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archivio > Articoli su Bordiga>Gianfranco Berardi, Inflessibile Bordiga (L'Unità, 24 luglio 1990)

aggiornato al: 19/11/2007

L'Unità, 24 luglio 1990

Questo articolo apparso su «L'Unità» esattamente a 20 anni dalla morte di Bordiga (morì il 24 luglio 1970) merita qualche commento. L'articolo non è scorretto, non si discosta molto da altri dei quotidiani borghesi più noti (che abbiamo già inserito); Bordiga vi viene addirittura definito «fiero comunista».

Siamo nel 1990 ed ormai il Pci è in via di scioglimento e non si riconosce più «L'Unità» di un tempo.

Quel giornale che negli anni trenta e quaranta parlava di Bordiga come di una spia fascista, consuetudine che continua anche negli anni cinquanta sotto la spinta di Togliatti che dava indicazioni sul tipo di questa: «guardarsi naturalmente dall'esporre obiettivamente le famigerate dottrine bordighiane. Farlo esclusivamente in modo critico e distruttivo»,  quel giornale che in un articolo dopo la morte di Bordiga, per la penna di Arturo Colombi[L'Unità del 31 ottobre 1970] scriveva ancora che: «Bordiga non ha dato nessun contributo valido alla elaborazione teorico-politica ed organizzativa del partito».

Nello stesso numero di «L'Unità» che riporta questo articolo è riportata anche una conversazione con Antonietta De Meo che inseriremo nei prossimi giorni.

 

 

Inflessibile Bordiga

 

A vent'anni dalla morte del primo segretario del Pcd'I, espulso nel '30 con l'accusa di trozkismo. Un libro sulla sua presenza a Mosca, le divergenze con Stalin e il giudizio sull'Unione Sovietica.

 

Amadeo Bordiga contro Giuseppe Stalin. Lo scontro, un clamoroso faccia a faccia provocato indirettamente da Togliatti di fronte alla delegazione del Partito italiano, avvenne a Mosca il 22 febbraio del 1926 non molto tempo dopo il XIV Congresso del partito russo che aveva segnato la sconfitta di Zinoviev e di Kamenev sulla questione della alleanza con i contadini e sulla possibilità di edificare il socialismo in Russia senza l'apporto di una rivoluzione nei paesi occidentali.

Bordiga faceva parte della delegazione italiana al 5° plenum dell'esecutivo Allargato dell'Internazionale e la delegazione comprendeva tra gli altri Togliatti, Grieco, Berti ma non Gramsci.

Mosca aveva chiesto che il Plenum non discutesse la questione russa, cioè le lotte che dilaniavano il gruppo dirigente bolscevico al centro delle quali era ormai netto lo scontro fra Trotzki e Stalin. Bordiga non se ne dette per inteso e alla riunione preparatoria della delegazione italiana pose subito quesiti cruciali: «Dove va la Russia? Quali sono i caratteri della sua economia? Procede la Russia verso il socialismo o si arresta in questo processo?» Su iniziativa di Togliatti, Stalin decise di ricevere la delegazione italiana per chiarire le posizioni prima del plenum. Di tale riunione esiste il verbale, pubblicato da Giuseppe Berti e ampiamente citato nel secondo volume della «Storia del Pci» di Paolo Spriano e nelle «Origini dello stalinismo nel Pci» di Ferdinando Ormea. Ecco un passo del verbale:

Bordiga: «Allo scopo di precisare la questione delle prospettive chiede se il compagno Stalin pensa che lo sviluppo della situazione russa e i problemi interni del partito russo sia legata allo sviluppo del movimento proletario internazionale».

Stalin: «Questa domanda non mi è mai stata rivolta. Non avrei mai creduto che un comunista potesse rivolgermela. Dio vi perdoni di averlo fatto!».

Bordiga: «Il compagno Stalin dica allora che cosa accadrà in Russia se non si verifica oltre un certo periodo di tempo la rivoluzione proletaria in Europa»

A quest'ultimo quesito Stalin risponde che se l'Urss saprà bene organizzare la propria economia svilupperà con essa la rivoluzione e aggiunge: «Il programma del nostro partito dice che noi abbiamo il dovere di diffondere la rivoluzione nel mondo e noi lo faremo. Non è affatto escluso che se la borghesia non ci attacca prima, saremo noi costretti ad attaccarla».

Ma Bordiga non si accontenta e pone un problema di correttezza democratica. Perchè mai il plenum dell'esecutivo Allargato non dovrebbe discutere delle questioni russe? Se non si deve discutere di tali questioni - fa notare - deve essere l'Allargato a deciderlo.

Sul piano del metodo il punto è assai dolente. «Da un punto di vista formale di procedura - ammette Stalin - è vero che non è del tutto regolare che l'Allargato non decida esso stesso di non affrontare la questione russa, ma bisogna badare alla sostanza delle cose». E più avanti chiarisce, in ... modo apertamente ricattatorio, in che cosa consista tale sostanza. Se si riaprono le questioni russe nell'Allargato, fa sapere Stalin, allora dovremo mettere in minoranza l'opposizione nell'Internazionale, cioè «togliere dalla direzione dell'Internazionale il compagno Zinoviev».

