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archivio > Lettere di Bordiga>17. Articoli di "Prometeo" sulla guerra di Spagna (Prometeo, n. 140, 20 dicembre 1936)

aggiornato al: 18/09/2009

Prometeo, n. 140, dicembre 1936

Continuiamo con la pubblicazione degli articoli di  Prometeo dedicati alla guerra di Spagna. Tocca ora, seguendo la linea cronologica che abbiamo adottato, al n. 140 del dicembre 1936. Pensiamo che questo numero occuperà tre nostre puntate.

 

 

17

 

All’intervento del capitalismo mondiale che fa degli avvenimenti spagnoli una fase della guerra imperialista, risponda l’intervento degli operai di tutti i paesi, Spagna compresa, colla lotta contro la propria borghesia

 

 

 

La lotta contro il fascismo

 

Una delle obbiezioni che hanno più presa presso i proletari meno inclini alla riflessione, è la seguente: ma infine, mentre in Ispagna i proletari rischiano la loro vita per contrastare il passo al fascismo; mentre un accordo è stato realizzato con repubblicani, socialisti, centristi, anarchici, per battere il fascismo, la stampa della vostra frazione non ha come unica preoccupazione che quella di demoralizzare il “fronte dei combattenti”, di criticare quei partiti che pertanto fanno il loro dovere poiché sono essi che dirigono le legioni dei proletari armati e che hanno potuto arrestare l’avanzata fascista di fronte a Madrid. Quale è dunque il vostro apporto alla lotta contro il fascismo?

Una grande confusione è alla base di questa critica, ed essa consiste nel mettere sullo stesso piano due cose che sono profondamente opposte l’una all’altra: da una parte i partiti e le differenti organizzazioni, dall’altra le masse. Un esame anche rapidissimo degli ultimi avvenimenti spagnoli permette facilmente di rendersi conto della costanza e della violenza di questa opposizione. In febbraio, vittoria clamorosa del Fronte Popolare, costituzione di un governo antifascista e spostamento progressivo verso la formazione di governi a tendenza sempre più accentuata di sedicente lotta contro il fascismo. Quale ne è stato il risultato? Lo scatenamento dell’offensiva di Franco nel Luglio. Ed a questo momento, la preoccupazione essenziale del governo è stata quella di arrivare rapidamente ad un accordo con la destra, e non è certamente dipeso da Azana se il ministero Barrios non ha durato che qualche ora. Successivamente, quando la guerra di fronte ha avuto inizio e si è sviluppata, quale è stata la preoccupazione costante dei governi di Madrid e di Barcellona? Quella di lasciare sempre al fascismo l’iniziativa nei differenti attacchi e di lasciargli conquistare settore per settore, senza mai disturbarlo laddove esso era costretto di sguarnire per portare altrove il suo attacco. Quando l’ora dell’offensiva su Madrid è scoccata, il ministero Caballero, che era stato completato giusto alla vigilia dai rappresentanti anarchici (il POUM, malgrado le sue offerte, non fu giudicato necessario) si spostò a Valenza, tanto esso era sicuro che in qualche giorno l’affare sarebbe stato liquidato a vantaggio dei fascisti.

Gli avvenimenti sono là a provarlo in modo inequivocabile: come in Italia, come in Germania, la sinistra democratica ha un ruolo politico ben preciso e che consiste a preparare il letto del fascismo. Se ci si chiede perché e come essa vi arrivò, la risposta è estremamente semplice. Essa vi arriva perché rappresenta gli interessi della stessa classe capitalista di cui è espressione il fascismo, e prepara il letto al fascismo attraendo le masse sotto il controllo di quella macchina statale borghese che, ad un certo momento della sua evoluzione, è costretta a girare nella direzione di una vittoria del fascismo.

