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archivio > Saggi e inediti>Domenico Ferla: divagazioni su alcune tematiche bordighiane (Bologna, giugno 1996)

aggiornato al: 16/11/2007

Bologna 14-15 giugno 1996

Il testo che qui presentiamo è la trascrizione della relazione tenuta da Domenico Ferla all' «Incontro di studio su Amadeo Bordiga» che si tenne a Bologna il 14 e 15 giugno del 1996.

Esso non è contenuto (come altre relazioni) nel volume che, curato da Luigi Cortesi, raccolse gran parte degli interventi [Amadeo Bordiga nella storia del comunismo, E.S.I., Napoli, 1999] e questa è la prima occasione in cui viene riproposto. Facciamo questo con piacere e soddisfazione tanto più che riproporre questo materiale è stato uno dei motivi che ci hanno spinto all'apertura del "sito".

Ringraziamo chi ci ha fornito la registrazione e Domenico e Rosetta che hanno rivisto la trascrizione.

 

Domenico Ferla:

«Divagazioni su alcune tematiche bordighiane»

 

 

Relazione tenuta a Bologna nel giugno 1996 nel corso dell'incontro di studio su Amadeo Bordiga

 

 

Sicuramente tutti i presenti a questo Convegno rientrano nella categoria di quello scarso, scarsissimo numero di persone che amano Bordiga, che lo hanno letto, che lo hanno scoperto, che lo leggono ancora dopo tanto tempo, ognuno interpretandolo a modo suo ma comunque amando questa personalità e conoscendo i suoi scritti. Quindi sicuramente tutti saranno d'accordo nel ritenere una bellissima notizia questa che è stata data all'inizio del Convegno circa la pubblicazione degli scritti di Amadeo Bordiga di cui sta per uscire il primo volume 1911-1914. Io sono rimasto contentissimo, sono uno di coloro che amano Bordiga da molto tempo pur non facendo più parte di nessuna organizzazione o di nessuna corrente, avendo preso una strada traversa anche diversa che però per me non ha mai significato nessun rinnegamento. Se  potessi rifare quello che ho fatto lo rifarei di nuovo anche se ho cercato un'altra strada. Quindi penso che si dovrebbe esprimere da parte di questo convegno, come voto generale, l'auspicio che questa edizione degli scritti di Bordiga si possa realizzare e che sia sottoposta, come pare che sia, vedendo la presentazione, a quello che Kant chiamava "il controllo dei dotti", cioè ad un controllo imparziale di persone riconosciute "dotte", cioè riconosciute al di sopra di pregiudizi e che diano una garanzia che questa pubblicazione riguardi non solo gli scritti fino al 1926 ma finalmente anche gli scritti successivi. Penso sia giusto dire che essi non possono essere monopolio di nessuno, perchè se noi oggi siamo qui a fare questo Convegno e a parlare di Bordiga (coloro che hanno fatto quell'esperienza lo sanno) è perchè c'è stata una sconfitta perchè se le cose fossero andate come Bordiga prevedeva e credeva  che dovessero andare, perchè la sua era anche una fede e lo disse molte volte, noi faremmo altre cose e non ci sarebbe mai stata la questione di pubblicare gli scritti di Bordiga con il suo nome o senza nome. Sta di fatto che quando nel 1964 uscì quel volume dell'Editoriale Contra prefato da Giorgio Galli ci fu nell'organizzazione di programma comunista  l'idea di fare un processo legale a questi compagni (e quindi anche al prefatore in questo caso) rivendicando i diritti di proprietà i quali diritti di proprietà, fino a prova contraria, fino ad allora, erano ancora i diritti di Amadeo Bordiga il quale Amadeo Bordiga, chiamato in causa come personalità giuridica, disse che lui mai e poi mai sarebbe andato a fare la causa a nessuno. Quindi ciò che non fece Amadeo Bordiga tanto meno può pretendere di farlo chi è stato sicuramente un suo collaboratore ma giustappunto il suo posto sarebbe di venire a dire la sua e di riconoscere questa comune iniziativa per la pubblicazione, finalmente critica, senza pregiudizi, tagli, omissioni o aggiunte varie come è stato fatto altre volte in modo che Bordiga diventi finalmente un autore che si possa leggere come si leggono gli altri e non sia più monopolio dell'uno contro l'altro. Questo dovrebbe essere il significato del Convegno; con un controllo che richiede una questione di cultura.

