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archivio > Lettere di Bordiga>10. La parola alla minoranza II (Prometeo n. 137, 11 ottobre 1936)

aggiornato al: 28/04/2009

Prometeo n. 137, 11 ottobre 1936

Questa è l'ultima di quattro parti dedicate al n. 137 di Prometeo dell'ottobre 1936 e la seconda dedicata alle posizioni della Minoranza sulla guerra di Spagna.

Sotto lo pseudonimo di Tre si cela Carlo Mazzucchelli e chi firma Il Maremmano è Emilio Martellini.

Nello scritto di Tre manca il punto 6: non è una nostra dimenticanza, anche nell'originale si passa dal 5 al 7.

Non ci pare necessario alcun commento.

 

10

 

 

LA PAROLA ALLA MINORANZA

 

 

Risposta del compagno Tre alla risoluzione adottata dalla C.E. del 27.8.1936 sulla situazione in Ispana

 

 

Nulla da ridire sulla situazione internazionale.

1. – Ribatto sul tema del cosiddetto temporeggiare oggi con l’antifascismo per battere il fascismo, per poi passare alla seconda fase della lotta. Come già vi dissi nell’altra mia non si tratta di fare blocco e nemmeno di mischiarsi con l’antifascismo; i compagni che sono al fronte non si sono mischiati con nessuno e la lettera del comp. Biondo ne fa fede. Si tratta, lo ripeto, di vincere la reazione militar-fascista, perché la sua vittoria significa la morte completa per vario tempo di ogni movimento proletario in Ispagna e di contraccolpo anche di quello mondiale. Mi domando: dato che non esiste né partito e nemmeno frazione, dove andrebbe a ricostruire o tentare di formare un movimento dopo la vittoria militare? È fortuna che nessuno vi segue sulla vostra strada settaria.

2. – Date al capitalismo spagnolo una forza ultra-demoniaca, una intelligenza superiore. Infatti ha scatenato l’attacco dalle due parti ed i proletari, poveri fessi, cadono a mucchi per Azana o per Franco. Come se siete voialtri da Bruxelles che avete risposto, immediatamente all’attacco sia a Barcellona che a Madrid. Eppure nessuna organizzazione aveva davanzo chiamato quei proletari a raccolta. È logico che la borghesia abbia due sistemi di dominio: il fascista ed il democratico. Ma che nel medesimo tempo li faccia funzionare tutti e due onde massacrare il proletariato, scusatemi, mi fate ridere; uno dei due era di troppo in Spagna, come era di troppo in Italia ed in Germania. E questo di troppo era il regime democratico. Più in là nelle concessioni, la borghesia spagnola non poteva andare; ecco perché ha scatenato la rivolta fascista, tenetene ben conto e non datene con la vostra super teoria troppo merito a chi non ne ha.

3. – Voi scrivete che «la proclamazione dell’indipendenza del proletariato nel seno del Fronte Popolare è lo stesso che castrare il proletariato e dirgli che può procreare in seguito». Bartosek ha dimostrato con gli sterilizzati di Bordeaux ed anche di Lione che essi con una semplicissima ed innocua operazione potevano riprocreare quando volevano. Vedete dunque che a tutte le regole vi è un’eccezione ed anche alle vostre tirate scientifiche si può rispondere. Cercando di vincere il militarismo secondo il modo attuale il proletariato spagnolo si sterilizza data la mancanza del partito di classe. La vittoria ottenuta con le esperienze del passato e della lotta presente, con l’aiuto dell’avanguardia del proletariato mondiale formerà il suo partito di classe (operazione permettente di riprocreare) e marcerà verso la vittoria definitiva. Con il vostro sistema voi lo castrate sul serio, o meglio lo rinviate in pieno nei cimiteri e nei campi di concentramento.

