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archivio > Lettere di Bordiga>12. La discussione in seno alla Frazione (Prometeo, n. 138, 1 novembre 1936)

aggiornato al: 06/06/2009

Prometeo, n. 138, 1 novembre 1936

Questa parte (la seconda) del n. 138 di Prometeo del novembre 1936 contiene  articoli della discussione in seno alla Frazione; l'unico articolo che non è compreso (causa la pessima condizione della copia in nostro possesso e la non possibilità di riprodurlo integralmente) è «Un poco di chiarezza, per intenderci» firmato Il Maremmano che come già abbiamo potuto vedere in puntate precedenti  è  Emilio Martellini.

Gli altri compagni nominati in questi articoli sono: Biondo = Bruno Zecchini, Pace = Renato Pace e il già citati Pieri = Ferdinando Borsacchi.

 

12

 

 

La discussione in seno alla frazione

 

 

Comunicato della C.E.

 

La C.E. intende restare fermamente attaccata al principio che le scissioni nel seno dell’organismo fondamentale del proletariato, turbano ed arrestano il delicato processo della sua vita e sviluppo, qualora esse non si verificassero sul terreno delle divergenze programmatiche le quali esprimono o tendono ad esprimere le rivendicazioni storiche non di una tendenza, ma della classe nel suo insieme.

La C.E. constata che la minoranza si ispira ad altri criteri e minaccia di passare alla scissione non solamente prima del Congresso, ma prima ancora che la discussione abbia avuto inizio, e questo sul punto controverso concernente il riconoscimento o no del gruppo di Barcellona. Malgrado questa ingiunzione della minoranza, la C.E. ritiene di dover salvaguardare l’applicazione del principio della necessità del Congresso per la soluzione della crisi della frazione.

La C.E. aveva ratificato le posizioni prese da un suo rappresentante e consistenti a prendere atto di tutte le decisioni del Comitato di Coordinazione.. Ma detto Comitato si era limitato a domandare il riconoscimento del gruppo di Barcellona, quello che non rappresentava dunque una decisione ma semplicemente una richiesta alla C.E. che restava arbitra di prendere una decisione. È quindi inesatto parlare di impegni che non sarebbero stati mantenuti.

La C.E. si era basata su un criterio elementare e su un principio di vita dell’organizzazione decidendo di non riconoscere il gruppo di Barcellona, e questo per delle ragioni che non sono nemmeno discusse dal Comitato di Coordinazione e che furono pubblicate nel comunicato precedente. Nessuna esclusione era decisa contro i membri della frazione e non appare quindi comprensibile la decisione del C. di C. che considererebbe l’insieme della minoranza esclusa qualora il gruppo di Barcellona non fosse riconosciuto.

La C.E. nello stato attuale imperfetto della elaborazione delle norme regolamentari di vita di un’organizzazione traversante una fase di crisi, benché convinta della giustezza della sua precedente decisione per convogliare l’insieme della frazione alla fase ulteriore della discussione programmatica e di fronte all’ultimatum del C. di C., rettifica la sua decisione anteriore e passa al riconoscimento del gruppo di Barcellona.

La C.E. infine aveva sollevato alcune considerazioni politiche quanto alla impossibilità di reclutamento in un periodo di crisi dovente sboccare – per convinzione comune delle due tendenze – alla scissione, giacché i nuovi venuti all’organizzazione sulla base della questione controversa si troverebbero assolutamente inabilitati a risolvere il problema fondamentale che si riferisce a questioni di programma che non possono essere risolute che da colori che facevano parte dell’organizzazione prima dello scoppio della crisi ed avevano dato la loro adesione ai documenti di base della frazione. Il Comitato di Coordinazione prosegue in un lavoro che non può condurre a nessun risultato positivo per la causa del proletariato. Non si preoccupa nullamente di considerare le questioni politiche e dice che è la paura di diventare minoranza che ha guidato la C.E.. Il Comitato di Coordinazione sa, quanto la C.E., che anche nell’ipotesi assurda di una contabilizzazione dei voti dei proletari che hanno dato la loro adesione in Ispagna, il presunto rovesciamento delle proporzioni non si sarebbe verificato.

La C.E. esorta i compagni tutti a compenetrarsi della gravità della situazione ed a comprimere tutte le reazioni al fine di poter passare ad una discussione la cui posta non sarà il trionfo dell’una o dell’altra tendenza, ma l’abilitazione della frazione a rendersi degna della causa del proletariato rivoluzionario attraverso il bando di quelle ideologie che si saranno manifestate – nel corso degli avvenimenti spagnoli – un elemento nocivo per la lotta della classe operaia.