Spriano ha commentato questo passo di Stalin scrivendo che «la brutalità sostanziale della replica non è nuova». Per questo abbiamo parlato di «punto dolente» nel senso che le questioni di procedura (in apparenza solo formali, ma nella sostanza questioni di democrazia) venivano apertamente sottovalutate se non disprezzate fondando così una tradizione che avrà vita lunga nei paesi comunisti. Ancora nell'ottobre del 1947 infatti nel corso della riunione della direzione del Pci in cui si discusse la «svolta polacca» con l'adesione al Cominform, a Umberto Terracini che, con puntiglio, aveva rilevato come una correzione di linea tanto seria fosse stata imposta come un fatto compiuto senza una discussione in Comitato centrale, fu rimproverato da molti (e da Togliati con durezza) di porre mere «questioni di procedura».

Il problema che poneva Bordiga almeno sul piano del metodo era molto simile a quello posto da Terracini nel 1947. Era il tema della «preponderante autorità del partito russo» che Amadeo aveva già sollevato nel 1924 al V Congresso dell'Internazionale. Se la linea dell'Internazionale muta continuamente - aveva allora argomentato - la disciplina diventa un fatto arbitrario. In tal caso, aveva concluso nel suo linguaggio fiorito, possono scegliersi un altro grammofono perchè io non sono una marionetta.

Così alla riunione dell'Allargato svoltasi il giorno dopo lo scontro con Stalin, egli rincarò la dose. La «vecchia guardia» leninista è divisa, constatò Bordiga. E allora la soluzione può essere solo quella di «basarsi su tutta l'Internazionale, su tutta l'avanguardia proletaria mondiale». la nostra organizzazione, aggiunse, è simile «ad una piramide, ed essa deve esserlo perchè da tutte le parti si deve confluire ad una cima comune» ma questa piramide riposa sulla sua cima (il partito russo) e perciò «il suo equilibrio è instabile: bisogna capovolgerla». Come non pensare alla famosa lettera scritta da Gramsci per conto del partito italiano al Comitato centrale del Partito russo?

E, d'altra parte, al di là delle diverse posizioni di prospettiva che dividevano profondamente Bordiga dal nucleo dirigente del Pci anche rispetto alle questioni russe, va ricordato che la vigilia del VI Congresso dell'Internazionale comunista, svoltosi a Mosca nel 1928, quando anche Bucharin ormai guardava Stalin come a un «intrigante senza principi», Togliatti (secondo la lettera di un corrispondente di Trotzky) si sarebbe ricordato in qualche modo delle critiche di Bordiga. Confidandosi a Mosca con tale corrispondente, Togliatti avrebbe detto: «Sono tremendamente preoccupato. Veramente non so che fare, che dire e come agire per cambiare la situazione. E' un peccato che Bordiga non sia qui. Egli avrebbe svolto un grande ruolo storico. Avrebbe detto la verità a tutti noi». Ma Bordiga era al confino. Una parte del quale vivrà in profonda amicizia con Gramsci. Due anni dopo nel 1930 sarà espulso dal Pci e proprio su proposta di Togliatti.

Questo scontro Bordiga-Stalin, peraltro già noto, è solo un episodio sia pure significativo della biografia politica di questo fiero comunista  che fondava le sue certezze sulla «incrollabile verità del processo rivoluzionario» iniziato nell'ottobre del '17 e che Lenin ebbe a collocare fra gli «estremisti infantili». Ma la sua opposizione a Stalin non superò mai i limiti della più intransigente e ferrea tradizione comunista. Basti pensare che la sua ultima significativa opera, dedicata alla «Russia d'oggi», edita nel 1966, si concludeva affidando le speranze dei lavoratori ad un «unico partito», un partito che doveva avere per motto «chi non è con noi è contro di noi»  e che doveva strutturarsi come un «unico potere da conquistare e maneggiare alla stessa stregua contro tutte le forze opposte, contro tutti i dissensi, compresi quelli ideali».  Ogni altra strada, ammoniva Bordiga, era frutto di quella «scemagenia che si nutre di debolezze democratiche e liberali».

E tuttavia in un opuscolo intitolato «Sul filo del tempo», egli giunse a formulare per il marxismo questa duplice e secca prospettiva: «L'integrale alternativa in cui crediamo, in cui dobbiamo e vogliamo credere, ha avuto tutti i dati per formarsi e descrivere un corso di secoli che dovrà verificarla e ribadirla dopo lotte smisurate. O questa posizione resterà valida, o la dottrina sarà convinta di falso e la dichiarazione di apparizione di una nuova classe, con carattere, programma e funzione rivoluzionaria sua propria nella storia, sarà stata data a vuoto».

 

Gianfranco Berardi

 

L'Unità, 24 luglio 1990