4. – Voi affermate che l’«armamento delle masse rappresenta una condizione negativa». Le masse non hanno per nulla sospeso le lotte sociali dove vi sono gruppi audaci di avanguardia essi espropriano, dirigono le officine, ecc.; dove arrivano le colonne, specie italiane, ogni vestigia del vecchio governo è sconvolta. Non è certo standosene comodamente a Barcellona, o nei centri dove i proletari non vi sono poiché sul fronte, che si può influire sulla situazione. Non è condizione negativa l’armamento poiché da informazioni dirette, sicure (ma voialtri tanto non ne tenete conto) il proletariato non si batte per nulla per la repubblica, questa se si lascia in piedi è un paravento per il momento; i proletari spagnoli non sono al servizio del loro governo capitalista ed ancora meno dell’imperialismo europeo. Tutti gli Stati dalla Russia all’Italia temono una vittoria del proletariato spagnolo. Solo voialtri ed i cekisti di Marsiglia volete ad ogni costo che gli operai di Spagna difendano le comunicazioni dello Stretto di Gibilterra.

5. – Io, come pure i compagni della Federazione di Barcellona, non abbiamo mai detto di entrare nel Fronte Popolare o nemmeno di difendere le sue idee. Se io credo per il momento che l’applicazione della tattica applicata contro Kornilov sia ancora buona (checché ne dica Michel) è perché, tenuto conto del fatto che in Spagna non esiste un partito  e nemmeno la Frazione, si tratta di costruire questi organismi se si vuole la vittoria rivoluzionari. Ora la vittoria militare, distruggendo fino alle radici ogni movimento classista, esclude per dei lustri ogni ripresa operaia. Avete un buon dire, non siete ancora riusciti a provare che un regime democratico possa distruggere in pieno il movimento classista. Nemmeno Noske (direte erano altre situazioni) riuscì a domare il proletariato tedesco. Nel 1934, dopo la vittoria sui minatori delle Asturie, Gil Roblès non distrusse la compagine proletaria. Non è così nei paesi dittatoriali. Tiratemi fuori un movimento in Italia, Germania e Portogallo.

7. – Altra cosa è collaborazione come ministri in un governo borghese, altra cosa è lo stato attuale di cose in Catalonia. Topo dice chiaramente che non esiste nemmeno più la dualità di potere.. Essa è infranta. Dunque non cercate delle storie: ci è laggiù qualche cosa di cambiato. Riconoscetelo apertamente. È da rivoluzionari. Ma siccome sono gli anarchici che predominano, il vostro settarismo vi porta a mentire sapendo di mentire. Si può temere il peggio dagli anarchici, dato il loro “contro ogni potere”, ma il compagno Biondo che è sul posto e non a Bruxelles o Lione dice: “ma stanno riconoscendo da parte loro (gli anarchici) il principio organizzativo disciplinare :::”. Dunque?

8. – Il proletariato spagnolo difende la sua libertà e non quella dei borghesi; si batte sopra il fronte di classe; per l’imperialismo si batteranno sicuramente i proletari di altri paesi, quelli di Spagna no. Non sente interessi imperialisti benché sia mancato finora un partito classista. Ha saputo attraverso lotte eroiche sanguinose tenere alta la bandiera della rivoluzione; non si può dire certamente lo stesso di quello tedesco, disciplinato ed organizzato in pieno, ma massa di pecore, pronta al segnale dei capi che 99 volte su cento tradiscono. Di questo il proletariato spagnolo ha saputo finora farne a meno, e non sarete certamente voialtri con i vostri teoremi della torre d’avorio che potete influire. Ci vuole altro …

9. – Il capitalismo spagnolo non ha scelto un bel nulla, ha vinto di sorpresa nei centri agricoli, credeva facile anche nelle città come è provato nei documenti, non aveva tenuto nessun conto della resistenza proletaria, come pure fate voialtri. Invece la risposta è stata violenta; ciò non toglie che le vostre super-teorie vedono ad ogni costo una forza di organizzazione, direzione del capitalismo spagnolo ed internazionale che per fortuna non hanno.

Quelli che si battono contro Franco non sono eserciti di Unione Nazionale, specie in Catalonia; sono uomini liberi da ogni pregiudizio militare ed il loro fine è molto differente [da quello] che voi volete darci. Disgraziatamente vi sono in questo momento due fasi di lotta. Liberi voi di vederne una sola. Mancano tutti i fattori. Liberi voi di volere il trionfo della reazione onde volere riformare dopo il movimento. Ma nei cimiteri. Questo lo volevano anche i centristi in Germania. Liberi voi di seguirli, io no.