 

 

Comunicato della minoranza

 

Il Comitato di Coordinazione a nome della minoranza della Frazione italiana della sinistra comunista,

constata che la C.E. non mantiene la parola data dal suo rappresentante al Comitato di Coordinazione d'accettare l'o.d.g. presentato dalla minoranza dove domandava, fra altre cose, il riconoscimento del gruppo di Barcellona:

visto il comunicato della C.E. parso in «Prometeo» dove dichiara di non voler riconoscere il gruppo di Barcellona prendendo pretesto che, come base della sua costituzione, è partito dalla partecipazione alla lotta militare partecipando nelle milizie:

Considerando che la base della costituzione del gruppo di Barcellona è la stessa su cui si trova tutta la minoranza:

decide che se la C.E. volesse persistere nella sua posizione la minoranza non potrebbe che considerare detta posizione come l'esclusione di tutta la minoranza della frazione. Per la minoranza:

Il comitato di Coordinazione

 

P.S. Dalla risposta della C.E. in data del 23 ottobre risulta che il non riconoscimento del gruppo di Barcellona dipende dal fatto che la minoranza potrebbe diventare maggioranza. Il Comitato di Coordinazione dichiara che è disposto a non far valere il voto dei nuovi iscritti a Barcellona e che la C.E. può tenere validi i soli voti dei compagni già iscritti prima di partire per la Spagna. La minoranza considera da parte sua, i nuovi iscritti come membri della frazione.

Il C. di C. 24 X 1936

 

 

Mozione (indirizzo) votata nella riunione del gruppo di Barcellona della Frazione italiana della sinistra comunista.

 

(prima della partenza per il Fronte)

Barcellona 23 agosto1936

 

I compagni della frazione italiana della sinistra comunista sono entrati nelle file della milizia operaia per sostenere il proletariato spagnolo nella lotta grandiosa contro la borghesia. Noi siamo al suo fianco pronti ad ogni sacrificio per il trionfo della rivoluzione.

Durante lunghi anni di milizia, di lotta e di esilio, noi abbiamo fatto una duplice esperienza: quella della reazione fascista, che ha inchiodato il proletariato italiano ad una situazione disperata, e quella della degenerazione del partito comunista che ha immobilizzato ideologicamente le masse. Ovunque il problema della rivoluzione non può trovare una soluzione se le masse non si sottraggono all'influenza della 2a e della 3a Internazionale per ricomporre il vero partito di classe capace di condurle alla vittoria.. Noi fidiamo nello sviluppo degli avvenimenti attuali che con la loro dinamica potranno creare in Ispagna ed altrove il partito della rivoluzione. L'avanguardia esistente in seno al Poum ha davanti a sé un grande compito ed una estrema responsabilità.

Partiamo per il fronte di battaglia nella colonna internazionale dei militi del Poum spinti da un ideale politico che è comune a questi eroici e magnifici operai spagnoli: l'ideale di combattere fino all'ultimo non per salvare la borghesia in frantumi ma per abbattere dalle radici tutte le forme del potere borghese e far trionfare la rivoluzione proletaria. Perché lo sforzo di noi tutti non sia vano occorre che l'avanguardia rivoluzionaria del Poum riesca a vincere le ultime esitazioni e si ponga risolutamente sulla via dell'ottobre spagnuolo! Oggi essa deve scegliere fra l'appoggio sia pure indiretto e involontario alla borghesia o l'alleanza con gli operai rivoluzionari di tutto il mondo.

Il destino delle masse operaie di tutto il mondo dipenderà dal carattere che sarà dato all'azione politica nell'attuale conflagrazione sociale in Ispagna.

Viva la milizia operaia!

Viva la rivoluzione!

 

 

Risoluzione del compagni Biondo e Pace (dopo il loro ritorno dal fronte ed aver preso contatto con la delegazione ufficiale della Frazione)

 

La Spagna in questo momento è la chiave di volta della situazione internazionale. Dalla vittoria di una delle differenti forze in lotta ne uscirà una differente situazione per l'Europa. La vittoria di Franco significherebbe il rafforzarsi del blocco militare dell'Italia e della Germania. La vittoria del Fronte Popolare, il rafforzamento del blocco militare antifascista (entrambi conducono alla guerra imperialista) [è] la vittoria del proletariato che sarebbe il punto di partenza della ripresa mondiale della rivoluzione proletaria.