La prima divagazione mia intorno ad Amadeo Bordiga riguarda la questione della cultura ed il rapporto tra Bordiga e la cultura. E' stato detto sempre che Gramsci rappresenta la cultura mentre Bordiga è fuori dalla cultura. Si, sarà stato anche una persona intelligente, era un ingegnere, non era un analfabeta però non fa parte della cultura; un bordighiano ortodosso potrebbe dire: meno male, giusto, ma la questione è diversa.

Per noi che siamo qui il comunismo è Bordiga o in gran parte almeno, ma questa è un'opinione di pochi tifosi che non incidono assolutamente ancora oggi sulla cultura politica italiana; questo non è riconosciuto. Però noi diciamo che il comunismo in Italia è soprattutto Bordiga ma se riconosciamo ciò perchè non attribuire valore anche a tutto il mondo culturale di Bordiga, quale si è espresso nei vari rami del sapere: filosofia, scienza, religione, arte, ecc., ecc.  Bordiga prima di tutto è il rappresentante di un'altra cultura, con i suoi limiti certo, non riconoscendo a volte quelli che sono più o meno dalla sua parte, ecc. Però rappresenta un'altra cultura. Nessuno ha mai pensato di dire chi c'era in questo partito comunista d'Italia. Va bene, c'erano i rappresentanti delle tre correnti, Bordiga, Gramsci e Tasca, la sinistra, il centro e la destra ma c'erano anche delle persone strane. Intanto Secondino Tranquilli che poi divenne Ignazio Silone. Se Ignazio Silone nel 1920 è così ferocemente bordighiano ci sarà stato un motivo, era lì comunque in questo piccolo partito. Bordiga non ha mai fatto politica culturale ma questo non vuol dire che non ci sia invece, proprio per questo motivo, un legame molto profondo con la cultura tanto più profondo proprio perchè Bordiga non ha mai fatto politica culturale.

In questo partito si trova una figura come quella di Zino Zini. L'unico libro non politico pubblicato dalla libreria editrice del partito comunista d'Italia che aveva pochissimi soldi e pubblicò pochissimi titoli fu Il congresso dei morti di Zino Zini. Se fu pubblicato evidentemente c'era una richiesta, una richiesta sia da parte dei compagni del partito comunista d'Italia sia anche all'esterno di questo stesso partito. Era un libro che aveva avuto una enorme risonanza, che era stato pubblicato a puntate su Il grido del popolo e che era poi stato distrutto dai fascisti con particolare accanimento perchè era la massima offesa al patriottismo ufficiale, all'ideologia ufficiale del massacro della grande guerra, ultima guerra patriottica che chiudeva gloriosamente il risorgimento, ecc., ecc.. Era una contrapposizione totale fatta da un filosofo, un filosofo che prima del 14 cercava una sintesi tra Marx, Nietzsche e Schopenhauer, un filosofo a cui, contro la protesta di un altro grande filosofo eliminato dalla cultura italiana Piero Martinetti, fu negata la cattedra all'Università perchè era socialista.  Poi fu insegnante al D'Azeglio e quindi conobbe tutta la crema del dazeglismo torinese, Bobbio e tutti gli altri, tutti dazeglini insomma che però non parlano di Zino Zini il quale Zino Zini era sicuramente la persona più colta che ci fosse nel partito comunista d'Italia. Chi va a vedere in una biblioteca i suoi libri vede che era un filosofo vero, un grande scrittore anche, scrisse cose pubblicate da Einaudi e mai più ripubblicate per questa censura che calò dopo il 1945 e che fu peggiore di quella fascista perchè, questa è una questione di cultura, la censura dell'antifascismo è stata peggiore di quella fascista.