 

La Frazione e la situazione in Ispagna

 

10. – Il capitalismo non ha incorporato un bel nulla. Le lotte attuali, le espropriazioni, ecc. lo provano. I fatti diranno chi avrà ragione.

11. – Non esiste nessun organismo dal quale possano germinare le tendenze rivoluzionarie, dite voi, ma è solamente dagli operai che seguono questi organismo che nascerà questo embrione di organizzazione: altrimenti dove andrete a trovarli? Nelle falangi fasciste? Ma per toccare questi operai bisogna seguirli nelle colonne, s’intende che qualche buon elemento resti nelle città, ma come dice Topo, gli anarchici sono spicciativi. Perciò la propaganda se si vuole sul serio va fatta nei luoghi adatti senza venir meno alle proprie concezioni proletarie. Questo i compagni della Frazione di Barcellona non hanno mancato di farlo.

12. – Voi dite: «La Frazione afferma di non potere importare il Partito». D’accordo per gli elementi che rompono con le altre organizzazioni. A proposito di fortezza, nessuno è nella fortezza del nemico. I compagni della colonna sono liberi, non sono sotto il comando che di compagni della frazione. Le milizie catalane sono volontarie e libere. Non sono milizie capitaliste, come volete far credere. Oltre le lettere dei compagni ho altri documenti diretti e non è certo la vostra teoria che può convincermi. Ci vogliono fatti e non discorsi.

13. – Voi affermate che a Barcellona dove la conflagrazione sociale è scoppiata, occorre dirigersi verso l’impostazione dei problemi del potere. Vi aspettano voialtri per passare alla formazione di nuove forme di governo. Ecco il paradosso in cui cadete. Non esiste nessun organismo nostro, i due terzi anche più del proletariato catalano seguono volontariamente la C.N.T. e la F.A.I., organismi contro ogni forma di governo e voi, su due piedi lanciate la parola d’ordine così al vento. Credo che i compagni della colonna hanno capito in modo migliore. Col loro esempio possono anche parlare, discutere e fare proseliti, ed è solo così che si riuscirà a sfondare. L’esempio russo ha servito a tutti, molto meglio anche agli anarchici.

14 e 15. – Credo anch’io che le situazioni attuali pongano il problema della scissione. Alla vostra scomunica dei compagni di Barcellona rispondo dando la mia piena solidarietà a quei compagni che regolarmente hanno lavorato e lavorano per la Frazione e la rivoluzione. Lascio ai cekisti del gruppo di Marsiglia ed a chi li segue di domandare l’espulsione del comp. Candiani e di inviare nel posto uomini «seri». Non si fanno scomuniche, non si domandano espulsioni prima di conoscere i fatti. Non si stampano manifesti senza tener conto di una metà della Federazione. A simile gesti l’unica risposta è la divisione. Ed io l’applico, passando ad una lotta decisa contro le posizioni contenute nella risoluzione della C.E.

 

TRE  

 

 

Sulla situazione spagnola

 

La drammatica situazione spagnola ha fatto sorgere nella nostra frazione una divergenza profonda, sì che, malgrado la professione di fede da ambo le parti dei nostri testi fondamentali e dei principi teorici, essa è divisa in due capi sull’apprezzamento della situazione spagnola e sulla messa in pratica di questi principi teorici e tattici, dando loro interpretazioni diverse. A mio avviso tutto ciò era inevitabile perché già da molto tempo, vale a dire dagli avvenimenti passati, dal conflitto italo-etiopico in poi, la nostra frazione ha brillato per la sua assenza su tutti questi avvenimenti, quello di Spagna compreso. Così che, per una sua mancata presa di posizione, mise dei compagni nella condizione di partire a portare il loro contributo politico, morale e materiale al proletariato spagnolo, in condizioni tutt’affatto slegate dalla C.E. e dalla Frazione. Questa quindi dell’atto di indisciplina di questi compagni (se in tal caso vi è indisciplina) ne porta la maggiore responsabilità. Tutto questo giustappunto per una falsa interpretazione delle nostre tesi fondamentali, che ha dato luogo sempre a prese di posizione troppo in ritardo qualche volta ad avvenimenti passati, lanciando in tal modo , anche se minimo nella situazione attuale, il suo peso nel vuoto, e malgrado le decisioni ben che confuse del Congresso è rimasta sempre una accademia di studi teorici e filosofici, perdendo ogni carattere di organismo rivoluzionario.