In Ispagna ci troviamo di fronte ad una situazione obiettivamente rivoluzionaria. Le elezioni di febbraio conclusesi con la vittoria del Fronte Popolare sono state uno sfogatoio, una valvola di sicurezza che impedì la esplosione violenta dei gravi contrasti di classe. I grandi scioperi e le agitazioni che ne seguirono ne sono la dimostrazione.

La minaccia rivoluzionaria del proletariato decise la borghesia a prendere il davanti per avere il vantaggio dell'iniziativa. Da queste premesse si arriva alla conclusione che la lotta non è fra due frazioni della borghesia , ma fra borghesia e proletariato. E che il proletariato prende le armi per difendere le sue condizioni di vita e le sue organizzazioni dall'assalto della reazione.  Per le stesse ragioni per cui gli operai russi presero le armi contro Kornilov, gli operai spagnuoli le prendono contro Franco.

Non si tratta di dilemma democrazia-fascismo. E se la borghesia resta virtualmente al potere, se i rapporti di proprietà non hanno subito una profonda trasformazione, la causa va ricercata nel fatto che il proletariato non è ideologicamente armato, non possiede cioè il suo partito di classe.

La esistenza del partito di classe avrebbe risolto la questione a favore del proletariato fin dai primi giorni della lotta. La rivoluzione spagnuola non è ancora entrata nella parabola discendente e le possibilità di vittoria del proletariato non sono da escludersi in maniera definitiva.

Di fronte al capitalismo che lotta su due fronti, il proletariato deve lottare su due fronti: il fronte sociale e quello militare. Nel fronte militare il proletariato lotta per difendere ciò che ha conquistato con decenni di lotta, in quello sociale il proletariato deve affrettare il processo di decomposizione dello stato capitalista, forgiare il partito di classe e gli organi del governo proletario, ciò che gli permetterebbe di dare l'assalto al potere capitalista. Nel fronte militare fin da oggi il proletariato tende a gettare le basi dell'armata rossa di domani. Nelle zone che a mano a mano le milizie occupano si passa immediatamente alla formazione di comitati di contadini e alla collettivizzazione delle terre e questo in barba ai governi di Madrid e di Barcellona.

Il gruppo costituito in Ispagna considera che non ha rotto coi principi della frazione, perciò non può essere non riconosciuto. Ci si domanda di rompere ogni contatto politico con il Poum; questi contatti non sono mai esistiti. Sciogliere la colonna questo non è in nostro potere perché non siamo noi che l'abbiamo costituita. In quanto al disseminarsi fra i proletari nei luoghi di lavoro, questo verrà fatto a misura che le possibilità si presenteranno.

(Questo documento deve essere considerato la risposta alla risoluzione della C.E. del 27. 8. 1936 e deve essere stato scritto verso la fine di settembre 1936).

N.D.R.

 

Dichiarazione

 

Un gruppo di compagni della Minoranza della Frazione italiana della sinistra comunista, disapprovando l'atteggiamento ufficiale preso dalla Frazione stessa verso la Rivoluzione spagnola spezzò bruscamente ogni vincolo disciplinare e formalistico verso l'organizzazione e si mise senza esitazioni al servizio della Rivoluzione entrando a far parte delle milizie operaie e combattendo al fronte.

Oggi una nuova situazione si presenta, piena di incognite e di pericoli per la classe operaia: lo scioglimento del Comitato Centrale delle Milizie Antifasciste, organo sorto dalla rivoluzione e garanzia del carattere di classe delle Milizie, e la riorganizzazione di queste in un esercito regolare dipendente dal Consiglio di Difesa, deformano il principio della milizia volontaria operaia.

La necessità del momento storico che stiamo vivendo impongono una vigilanza estrema degli elementi di avanguardia del proletariato per impedire che le masse inquadrate nel nuovo organismo militare possano divenire uno strumento della borghesia, che sarà un giorno adoperato contro gli interessi stessi della classe lavoratrice. Quest'opera di vigilanza può essere tanto più efficace quanto più le organizzazioni di classe acquisteranno coscienza dei loro interessi e indirizzeranno la loro azione politica in un senso esclusivo di classe.

Il lavoro politico in queste organizzazioni assume un'importanza primordiale che non è meno interessante del compito militare al fronte.