Passiamo ora a considerare le masse. Queste, prima del Febbraio, come nel Luglio e dopo, rappresentano l’unico reale nemico del capitalismo e perciò stesso del Fronte popolare e del fascismo. Da cinque anni esse sono state sottoposte ad un terrore accanito da parte dei governi di sinistra e di destra, di quelli di Azana, di Samper, di Lerroux, di Gil Robles, di Caballero. Nel 1931-32, queste masse hanno scatenato dei movimenti di classe colossali: nel 1934, l’insurrezione delle Asturie e, nel Febbraio scorso, malgrado la lunga opera violenta di repressione del nemico, esse non erano ancora sufficientemente scompaginate per passare ad un attacco frontale contro di esse. Non più capaci di scatenare dei movimenti di classe della forza di quelli del 1931-32, le masse erano tuttavia ancora troppo forti perché il capitalismo potesse osare l’attacco decisivo del fascismo. Cinque mesi di governo del Fronte Popolare saranno sufficienti a Franco per preparare e scatenare la sua offensiva, e quando i complici credevano di poter rapidamente regolare l’affare attraverso un passaggio di potere dalla destra alla sinistra, quello che ha imbrogliato le carte è lo sciopero generale, l’insurrezione spontanea degli operai di Madrid ed a Barcellona, sovratutto. Malauguratamente, il proletariato senza un partito di classe non può assicurare ai suoi movimenti che un tempo estremamente limitato. Quando, nel duello Stato borghese-partito di classe proletario, quest’ultimo elemento manca, allora inevitabilmente la vittoria spetta al primo contendente e le masse diventano prigioniere del nemico. Chi ha dunque dato l’ordine della cessazione dello sciopero generale, se non quelle stesse forze che hanno simultaneamente chiamato i proletari ad avere fiducia nei governi capitalisti di Madrid e di Barcellona? Da che cosa sono sorti i fronti territoriali di Saragossa, delle Asturie, di Madrid? La risposta degli avvenimenti è inequivocabile: dalla cessazione dello sciopero generale. Se questo avesse durato in tutti i centri dove gli operai avevano vinto, la conseguenza inevitabile sarebbe stata che gli operai avrebbero proseguito nella stessa via passando alla distruzione dello Stato capitalista, mentre laddove il fascismo non era ancora stato vinto, è sulla stessa linea che gli operai si sarebbero sforzati di ricongiungersi ai loro fratelli vittoriosi delle altre località. La regola di lotta che è stata illustrata da esperienze, ormai si sarebbe manifestata infine vittoriosa: per battere il capitalismo di Saragossa, dove gli operai sono stati sconfitti, occorre combattere contro il capitalismo di Barcellona dove i proletari non sono ancora stati battuti.

Invece? Quelle stesse forze che avevano dato l’ordine di cessare lo sciopero, prendono la testa della guerra al fronte e la conducono nelle condizioni che dovevano permettere un gigantesco massacro di vite e di energie proletarie. Anche nell’ipotesi, disgraziatamente molto poco probabile, che Franco fosse licenziato dal capitalismo, le decine di migliaia di proletari uccisi in Ispagna rappresenterebbero di già un colossale affare ottenuto dalla borghesia attraverso l’azione solidale del fascismo e dei governi di sinistra dove collaborano anarchici e POUM. Hitler e Mussolini non hanno ottenuto in così breve tempo uno sterminio simile di proletari.

Esiste dunque una opposizione non solamente di intenzioni e di funzione politica fra Fronte Popolare e loro annessi da una parte e le masse dall’altra, ma un contrasto violento fra terreno dove si combatte per il socialismo e terreno dove si difende la causa del capitalismo anche se si brandisce la bandiera rossa  o quella nera anarchica. Solo quando le masse riescono a sottrarsi all’impresa del Fronte Popolare per restare sul loro terreno di classe, esse sono in grado di battere il capitalismo e la sua espressione più cruenta: il fascismo. Quando esse restano vittime dell’inganno del Fronte Popolare, esse diventano altresì prigioniere del fascismo. Votano in febbraio per il Fronte Popolare? Il risultato è l’attacco di Franco del Luglio, preparato sotto la direzione dei ministri militari di sinistra. Escono dalle briglia dei traditori a Barcellona ed a Madrid ed ottengono la loro vittoria perché costruiscono la loro diga di classe. Dipoi sono nuovamente attratte nel campo nemico attraverso la lotta del fronte ed esse sono massacrate dal nemico.