Risultato di tutto ciò: dopo un mese di tentennamenti, la C.E. [fa uscire] una risoluzione che sconfessa quei compagni che hanno fatto olocausto della propria vita con la convinzione che ciò era il dovere di rivoluzionari di avanguardia, partendo da altri apprezzamenti che la ritardataria C.E., per apportare il loro concorso politico e materiale al proletariato spagnolo. Ed insieme ad essi vengono sconfessati anche tutti quei compagni che hanno solidarizzato con i partenti e che solidarizzeranno, almeno per quanto riguarda il sottoscritto, fino a che questi compagni manterranno la loro indipendenza politica,  salvando in tal modo con la [loro] presenza effettiva negli avvenimenti di Spagna, l’onore politico e rivoluzionario della frazione italiana della sinistra comunista.

Cosa dice la C.E. benché confusamente nelle sue linee generali? In Spagna vi è  una guerra fra le due frazioni della borghesia, la destra e la sinistra, fra Azana e Franco, di conseguenza il proletariato non ha alcun interesse a difendersi in questa contesa e se qualche cosa deve fare, deve volgere le armi e contro Franco e contro Azana, contro la reazione e contro la democrazia. Nello stesso tempo lancia la parola di disertare il fronte della Guadarrama e di Saragozza, per portare la battaglia a Madrid e Barcellona e in tutti i centro importanti industriali, e qualche d’uno dei suoi seguaci va anche più oltre dicendo non un soldo per quei proletari che partono per la Spagna e domandano di questi l’espulsione dalla frazione. Perché in Spagna si combatte una guerra imperialista e correre in aiuto politico e materiale al proletariato spagnolo è del garibaldinismo ed invita i proletari a rifiutare di portare un concorso effettivo all’esperimento spagnolo, aggiungendo che l’intervento deve limitarsi a delle indicazioni teoriche.

Dopo tali dichiarazioni fatti da elementi della Frazione che, a mio giudizio, di rivoluzionario non hanno che la pretenzione e l’ambizione, è bene scindere ogni responsabilità di fronte al proletariato internazionale e la frazione italiana della sinistra comunista che fortunatamente non è composta dei soli elementi che vivono ed amano vivere in santa pace in Francia o nel Belgio, ma che ha le sue radici e la sua vita ben altrove nel crogiolo della lotta quotidiana e solo quando questa maggioranza effettiva avrà la possibilità di pronunciarsi in cognizioni di causa, avrà valore la sconfessione dell’una o dell’altra parte.

Per quanto mi concerne, mi dichiaro solidale con i compagni partiti in Spagna e con le dichiarazioni fattemi da questi ultimi prima di partire: vale a dire che costoro partivano con la convinzione che era necessaria la presenza effettiva politica e materiale della frazione in questi avvenimenti senza alcun compromesso politico, in piena indipendenza e libertà di parola e di azione con ogni aggruppamento e partito politico.

Questa mia solidarietà risulta dai miei apprezzamenti sulla situazione spagnola e dalla interpretazione in buona fede dei nostri testi fondamentali: le tesi di Roma.

Per me gli avvenimenti spagnoli sono la risultante di una economia arretrata con, da una parte una borghesia in pieno sforzo di assestamento del passaggio dalla monarchia semi-feudale alla repubblica, e dall’altra un proletariato ed una massa contadina affamata in agitazione continua per le sue rivendicazioni economiche le quali hanno preso una forma inquietante per suddetta borghesia. Da questo i vari esperimenti governativi repubblicani, dal democratico, al reazionario, al socialdemocratico, al fronte popolare, ma, perché questo ultimo esperimento riuscisse nel suo intento di asservimento del proletariato, mantenendo in parte le promesse fatte a quest’ultimo, domandava un duro sacrificio alla grossa borghesia industriale ed alla semi-feudale proprietà agraria, da qui il dissenso fra borghesia di destra e di sinistra.