I detti compagni pur restando fermi sul principio della necessità della lotta armata al fronte, non hanno accettato di essere inquadrati in un esercito regolare che non è l'espressione del potere del proletariato e nel quale esercito regolare sarebbe impossibile esplicare una funzione politica diretta. Possono invece dare oggi un contributo di maggiore efficacia alla causa del proletariato spagnolo nel lavoro politico e sociale indispensabile a preservare e rafforzare l'efficienza ideologica rivoluzionaria delle organizzazioni operaie che devono riprendere  sul terreno politico e sociale l'influenza che le nuove condizioni hanno attenuato sul terreno della direzione militare.

I detti compagni, nel lasciare il loro posto di militi della colonna internazionale Lenin, restano sempre mobilizzati a disposizione del proletariato rivoluzionario spagnolo decisi a continuare a dedicare in altro campo la loro attività e la loro esperienza fino al trionfo definitivo del proletariato sul capitalismo in tutte le sue forme di dominazione.

Barcellona, il 12 ottobre 1936

 

 

 

Critica rivoluzionaria o disfattismo?

 

Le divergenze in seno alla nostra Frazione hanno incominciato all'inizio degli avvenimenti di Spagna. Si è parlato di Kornilov ed il movimento di Franco. Chi ha negato qualsiasi analogia e chi non l'ha compreso. Per questo abbiamo seguito il consiglio che si dà in «Prometeo» di leggere il documento di Lenin.

Lenin scrive: «bisogna combattere Kornilof senza sostenere Kerenski». Se la Frazione avesse sostenuta questa posizione non avremmo avuto la rottura che si è verificata e che ci potrebbe portare alla scissione.

Nessuno dei compagni della minoranza ha affermato che bisognava sostenere in  Spagna Azana o Caballero. Abbiamo sostenuto, e sosteniamo, che bisogna combattere Franco. Combatterlo, come dice Lenin parlando di Kornilov, in rivoluzionario: «Ora è il momento dell'azione, bisogna fare la guerra contro Kornilov da rivoluzionario, trascinando le masse, sollevandole, infiammandole. Ora Kerenski ha paura delle masse, ha paura del popolo (Sulla via della rivoluzione, p. 9)»

Kerenski aveva paura del popolo come Azana-Caballero hanno paura. Le masse possono comprendere le debolezze quando queste vengono denunziate e quando i rivoluzionari che le denunziano danna la prova nella lotta  come sanno battersi e come ci si deve battere.

Quello che i proletari spagnoli certo non possono comprendere è che si dica: bisogna abbandonare il fronte militare e fare il disfattismo nelle milizie come bisogna farlo nell'esercito di Franco. Che non si voglia fare nessuna differenza tra i due fronti questo è veramente incomprensibile e praticamente controrivoluzionario perché non può favorire che il trionfo di Franco e la disfatta del proletariato. Parlando del cambiamento di tattica dei bolscevichi dopo Kornilov Lenin dice: «Noi modifichiamo la forma della nostra lotta contro Kereski, senza attenuare per nulla la nostra ostilità, senza ritirare una parola sola di quelle che abbiamo pronunciato contro di lui, senza rinunciare ad abbatterlo, noi dichiariamo che bisogna tener conto del momento, che noi non ci occupiamo al momento attuale di rovesciare Kerenski, che noi conduciamo attualmente la lotta contro di lui in altro modo, sottolineando al popolo (che combatte Kornilov) la debolezza e le oscillazioni di Kerenski». Lenin sapeva che doveva lottare contro Kornilov e che nella lotta contro Kornilov preparava le premesse della lotta contro Kerenski.