La nostra frazione non può fornire un apporto alla lotta contro il fascismo che sul terreno cioè della lotta di classe contro il capitalismo. Se essa dicesse ai proletari che è possibile di combattere contro il fascismo cessando sia pure per un istante la lotta contro il capitalismo, commetterebbe in realtà un atto di tradimento contro le masse. E che questo sia, la prova se ne è avuta in Ispagna. I dirigenti anarchici e del POUM, i quali hanno sollevato la bandiera della necessità di rinviare la lotta sociale a domani, quando cioè sarebbe stato battuto il fascismo, hanno interdetto la nostra stampa e non hanno celato le loro intenzioni di passare a misure ben più gravi contro la nostra propaganda.

Ai proletari, anche ai meno disposti a riflettere sulle sorti della loro classe, noi poniamo a nostra volta questa domanda. Se è vero che il fascismo è l’espressione più violenta del capitalismo, perché mai la lotta contro il capitalismo dovrebbe rappresentare un pericolo per la lotta contro il fascismo? O che non è tragicamente logico questo contegno del blocco delle forze che vanno dai repubblicani, fino al POUM ed agli anarchici compresi, blocco che, per il fatto di essere alla testa di uno Stato borghese, solleva la necessità di sospendere le ostilità contro il capitalismo? Quale ne può essere il risultato? Che anche nell’ipotesi di un licenziamento di Franco, il capitalismo spagnolo avrà rasato al suolo le migliori energie proletarie e potrà riconfidare ai Caballero la missione di reprimere con la violenza ogni movimento di classe.

Come molte volte, ma stavolta con il terribile linguaggio di cimiteri di proletari, il Manifesto dei Comunisti è pienamente confermato: non si combatte per la classe operaia che su un fronte di classe proletario, sollevare la bandiera socialista nel campo nemico è compiere un mandato del capitalismo che realizzerà così le migliori condizioni per massacrare i proletari, per rafforzare il suo regime.

 

 

 

 

 

Mentre i proletari spagnoli muoiono per la democrazia borghese

 

Da quattro mesi, giorno dopo giorno, centinaia di operai e contadini cadono in Ispagna: sui fronti di Madrid, d’Aragona, della Biscaglia, delle Asturie, la mitraglia falcia, senza mora, masse di sfruttati che per una tragica aberrazione hanno confidato la difesa dei loro interessi alle forze del capitalismo.

Quattro mesi di massacri e neppure la più piccola possibilità di compenetrare il cervello di militanti della sanguinosa chiarezza degli avvenimenti. Più la situazione si evolve e più si moltiplicano le manovre per sviare, ingannare, mantenere gli operai nella fossa che le forze del Fronte Popolare non fanno che approfondire.

Noi non abbiamo oggi nessuna esitazione nell’affermare che i lavoratori spagnoli muoiono per il capitalismo, come ieri non abbiamo esitato ad affermare che in Spagna non esisteva la rivoluzione, ma la guerra borghese. Eppure le forme della lotta Caballero-Franco erano meno cristallizzate di quello che lo sono attualmente.

Pochi restano che, colla ex-minoranza della nostra Frazione, osino ancora pretendere che, dopo l’intervento aperto dell’Italia, della Germania e della Russia, non si tratti di una fase della guerra imperialista mondiale che si guerreggia in Ispagna. C’è chi maschererà questa crudele verità  colla fraseologia antifascista, ma prima o poi i vari Nenni, Deutsch, Alveyro, dovranno finire per ammetterla in modo chiaro.