La borghesia di destra con il suo alleato il più naturale, il clero, incoraggiata, aiutata e forse anche istigata dalla borghesia la più reazionaria di altri paesi, ha sferrato l’attacco frontale contro il proletariato e le sue istituzioni di classe, con l’apparato il più efficace che la borghesia nella situazione attuale abbia in suo possesso: l’esercito quasi al completo. Nella situazione attuale in cui il proletariato è sconfitto e tradito in tutti i paesi, e per di più mancando del suo partito di classe, non poteva e non ha avuto l’iniziativa dell’attacco, ma ha dovuto correre alla difensiva coi pochi mezzi a sua disposizione: le sue organizzazioni sindacali correndo all’appello di questi unici organismi di classe: la C.N.T. e la F.A.I.. [Questo] organismo politico non comunista fece solo quello che logicamente poteva fare in tale situazione, con uno slancio eroico andava all’assalto là dove il nemico lo attaccava; lo vinceva a Barcellona, a Madrid e in altri centri importanti; prendeva le armi, si armava, e per la mancanza del suo bagaglio politico ed il suo partito di classe correva là dove il nemico sferrava il suo attacco violento senza preoccuparsi del potere politico. La borghesia di sinistra con il suo fronte popolare profittava di questo errore politico del proletariato e, fingendo di essere al suo fianco, ha cercato nella misura del possibile di prendere il controllo con la speranza di mantenerlo con la turlupinatura dell’antifascismo nel quadro degli interessi e la salvaguardia della repubblica borghese. Vi è riuscita in parte, ma l’ultima parola non è ancora detta, ed è il proletariato spagnolo che dovrà dirla. Se questi sono i fatti, si può chiamare questa una guerra borghese? Io non lo credo e non lo penso; essa è una guerra civile, con da una parte la borghesia e dall’altra il proletariato con tutti i suoi difetti, tutte le sue deficienze, e che la borghesia di sinistra, per opera del fronte popolare, cerca di aggrapparsi alla sua veste affinché esso, pur vincendo la borghesia di destra, rispetti nel suo insieme le istituzioni borghesi. Può in tali circostanze e situazioni che si trova nella difensiva e quasi disarmato politicamente per la mancanza del suo partito di classe passare all’offensiva sui due fronti: quello della reazione e quello della democrazia? A mio avviso non lo può ed il dovere della frazione è quello di aiutare il proletariato spagnolo a compiere il suo esperimento mostrando a quest’ultimo la vera faccia del fronte popolare. Quando la destra sarà battuta, la sinistra col fronte popolare dovrà gettare la maschera per impedire al proletariato di andare più oltre, e da questo esperimento doloroso ma, a mio avviso, necessario il proletariato spagnolo ed internazionale ne trarrà un utile insegnamento per la costituzione del suo partito di classe e per la ripresa della sua marcia in avanti.

La Frazione o Partito devono essere effettivamente presenti per tutto dove il proletariato è in lotta non solo con delle parole d’ordine, ma pure con l’azione nella misura delle sue possibilità, e su questo le tesi di Roma sono chiare. Infatti, sui rapporti col proletariato le suddette tesi dicono a pag. 15 acc. 20: «Se è scopo essenziale per il partito comunista il guadagnare terreno in mezzo al proletariato accrescendo i suoi effettivi e la sua influenza a scapito dei partiti e correnti politiche proletarie dissidenti, questo scopo deve essere raggiunto partecipando alla realtà della lotta proletaria su un terreno che può essere contemporaneamente di azione comune e di reciproco contrasto, a condizione di non compromettere mai la fisionomia programmatica ed organizzativa del partito». Ed al capitolo V°, Elementi della tattica del partito ecc. 24, par. 17: «questo dunque (il partito) deve sforzarsi di prevedere lo sviluppo delle situazioni per applicare in esse quel grado di influenza che gli è possibile; ma l’attendere le situazioni per subire in modo eclettico e discontinuo le indicazioni e le suggestioni è metodo caratteristico dell’opportunismo social-democratico». È chiaro, non è vero? Ed è proprio ciò che si può rimproverare alla nostra frazione ed alla C.E. in particolare. A pag. 22 acc. 31, sempre sulla tattica e sulla divisione della borghesia in due blocchi di destra e di sinistra le tesi dicono:  «lo svolgimento di questa contesa non è indifferente al partito comunista, sia perché esso verte su punti e rivendicazioni che interessano le masse proletaria e ne richiamano l’attenzione, sia perché la sua soluzione con una vittoria della sinistra può realmente spianare la via alla rivoluzione proletaria».

