Cerca nel sito



 


archivio > Lettere di Bordiga>7. Due articoli sulla guerra di Spagna (Prometeo, n. 137, ottobre 1936)

aggiornato al: 10/03/2009

Prometeo n. 137, 11 ottobre 1936

Continuiamo la ripubblicazione degli articoli di Prometeo sulla Spagna riproponendo quanto apparso nel n. 137, numero che è quasi interamente dedicato a quegli avvenimenti: ciò occuperà quattro puntate (da questa al 10 compreso) e riguarderà sia articoli di analisi che il resoconto della discussione nella Frazione.

 

7

 

 

Per il raddrizzamento della situazione in Spagna

 

 

Il proletariato italiano si pone questa questione: in Italia, nel 1921-22, la classe operaia di fronte all’attacco delle bande degli assassini fascisti, si è difesa con estremo vigore e,  se alla fine essa è stata sconfitta, questo è dipeso unicamente dal fatto che il nemico possedeva una superiorità schiacciante dal punto di vista armato. Ma a nessun proletario veniva in testa di richiedere ai governi liberali democratici e «antifascisti» dell’epoca le armi necessarie per la difesa. La situazione era chiara, tragicamente netta: i governi erano lì per disarmare le masse e permettere il successo delle ulteriori spedizioni punitive: Turati lanciava la parola d’ordine della resistenza evangelica, i riformisti in generale lottavano per «il governo migliore», i massimalisti trattenevano le masse nel pantano di un  equivoco che le immobilizzava, la polizia non vedeva di mal occhio le manovre dei Secondari e dei Mingrino che cercavano di prendere il controllo – attraverso gli Arditi del Popolo - della spinta delle masse verso la lotta armata e solo il Partito Comunista lanciava alle masse la parola dello scatenamento della lotta di classe, si rifiutava ad entrare in coalizioni politiche ed armate con altri partiti e gruppi e passava alla costituzione dei gruppi armati direttamente controllati e disciplinati al partito di classe. Frattanto dovunque, in ogni centro che era attaccato la risposta immediata degli operai era quella dell’immediato sciopero generale. Abbiamo perduto in Italia? Disgraziatamente sì ma questo perché la situazione era di già definitivamente compromessa dopo l’occupazione delle fabbriche nel corso della quale non i fascisti, ma i riformisti erano riusciti a salvare l’edificio capitalista ed i riformisti avevano potuto fare questo perché mancava il partito di classe capace di portare a termine l’azione rivoluzionaria delle masse. Non bastava che la direzione del partito socialista fosse nelle mani della sinistra e dell’estrema sinistra. In Italia la direzione di estrema sinistra del partito socialista era composta degli stessi elementi che, nel 1919, si erano opposti al programma che Bordiga aveva sostenuto per fondare il partito di classe e questa direzione non poteva essere che un nuovo elemento di confusione e di disarmo materiale e politico delle masse. Ma questo non toglie che in una situazione estremamente, definitivamente compromessa il proletariato italiano ha contrastato il passo al nemico durante due anni di sanguinose lotte.

In Ispagna il 19 luglio il proletariato aveva preso lo stesso cammino che aveva seguito la classe operaia in Italia. Il nemico, invece di attaccare località per località attaccava in pieno in tutto il territorio. Il governo «antifascista» del Fronte Popolare aveva lasciato organizzare meticolosamente quella che si è chiamata la «sommossa» dei generali e questo è nella logica degli avvenimenti: come in Italia ed in Germania la sinistra borghese preparava il letto alla destra. Quando scoppia l’attacco della destra, il proletariato spagnolo come risponde? Con lo sciopero generale ed è quest’arma di classe che arresta l’attacco nemico in molti centri importanti, in tutte le zone industriali. In Italia, di fronte  all’attacco fascista che si svolge località per località, scioperi locali che il partito comunista si sforza, attraverso L’Alleanza del Lavoro, di generalizzare in un’azione nazionale di difesa delle masse. In Ispagna di fronte all’attacco nazionale, risposta nazionale della classe operaia. La prima settimana degli avvenimenti attuali si pone nettamente su questa base di classe ed è questa la ragione che arresta l’avanzata della destra: questa e unicamente questa. Il Manifesto dei Comunisti, il programma dell’ Internazionale, la nostra piattaforma ricevono una luminosa conferma da parte della classe operaia spagnola. In questo momento, per portare a termine il primo successo proletario era indispensabile un partito di classe, lo strumento indispensabile a dare corpo pratico all’impulso spontaneo e di classe delle masse. Questo partito non c’era e l’inevitabile si è prodotto: le situazioni non possono restare nell’equivoco: la soluzione proletaria non si prospetta a causa della mancanza del partito, la risposta capitalista si proietta dolorosamente, crudelmente, ineluttabilmente.