Tale è la realtà delle cose. Ma anche in Spagna bisogna fino all’ultimo momento fare sussistere l’illusione degli operai che credono di morire per la loro causa. I social-centristi opinano che la situazione sia abbastanza matura e che i proletari abbiano sufficientemente evoluto da poter impiegare dei metodi nettamente borghesi, perché l’intervento della Russia ha aumentato, nel tempo stesso che il suo peso specifico negli avvenimenti, la confusione fra le masse. Anarchici e il POUM lottano per mantenere la facciata “socialista” e che le necessità della guerra demoliscono senza considerazione alcuna.

In questo antagonismo è contenuto un elemento di disgregazione del fronte antifascista sul quale specula Franco, forse più che sulla sua forza armata. Dissolvere questo antagonismo diviene così difficile come modificare la funzione rispettiva delle differenti organizzazioni che agiscono nel seno del proletariato. Gli anarchici o il POUM non si possono trasformare in partiti social-centristi o accettarne integralmente il loro programma, pena di liquidarsi in seno alle masse. Da parte loro, i social-centristi sono oggi sostenuti dalle frazioni borghesi più attive, le stesse che aiutavano ieri la C.N.T. ed il POUM.

Nel settembre, quando si formò il governo della Generalità in Catalogna, la situazione permetteva un compromesso fra tutti i partiti, perché nessuno di essi sfuggiva alla necessità – neppure i partiti borghesi – di assumere pose ultrarivoluzionarie.

Oggi, che la battaglia di Madrid ha lacerato il velo e che l’intervento degli altri paesi si effettua con ritmo accelerato, il tono della canzone può cambiare, tanto più che gli anarchici si sono imprigionati nel governo di Caballero.

Alla guerra come alla guerra. Le frasi rivoluzionarie saranno relegate in soffitta e la Catalogna assisterà alle ultime illusioni e mistificazioni. I centristi scateneranno una campagna a fondo contro i “trotskysti” del POUM. Questi protesteranno alla loro volta contro il ricatto della Russia che impedisce la loro partecipazione alla giunta borghese di Madrid e si difenderanno energicamente contro la taccia di trotskysti.

Perché sono attaccati i “poumpisti”, che pur partecipano lealmente al governo della Generalità ed adempiono fedelmente ai loro doveri di “antifascisti”? Perché il POUM non ha compreso che era al rimorchio degli avvenimenti. Bisogna che modifichi il suo linguaggio oggi divenuto inutile e pericoloso. Se il POUM fosse stato solo un po’ rivoluzionario, avrebbe profittato dell’occasione per uscire dal governo, rompere il fronte antifascista ed indirizzare gli operai verso la ripresa delle lotte di classe.

Ma il ricatto dei centristi è riuscito a meraviglia. La “Batalla” del 5 dicembre contiene la ritirata piena del POUM che si aggrappa, mani e piedi, alla Generalità. Il fronte antifascista è il governo, e protesta contro i centristi che vorrebbero escluderlo. Fortunatamente che la C.N.T. vorrà ben difendere il portafoglio di Messer Nin, perché si troverà il suo interesse per controbilanciare l’alleanza sempre più manifesta dei centristi con le frazioni borghesi.

L’evoluzione della situazione in Catalogna, aiutata potentemente da Valenza, sarà risentita dalla borghesia che getterà un primo colpo di sonda. Non è già suonata l’ora di sfruttare il malcontento di strati proletari verso lo stato permanente di guerra? Potrebbe già proclamarsi uno Stato autonomo di Catalogna che faciliterebbe la vittoria di Franco contro Madrid?

Come è risaputo, il “complotto” autonomista fu denunciato dagli anarchici, ma su di esso regna la più completa oscurità. Come sono andate le cose? È difficile saperlo. Ma gli articoli della “Solidaridad Obrera”, “dell’“Estat Catalan” (organo dei separatisti borghesi), mostrano da una parte il timore degli anarchici di vedere instaurare uno Stato che porrebbe fine alla loro influenza e di vedere i separatisti sfruttare a tale fine le difficoltà della guerra e, d’altra parte, il tentativo della borghesia di minare il terreno per arrivare ad una rapida soluzione. L’“Estat Catalan” sfrutta gli elementi della situazione anche per questo. Dopo la riunione delle Cortès a Valenza, a proposito della quale gli anarchici furono molto riservati ed i loro ministri non vi parteciparono, condusse una campagna per convocare il parlamento catalano per ristabilire del tutto la legalità borghese un poco intaccata in questi ultimi tempi. Frattanto “Treball”, l’organo dei centristi Catalani ricominciava la sua campagna contro il POUM e specialmente contro il suo ministro accusandolo di parzialità nella spartizione del denaro alle organizzazioni operaie. La risposta del POUM alla rinnovata campagna per escluderlo dal governo fu la stessa: mantenere l’unità d’azione colla sua partecipazione al governo.