Quanto sopra è detto in rapporto alla possibilità di organizzazione ed il suo sviluppo, e dell’accompimento dell’esperienza che il proletariato per liberarsi definitivamente della democrazia borghese deve fare per poter passare all’ultima fase della sua lotta per la presa del potere; infatti all’accapo 32 è detto: «Il contenuto dei dissensi fra la destra e la sinistra borghese, per la massima parte viene a commuovere il proletariato solo in virtù di falsificazioni demagogiche, che naturalmente non possono essere sventate attraverso una pura opera di critica teorica, ma devono essere raggiunte e smascherate nella pratica e nel vivo della lotta».

Tutto ciò significa che la frazione o partito devono inserirsi nella lotta che il proletariato mena per poterlo strappare alla influenza della democrazia borghese. All’accapo 39 le tesi aggiungono: «Un’altra ipotesi è che il governo ed i partiti di sinistra che lo compongono invitassero il proletariato a partecipare alla lotta armata contro l’assalto della destra. Questo invito non può che preparare un tranello, ed il Partito Comunista lo accoglierà proclamando che le armi nella mano dei proletari significano l’avvento del potere dello Stato proletario ed il disarmo della macchina tradizionale burocratica e militare dello Stato …».

Quindi il partito non rifiuterà la lotta armata, mettendo in guardia nello stesso tempo i proletari armati che la sua salvezza sarà possibile solo quando avranno battuto l’una e l’altra delle due tendenze borghesi e preso il potere rovesciando il vecchio regime. Più avanti ancora all’articolo 7, Azione tattica del partito, acc. 43 pag. 31, sulla possibilità che il partito può chiamare il proletariato alla lotta pur sapendo di avanzo che non potrà essere definitiva, ma che solo può far fare un passo in avanti al proletariato nella direzione della presa del potere. Le tesi dicono:

«In tal caso il Partito chiamerà le masse alla lotta formulando una serie di obbiettivi che potranno essere quelli stessi da raggiungere, o apparire più limitati di quelli che il partito si propone di realizzare nel caso che la lotta si svolga con successo». E qui spiegano che ogni obbiettivo raggiunto deve essere consolidato in caso di una sosta, per passare poi in una seconda fase all’altro assalto o spinta in avanti. Per questo la necessità che in certe situazioni dello scaglionamento della lotta in più tempi e fasi. E sempre allo stesso articolo a pag. 32, acc. 45, le tesi aggiungono: «Il partito si servirà tuttavia delle sue forze e del suo inquadramento per azioni ben controllate nel progetto e nella esecuzione, da parte di gruppi armati, di organizzazioni operaie, e di folle, che abbiano valore dimostrativo e difensivo (come caso in Spagna) allo scopo di dare alla massa la prova concreta che è possibile con la organizzazione e la preparazione fronteggiare certe resistenze e ritorni offensivi della classe dominante sia come imposizioni terroristiche di gruppi reazionari armati, sia come impedimento poliziesco a dare forme di organizzazione e di attività proletaria».