Pieri dice nel suo articolo: «si possono avere delle divergenze nella [parola incomprensibile] della diserzione dai fronti». No, queste non sono più delle divergenze, sono due posizioni opposte che ci portano a questo: una parte dei compagni parte per il fronte a combattere, un'altra parte va al fronte per provocare la diserzione. Qui sono le divergenze fondamentali e di principio che ci portano sulle due barricate opposte. Certo che in Spagna il proletariato avrebbe dovuto quando è insorto per schiacciare il fascismo, non limitarsi a questo, ma distruggere il vecchio apparato statale che aveva permesso che i militari preparassero i loro piani di attacco, prendere in mano in modo completo la lotta contro Franco che non può dissociarsi dalla lotta contro il capitalismo che lo ha generato. Il proletariato non può da solo acquistare questo alto grado di visione e comprensione del problema rivoluzionario ed è per questo che noi consideriamo che per fare la rivoluzione è necessario un partito rivoluzionario che abbia lui una netta visione rivoluzionaria per potere influire sulle masse sapendole indirizzare verso questo obiettivo. Per chi sostiene che bisogna abbandonare il fronte militare è anche naturale che sostenga che bisogna fare il sabotaggio nelle officine. Come si può sostenere che bisogna fare della agitazione nelle officine, provocare scioperi, quando i combattenti che sono al fronte hanno bisogno che le officine lavorino per fornire le munizioni e tutto il necessario per sostenere la lotta? Oggi non si può porre in Catalogna delle semplici rivendicazioni di carattere economico. Siamo in periodo di rivoluzione, la lotta di classe si manifesta nella lotta armata, la sola rivendicazione per il proletariato è quella di rivendicare la direzione esclusiva della lotta, la distruzione della vecchia struttura statale borghese che non poteva che generare e facilitare l'attacco fascista. Con queste rivendicazioni il proletariato comprende che rinforza la sua posizione di lotta contro Franco ed i suoi complici. Il proletariato delle officine sa che deve essere solidale con i suoi compagni che lottano al fronte e che deve fornir loro il materiale indispensabile per battersi e vincere le orde barbare che vogliono schiacciare chi potrebbe favorire questo lavoro di diserzione del fronte e sabotaggio nelle officine? Solo i fascisti che ne approfitterebbero, se non Franco e la sua cricca? No, è incomprensibile che si possa sostenere una simile posizione. Lenin diceva lotta contro Kornilov senza sostenere Kerenski. Noi diciamo: lotta contro Franco senza sostenere né Caballero né Companys, denunciare tutte le debolezze di questi elementi per fare capire al proletariato che se ne deve sbarazzare. Nessuna azione da parte nostra che ci possa fare portare la responsabilità della disfatta del proletariato e della vittoria di Franco.

Criticare tutte le debolezze, tutti gli errori che il proletariato può fare è un dovere per un rivoluzionario. Le critiche devono rinforzare la potenzialità rivoluzionaria del proletariato e non indebolirla. La critica deve essere rivoluzionaria e non disfattista. Ecco come si presenta la lotta sul fronte sociale per condurre il proletariato alla sua completa emancipazione. L'emancipazione del proletariato diventa il fattore essenziale per rinforzare la lotta militare. In Catalogna si sono già realizzate delle serie conquiste sociali, nelle campagne dove passano le  milizie proletarie si procde alla socializzazione e collettivizzazione della terra. Voi rispondete che queste conquiste sono nulla perché il potere è ancora in mano della borghesia e negate il valore delle armi nelle mani del proletariato. Certo se Franco riesce a schiacciare il proletariato queste conquiste sono nulle.

Ma ammettiamo che Franco faccia la fine di Kornilof, che Caballero voglia fare il Kerenski togliendo la terra ai contadini, scacciare i proletari dalle fabbriche, allora vedremo se le armi in mano dei proletari avranno un valore o meno. Il proletariato spagnolo si è messo in questo cammino, deve fare la propria esperienza. Non parlateci di analogia fra il movimento cinese del 1927 e il movimento di Spagna. In Cina la lotta fra generali, il movimento rivoluzionario di Shangai e di altre città viene schiacciato per compiere la rivoluzione così detta nazionale. Qui abbiamo il tradimento del P.C. che si fa complice e partecipa al disarmo e allo schiacciamento del proletariato dei centri industriali della Cina. In Spagna un attacco brutale della reazione capitalista contro il proletariato. Risposta del proletariato, costituzione di milizie proletarie indipendenti e sotto il controllo delle rispettive organizzazioni politiche. Bisogna tener conto che il proletariato spagnolo sente di essere isolato internazionalmente e questo non è certo un aiuto.

Se si fosse visto circondato da un movimento di solidarietà rivoluzionaria internazionale dei proletari internazionali è certo che si sarebbe sentito più forte e avrebbe avuto meno esitazioni sapendo che avrebbe potuto contare su questi proletari. Solo una complicazione internazionale potrebbe spostare completamente il significato della lotta attuale. In caso che i due imperialismi rivali intervenissero in Spagna, il che provocherebbe una conflagrazione mondiale, il dovere dei rivoluzionari sarebbe  di opporsi sia all'uno che all'altro degli imperialismi e dichiarare che la guerra sarebbe una guerra imperialista e che il proletariato non può accettarla sotto nessuna forma e che la guerra della democrazia contro il fascismo non è che una turlupinatura.

 

LA MINORANZA DELLA FEDERAZIONE PARIGINA

 

Prometeo, n. 138, 1° Novembre 1936