Ma l’8 dicembre, la “Batalla” ci informa che una disposizione della sezione di Difesa della Generalità mette in vigore il decreto di Madrid del 24 ottobre riguardante la militarizzazione delle colonie. Tutte le polemiche tra anarchici, POUM, centristi nei rispetti dell’esercito, si risolve dunque, sotto la pressione degli avvenimenti che lavorano per le tesi centriste. La guerra borghese deve essere fatta da eserciti borghesi. Anche se si sopprime la parola “borghese” le forme ed i metodi sono gli stessi.

La crisi nel contempo è aperta fra i differenti partiti “antifascisti” della Catalogna. I centristi ed i partiti borghesi che hanno la maggioranza nel governo catalano – curioso governo “operaio” senza dubbio – desidererebbero un governo forte, un governo di pieni poteri. Perciò è necessario l’adesione degli anarchici e l’eliminazione del POUM. Parallelamente per rafforzare fra le masse la necessità di un governo forte, non obbligato di vivacchiare alla giornata con continui compromessi, i centristi e qualche frazione borghese hanno iniziato una campagna: Perché non si attacca in Aragona? Sul fronte basco il governo nazionalista borghese ha iniziato la sua offensiva e nell’Aragona non ci si muove. Gli è perché a Bilbao esiste un governo “forte” che ha trasformato le milizie in un esercito a carattere professionale.

Si sa che sui fronti di Aragona domina la C.N.T. e che le forze del POUM ci si trovano quasi al completo. La “Solidaridad Obrera” si è vista obbligata a rispondere al duplice problema posto. Gli anarchici rifiutano momentaneamente – fino a quando? – di accettare un governo di dittatura. Forse temono di mettersi così completamente in balia della Russia. Vorrebbero che si facesse meno politica e più seriamente la guerra. Riguardo finalmente il fronte di Aragona, la duplice risposta della C.N.T. ci fanno comprendere molte cose. Gli anarchici si indignano e ribattono che se non si attacca in Aragona – ciò che indebolirebbe la pressione nazionalista contro Madrid – la colpa è di Valenza, di Caballero, dei ministri centristi.

La “Batalla” sarà più esplicita e ci farà comprendere che Valenza fa del ricatto. Caballero vorrebbe trasformare le colonne catalane in un esercito professionale. Di fronte alle difficoltà frapposte, rifiuterebbe di aiutare le truppe di Aragona.

È questa forse la causa della promulgazione, l’8 dicembre, del decreto di creazione di un esercito catalano che riproduciamo in altra parte.

Il POUM si appoggia disperatamente alla C.N.T. di cui ne sposa le posizioni solo affacciando timidamente la rivendicazione di un “governo operaio”. E sembra che gli anarchici abbiano preso le difese del POUM in nome del mantenimento del fronte antifascista.

Inutile aggiungere che la lotta proletaria non ha nulla a che vedere con queste diatribe tra i partiti del tradimento. Tutti concorrono infatti a far sì che gli operai continuino a gettare le loro vite per il capitalismo, e contro tutti questi partiti gli operai dovranno condurre le loro battaglie rivendicative e far rinascere la lotta di classe che sola potrà infrangere gli odierni fronti territoriali e permettere ai proletari di sventolare il vessillo della rivoluzione proletaria.

 

 

PROMETEO,  ANNO VIII,  N. 140,  20 DICEMBRE 1936