Questi brevi accenni sulle nostre tesi io credo che siano sufficienti per comprendere che il Partito o Frazione deve essere presente la dove il proletariato è in lotta e mai neppure quando questa lotta fosse anche capitanata dalla democrazia borghese, il Partito o Frazione non deve dare delle parole d’ordine dell’abbandono della lotta contro una parte del proprio nemico di classe o trasportarla simultaneamente su due fronti cosa che, come dicono le tesi, non potrebbe essere in un primo tempo compresa dalla massa in armi, ma che la porterebbe alla disfatta sicura con la sua distruzione fisica e delle sue istituzioni di classe, senza neppure il vantaggio dell’esperimento democratico il cui eventuale smascheramento per il proletariato illuso potrebbe servire come insegnamento per la sua orientazione per la formazione del suo partito di classe e la sua ripresa per la lotta finale. Quindi io credo che la Frazione deve essere presente negli avvenimenti di Spagna non solamente con formule ed indicazioni teoriche ma pure con l’azione pratica, sempre bene inteso con la sua indipendenza politica, per poter indicare la via da seguire al proletariato spagnolo che in una prima fase è portato per difendersi fisicamente a combattere con le armi alla mano la borghesia di destra; in una seconda fase, il suo ruolo è quello di impadronirsi del potere politico e della distruzione completa e della borghesia di destra e di sinistra. Nelle limitate possibilità di un piccolo nucleo che essi sono, i nostri compagni sono partiti con la piena convinzione di aiutare il proletariato spagnolo a spingere fino all’estremo limite la sua lotta là dove esso è attaccato e gli si volesse sbarrare il suo cammino.

Fino ad oggi nulla mi dimostra che essi abbiano abdicato alla propria autonomia politica e si siano lasciati imbavagliare; di conseguenza il sottoscritto si dichiara pienamente solidale con questi compagni che con il loro sacrificio tentano di salvare non solo il proletariato spagnolo e internazionale dalla demagogia del fronte popolare e dell’antifascismo, ma la nostra frazione stessa dal disonore politico di fronte a questo proletariato.

A meno di rinnegare tutto un passato la nostra Frazione non può fare altrimenti, noi abbiamo sempre combattuto coloro che, per reazione d’opportunismo, sconsigliavano i proletari a battersi, o perché mancava il grano come in Italia, o perché la situazione non era matura, come pur contro il social-fascismo, parola di confusione e di aberrazione, la quale impediva al proletariato di avere una visione esatta e di avere la propria esperienza su ciò che questi rappresentavano per potersene distaccare [a giammai]. Per la frazione borghesia di destra, o socialdemocrazia, con l’aggiunta oggi del centrismo che è borghesia di sinistra, sono sempre state la stessa cosa, ma così non lo è per le masse in gran parte trascinate al rimorchio di quest’ultima; di conseguenza politicamente devono essere combattute con lo stesso metodo, materialmente abbiamo sempre riconosciuto la differenza di azione nella prima fase, vale a dire fino allo smascheramento della democrazia, e che solo allora sarà possibile passare all’attacco finale per la presa del potere.

Il voler portare la stessa battaglia su due fronti quando ancora una parte preponderante del proletariato è legato al carro della borghesia di sinistra è pura e dannosa demagogia. La frazione deve aiutare questo esperimento con lo spingere la lotta delle masse spagnole fino ai suoi estremi limiti e solo allora il fronte popolare con la democrazia borghese dovranno gettare la maschera per sbarrare la strada alla rivoluzione proletaria, e solo in questo caso, se anche nella situazione attuale il proletariato sarà battuto dalla destra e dalla sinistra borghese egli avrà fatto il suo esperimento utile per liberarlo definitivamente dal marchio del fronte popolare e dell’antifascismo per prendere una buona volta la via sicura della sua liberazione definitiva. È per queste considerazioni suesposte che il sottoscritto è solidale con tutto il proletariato spagnolo, e i rivoluzionari che sono corsi in suo aiuto con queste intenzioni. E dopo le gravi dichiarazioni ed il contegno della C.E. e di una parte della nostra Frazione, tengo a scindere ogni responsabilità da quest’ultima, riservandomi la libertà di critica aperta e pubblica di fronte al proletariato internazionale ed alla storia

 

IL MAREMMANO

 

I due articoli sono tratti da PROMETEO, n. 137, 11 ottobre 1936