Il governo del Fronte Popolare  che aveva lasciato prepararsi l’attacco della destra, che nella prima settimana era stato immobilizzato dalle masse rientra in campo. Ma in quale direzione? In quella di favorire lo sviluppo e la vittoria della destra. Esso entra in campo per spiazzare le masse dal loro terreno di classe e renderle così prigioniere del capitalismo. Non più scioperi generali, non più il solo attacco, l’unico concepibile. Quello che si dirige contro il meccanismo economico e politico del capitalismo da cui ha origine il fascismo, ma salvazione di quest’apparato per condurre con successo l’attacco militare contro il fascismo. Il proletariato spagnolo è attratto nel tranello, vi è accalappiato e progressivamente vi è strangolato. Di fronte ai fascisti che non hanno per loro che l’armata, il proletariato – questo si dice dappertutto nel mese di luglio - non può che essere vincitore: il governo del Fronte Popolare ha fabbriche di armi, milioni di pesetas nella Banca, la simpatia del governo di Blum, l’appoggio del governo inglese che è interessato ad evitare che il suo competitore italiano rafforzi le sue posizioni nel Mediterraneo, tutte le carte sono dalla parte dell’«antifascismo». In effetti dal momento che il proletariato era stato sloggiato dalle sue posizioni di classe, tutte le condizioni erano realizzate per la sua disfatta. Dal momento che al dilemma capitalismo-proletariato era stato opposto l’altro fascismo-antifascismo la battaglia era definitivamente compromessa.

Fra la prima settimana degli avvenimenti e le successive vi è un’opposizione fondamentale e questo spiega unicamente perché la destra la quale non aveva che delle posizioni estremamente inferiori ha poi potuto svilupparsi fino ad un capovolgimento totale delle situazioni.

Il solo fattore sociale che può sconfiggere il fascismo, la sola classe che può schiantarlo, il proletariato, questa forza non esiste più dal momento stesso in cui invece di restare sul suo terreno di classe degli scioperi era stata accalappiata dal nemico che l’aveva inchiodato nel suo terreno e, come in Italia e in Germania, attraverso il Fronte Popolare, era arrivato ad ucciderlo perché ne aveva distrutto la sua natura.

E gli avvenimenti seguono la loro logica di ferro. La destra vince a Badajoz, a Irun, a San Sebastiano, a Toledo, perché contro di essa vi è un’armata che lotta sullo stesso fronte storico e politico capitalista, sul fronte dell’antifascismo. Contro di essa non vi è più un’armata di classe che combatte contro la macchina statale capitalista. E ve ne sono voluti di diversivi per stornare il proletariato spagnolo dal primitivo fronte di classe sul quale egli si era battuto e aveva vinto in un primo momento. L’inganno si estende sempre più. Quale era l’essenziale per il capitalismo spagnolo? Che si abbandonasse il terreno di classe, che si cessassero gli scioperi i quali, minando la macchina capitalista di Catalonia, di Valenza, di Madrid, minavano nel contempo stesso la macchina nemica nei territori primitivamente  conquistati dalla destra. Ed allora, poiché l’essenziale era di strappare il proletariato dalle sue basi, tutte le concessioni saranno fatte, a Barcellona sovratutto, dove la tensione sociale era estrema. Socializzazione, governo di estrema sinistra, fuga dei capitalisti, spartizione delle terra, caduta del clero, ecc.

Ahi! Sì il capitalismo spagnolo avrebbe voluto finirla d’un colpo, esso lo aveva tentato ma non vi era  riuscito. Ed allora ha scelto l’altro cammino più complicato. Di fronte alle masse che esso non può vincere di un colpo, esso è costretto di subire provvisoriamente i colpi di fianco del proletariato a Barcellona soprattutto. Ma la vertebra è intatta, essa è infine salva. Le masse sono state attirate nel vortice di un’impostazione che conduce al sicuro massacro del proletariato spagnolo, e minaccia di estendersi al macello del proletariato di tutti i paesi nella guerra imperialista mondiale.

Vi sono state delle sconfitte nelle Asturie? Ebbene il capitalismo va oltre nella sua manovra di accalappiamento delle masse  per trattenerle nella sua orbita. Il governo Caballero è costituito. Vi è la nuova disfatta a Toledo? Ebbene si va ancora oltre, nella manovra di accalappiamento. Il governo è costituito a Barcellona con la collaborazione di anarchici e del Poum.

Dal primitivo fronte di classe il proletariato è stato strappato. Occorre ad ogni costo che esso non lo reintegri. Le disfatte avrebbero potuto operare un raddrizzamento delle situazioni. Per impedire questo la manovra si sviluppa in una direzione sempre più perfida. Era inevitabile che anarchici e Poum cadessero nel tranello giacché  essi non si basano sulla politica marxista della lotta di classe. Era inevitabile che essi scavassero la tomba delle loro ideologie. Ma il proletariato spagnolo non cade. Esso, dai tragici avvenimenti attuali riceverà gl’insegnamenti che lo condurranno infine alla costruzione del suo partito di classe, di quello strumento di cui egli aveva bisogno per portare il suo slancio spontaneo della prima settimana verso la vittoria definitiva contro il capitalismo, per la vittoria comunista in Ispagna e nel mondo intiero.