[Qui c'è una interruzione]

Ritornando alla cultura e a Zino Zini: perchè la cultura di sinistra non ha mai ripubblicato questo libro Il congresso dei morti? E' un libro capitale della letteratura italiana e anche della storia politica italiana. In questo libro sulla prima guerra mondiale Zini immagina che i morti vadano nell'al di là, che ci sia uno sconvolgimento nell'al di là perchè sono inondati dai morti che arrivano dalla prima guerra mondiale, cosa che non era mai capitata prima per cui il regno dei morti stabilisce di fare un Congresso per capire come mai si è arrivati a questo punto e allora lì parlano le vittime e i boia della storia e si conclude con il proletariato, con la rivoluzione, con l' "ordine nuovo" che per Zino Zini aveva un significato molto diverso dall' "Ordine Nuovo" di Gramsci. La sua idea di ordine nuovo era sostanziata di fondamenti morali, religiosi e filosofici che in Gramsci mancavano. Ecco perchè Zino Zini è sparito dalla cultura italiana perchè è una delle figure più importanti dell'ordine nuovo che dà ombra alla truffa ideologica del gramscismo e del marxismo all'italiana senza che ciò però comporti nessun pregiudizio o condanna verso Gramsci il quale aveva il suo valore, ha il suo significato, ha scritto delle pagine bellissime. Anche il pregiudizio nei confronti di Gramsci dovrebbe cadere però ci sono questi episodi di censura culturale all'interno della storia del comunismo. Bordiga è innocente di fronte a tutto questo, Bordiga non ha fatto l'inquisitore culturale verso nessuno, ha una posizione culturale liberale in realtà, infatti nel partito di Bordiga c'era Ignazio Silone, c'era Zino Zini, c'era un poeta ad esempio, un poeta friulano che si chiama Giovanni Minut che scrisse Rimis furlanis nel 1921. E' stato l'organizzatore e il massimo dirigente dei braccianti friulani e su di lui è uscita una monografia di più di 500 pagine "Le lotte contadine nel Friuli orientale"; fino al 1923 fu comunista e comunista bordighiano puro, scriveva su "Il Lavoratore". Se Bordiga fosse vivo gli domanderei: chi era questo Iuan Minut, sapevi che era un poeta, oppure lui era poeta per conto suo e poi, ecc. Queste poesie friulane sono bellissime, erano sparite dai manuali, da ogni riferimento, furono riscoperte dai più grandi studiosi della cultura friulana viventi, furono ripubblicate come fu riscoperta la sua personalità politica.

E' un bel paradosso questo, per quel che ne so io, può darsi che mi sbagli, che la mia conoscenza sia limitata, Iuan Minut è l'unico poeta comunista che ci sia mai stato in Italia. Non mi risulta che ce ne sia stato un altro. Poeta comunista, non ideologico, assolutamente libero che scrive in questo dialetto, poi verrà Pier Paolo Pasolini. Qui ci sono due poeti friulani, Pier Paolo Pasolini, dicono gli studiosi della poesia friulana, è una truffa, la sua lingua è una truffa, pratica la letteratura come spettacolo politico, ha fatto sparire i più grandi poeti friulani del secolo e, fra l'altro, la memoria collettiva aveva cancellato anche il ricordo dell'esistenza di questo Giovanni Minut. Questo Giovanni Minut è un poeta che ha scritto solo ventidue poesie ma, da solo, lui vale tutto quello che ha scritto Pasolini.

Questa era la cultura che era nel partito comunista;  non è che Bordiga avesse fatto una politica culturale però lì c'erano delle persone intelligenti e c'era una libertà in questo piccolo partito come non c'è più stata nel movimento operaio, una libertà di fatto perchè questo partito era nato abbastanza spontaneamente anzi abbastanza contro gli ordini per cui fino al congresso di Roma si vedono queste tre correnti che però collaborano insieme: Bordiga e Terracini fanno le tesi sulla tattica, Gramsci e Tasca fanno le tesi sui sindacati, Graziadei e Sanna fanno le tesi sulla questione agraria ma c'è una collaborazione pure essendoci delle differenze, non c'è nessuna persecuzione. E' un momento felice, probabilmente. Con Bordiga le cose sono andate così.

