effettiva del comune unanime pensiero. Manca, si suol dire più o meno ipocritamente, il dibattito contraddittorio. Si dimentica che in 48 ore di permanenza nella città di convegno i compagni tutti o a gruppi, oltre le sei ore di seduta col relatore, svolgono uno scambio fervidissimo di opinioni, di notizie, di propositi e precisi programmi di lavoro; non dedicano le ore disponibili ai pettegolezzi e ai commenti sulla valentia dei capi, sui toni della loro voce o il colore delle loro chiome, ma ai seri problemi che possono interessare veri militanti. E tra questi ve ne erano di giovanissimi e di anziani, che incrociavano i quesiti dell'oggi colle soluzioni che detta l'esperienza di una lotta di oltre mezzo secolo. Checché sia di democrazia formale e di voti sulle mozioni, storicamente gli effetti dei congressi sono stati determinati sempre fuori della sala della ufficiale recita a tipo parlamentare, cui è ora di volgere per sempre le spalle». (Da Battaglia Comunista - 12 - 28 settembre 1952 - n. 16).
I compagni tutti possono constatare che la descrizione del modo di funzionare, della dinamica, del partito rivoluzionario, è qui identica, persino nelle parole, a quella che si trova nei punti 7 e 8 delle «Tesi sul compito storico, l'azione e la struttura del partito comunista mondiale» apparse sul n. 14 - 1965 di Programma Comunista. Ricordiamo pure che il testo è stato trascritto integralmente, senza apportarvi la minima modificazione. Ed ora, rileggiamo l'ultimo periodo, permettendoci di sottolineare le parole, a tredici anni di distanza:
«Checché sia di democrazia formale e di voti sulle mozioni, storicamente gli effetti dei congressi sono stati determinati sempre fuori della sala della ufficiale recita a tipo parlamentare, cui è ora di volgere per sempre le spalle».
A coloro che sostengono che il tutto è pur sempre una parte, rimarrà la magra consolazione di osservare che negli «Appunti» del novembre 1964 la «parolina» per sempre viene sottolineata, e stampata in corsivo, il che non avveniva nel 1952. Ma questa parolina noi l'abbiamo incisa a caratteri indelebili nella nostra vita di Partito.
Giorno verrà ― ne siamo certi ― in cui, sotto l'inesorabile pressione della forza materiale, i sordi udranno e i ciechi vedranno!
 
Il Programma comunista,, n. 1, 1 - 15 gennaio 1966