 

PROMETEO  anno VIII  n. 137   11 ottobre 1936

 

 

 

 

Punti oscuri

 

 

Esiste nel corso degli avvenimenti di Spagna tutta una serie di quelli che chiameremo «punti oscuri».

La ribellione dei generali scoppia con una preparazione talmente meticolosa che non può essere avvenuta senza che sentori siano giunti al governo al potere, quello del Fronte Popolare. Generali notoriamente ostili ad esso riempiono i quadri dell’esercito e possono liberamente dislocarsi per complottare. Il governo nulla sa. Scoppiato il movimento, il suo primo atto è quello di cercare il compromesso coi «faziosi». Ecco un primo punto oscuro. Sono i proletari che s’armano di loro iniziativa e spazzano di botto la rivolta degli ufficiali e dei preti loro alleati a Barcellona ed a Madrid. Il governo non può che «legalizzare» il fatto compiuto. Arma o meglio lascia armarsi i proletari e li invia su un fronte militare dove saranno impotenti davanti ad una forza numericamente inferiore ma tecnicamente troppo preponderante. Lascia sino dal primo momento al «nemico» il vantaggio dell’iniziativa pur disponendo delle linee interne che avrebbero dovuto essere decisive. Subisce passivamente il corso degli avvenimenti che gli vengono imposti. Mentre resta impotente davanti Saragozza, a Toledo dove non riesce neppur espugnar l’Alcazar, davanti Oviedo, lascia cadere successivamente Irun, San Sebastiano, liberar Toledo, preparar la marcia su Madrid. Ecco un secondo punto oscuro. La superiorità tecnica del nemico è troppo schiacciante, si obietterà. Oggi forse sì. Ma in un primo momento in cui «teoricamente» sarebbe stato padrone del mare – gran parte della flotta e tutti i piroscafi mercantili facilmente trasformabili in incrociatori ausiliari – il governo del Fronte Popolare ha lasciato impunemente sbarcare ripetuti rinforzi dal Marocco, covo dei ribelli, nella penisola. Tutta la sua iniziativa è stata una inutile spedizione contro le Baleari, conclusasi ai suoi danni e beffe. Mancano i fucili? Ma chi vorrà seriamente sostenere che in possesso di grandi città come Barcellona, Madrid o Valenza, dotate di industria metallurgica ed almeno in un primo tempo anche dei centri minori dove esistevano fabbriche di armi, sia impossibile approntare un materiale bellico per la lotta? L’Abissinia no che non poteva improvvisare una industria di guerra, ciò che non si può asserire per la Spagna certamente anche se deficiente per non aver partecipato al conflitto mondiale. Sorvolo l’argomento decisivo che di fronte al «nemico» meglio armato ma numericamente altrettanto inferiore ci sarebbero state nelle masse proletarie –se realmente si avessero volute mobilizzare- possibilità inesauribili di resistenza. Il governo fa del suo meglio adunque per essere battuto. Altro punto oscuro…

I bollettini del governo –vederne i titoli di scatola anche nella Batalla organo del Poum- cantano vittoria su tutti i fronti. Ma questi asseriti successi si concretizzano, nella realtà, con massacri di operai ed avanzata continua del «nemico». Perché il proletariato non venga allertato sulla sorte che lo attende e che già gli sovrasta. A Irun i proletari che sono restati per battersi sono stati privati delle armi e gettati inermi in preda alle iene del fascismo. Davanti l’Alcazar le truppe del governo battono in ritirata abbandonando alla loro sorte nuclei di proletari che non possono che finire col soccombere nella impari lotta.

La reazione militar-fascista fucila spietatamente a centinaia, a migliaia, i proletari in tutte le località che rioccupa o dove è imbattuta: a Badaioz, a Irun, a Toledo come a Saragozza, a Merida. A Corugna, al Ferrol… Vuole col terrore premunirsi da ogni conato di riscossa. Dove impera il Fronte Popolare sono generalmente solo i pesciolini piccoli che pagano le spese: qualche ufficiale subalterno, qualche gerarca locale… Solo tre generali sono stati finora passati per le armi. Altri, semplicemente arrestati, sono lasciati fuggire come il famigerato Anido, il boia del proletariato di Barcellona. I magnati, i pescicani della finanza e della industria, il grosso clero, i ministri reazionari sfuggono traverso le maglie allentate dei «tribunali del popolo».

Si potrebbe continuare a sazietà nella elencazione di questi «punti oscuri».

Ma come diventano chiari, cristallinamente chiari appena che si pensi che destra o sinistra, Franco o Azana, hanno un unico nemico comune, un vero nemico: il proletariato che lotti per la sua emancipazione!

 

PROMETEO  anno VIII  n. 137   11 ottobre 1936