C'è un altro esempio che ha culturalmente un'importanza: Concetto Marchesi un vero bordighiano; basta leggere quello che scriveva su Rassegna Comunista. A parte che era un grande latinista, è un rappresentante della cultura siciliana contro cui Giovanni Gentile scrisse il suo libello inquisitorio che si intitola  "Il tramonto della cultura siciliana". Marchesi era proprio di quella cultura siciliana contro cui lanciava i suoi fulmini da inquisitore Giovanni Gentile e Concetto Marchesi da giovane era anche un poeta, un poeta rapisardiano. Ecco Mario Rapisardi. Chi sfoglia l'Ordine Nuovo trova le citazioni di Carducci in bell'evidenza, chi sfoglia Il Soviet di Bordiga, così povero culturalmente, trova una conferenza su Mario Rapisardi, trova citati i versi di Mario Rapisardi. Carducci era il poeta della nouvelle vague della terza Italia, il poeta del trasformismo della sinistra che poi porta a Crispi e alla fine del secolo e alla creazione già anticipata di un regime; in questo Bordiga aveva ragione nel dire che c'era una certa analogia già nel '98 con il fascismo perchè senza volere eliminare le sfumature però c'è un qualcosa di sostanziale, c'è che questo regime comincia a nascere e vince già alla fine del secolo. Marchesi veniva di lì e quindi in questo partito comunista d'Italia c'erano delle persone che avevano una loro cultura senza che ci fosse stato nessuna organizzazione della cultura, politica culturale perchè insomma le persone che hanno anche della genialità o dell'intelligenza e sono disinteressate e sono rivoluzionari queste persone arriveranno spontaneamente, non arriveranno mai perchè un partito fa una politica culturale. Non mi sembra che nemmeno Marx facesse una tale politica invece con Gramsci si comincia a fare questa politica culturale. Il brutto è che però l'espressione c'è in Lenin  che vota delle tesi sulla politica culturale, poi vennero i maoisti e dissero che loro erano leninisti ed esaltarono la rivoluzione culturale. Bordiga è estraneo a tutto questo, è tutta un'altra cosa, rappresenta una istanza di libertà nella cultura all'interno di un'altra cultura che c'è stata in Italia. Come c'è stato un altro comunismo ed un'altra filosofia.  Ad esempio il neoidealismo si dice hegeliano, ma  la vera filosofia alla tedesca ed anche il vero hegelismo, hegelismo non da epigoni ma con uno sviluppo originale che era allo stesso livello della Germania contemporanea in Italia c'è nella seconda meta dell'ottocento, ci sono grandi filosofi che sono Augusto Vera, che sono Piero Ceretti, il Tari, il D'Ercole. Non si tratta certo di poche tracce di vera filosofia. Quella di Croce e Gentile è una vera e propria truffa culturale eppure c'è il complesso di inferiorità, si ha paura.

Allora Bordiga è l'incolto, è il barbaro perchè non legge Croce; Gramsci è la cultura perchè legge Croce e Gobetti perchè legge Gentile. Ma io dico che se c'è un rimprovero o una critica che si possa fare a Bordiga non è già che non abbia mai letto Benedetto Croce ma è che purtroppo lo lesse anche lui e scrisse addirittura un saggio che io trovo tra i suoi più infelici intitolato Comunismo e conoscenza umana dove volle mettersi a fare questo duello con Croce preso come rappresentante del pensiero borghese che si presenta senza veli e quindi utile a questa sua non solo polemica, ma discussione da nemico a nemico. Perchè Bordiga  preferiva la posizione netta e allora cercava degli avversari netti ma sbaglia bersaglio: non doveva cercare Croce.

Poi i conti con Croce erano troppo facili da fare e troppo facile scegliere , anche se in Bordiga non c'è stata nessuna intenzione ma solo una limitazione biografica dovuta alle condizioni in cui viveva, però ridurre la cultura : la cultura è borghese, prendiamo il suo rappresentante, tipico quello ufficialmente accettato e poi lo demoliamo. Ma proprio perchè l'epoca è di decadenza e di barbarie evidentemente i valori ufficiali consacrati saranno ancora meno quelli veritieri  di epoche pure più felici nelle quali però sempre ciò che è superiore ha dovuto lottare per essere riconosciuto come tale. IL limite culturale non solo di Bordiga ma secondo me anche del movimento operaio, della cultura del movimento operaio è stato di non avere tenuto presente che c'era un'altra filosofia, un'altra letteratura, ecc., ecc. e poi un'altra scienza. Fra Croce, Peano, Enriques. Loria, Volterra chi era incolto?  Era l'Ordine Nuovo che aveva questi grandi limiti senza negare gli aspetti positivi che poteva avere anche così: questo consiglismo, questa ricerca dell'arte; c'erano delle ottime intenzioni in esso, però nell'insieme,  almeno come reazione, per equilibrare la bilancia, è giusto stabilire che Bordiga pone anche un problema culturale sperando che nessun bordighiano inorridisca...