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archivio > Archivio sulla sinistra>Cristo rosso vale Cristo nero (battaglia comunista, n. 21, 15-22 giugno 1948)

aggiornato al: 12/07/2008

battaglia comunista, 15-22 giugno 1948

Questo articolo apparve in prima pagina su battaglia comunista del giugno 1948; ad esso seguì, qualche numero dopo, la lettera di un lettore e la precisazione del giornale stesso.

Riproponiamo l'articolo ed il commento ad esso per la sua freschezza e per aver abbordato una questione come quella religiosa di cui oggi non si parla quasi più e non perché  il ruolo nefasto di religione e chiesa sia venuto meno.

Forse nessuno ricorda più che una delle ultime cose che il PCI fece nel 1947 quando era al governo, prima di esserne cacciato, fu l'approvazione dell'articolo 7 della Costituzione, cioè quello che inseriva nella Costituzione i Patti Lateranensi.

 

 

 

Cristo rosso vale Cristo nero

 

Ci eravamo abituati al pensiero di una normale coesistenza nei partiti operai già a tradizione laica dei credenti nel verbo cristiano e persino dei professanti di questa religione, da quando soprattutto Togliatti aveva reso noto che l'adesione al suo partito non impediva che l'iscritto potesse credere oltre che a Stalin anche a Cristo, o a Budda o a Maometto. Questa impressione era stata rafforzata nel periodo d'oro della politica togliattiana, all'epoca cioè dell'esarchia e del tripartito, quando ragioni di equilibrio parlamentare e di accaparramento di voti di operai cattolici aveva consigliato il nanerottolo duce del nazionalcomunismo di mollare un po' nella politica di intesa con gli sparuti raggruppamenti del radicalismo massonico, e accostarsi di più agli uomini del Vaticano e dell'Azione cattolica.

Si viveva allora nel clima storico dell'intesa democratico - papalina, nel quale l'approvazione dell'art. 7 avrebbe segnato il momento più felice, la conquista più duratura della saggezza rivoluzionaria dei rappresentanti al parlamento e al governo del paese del P.C.I.  Nelle sedi di questo partito si allestivano allora presepi a ricordo dell'umile, proletaria nascita di Cristo; e numerosi i giovani comunisti si accostavano compunti ai santi sacramenti e sfilavano oranti e armati di vessilli di confraternite e di robusti ceri in processioni parrocchiali da commuovere le più zelanti e incarognite bacchettone di nostra santa madre chiesa.

Poi questo connubio di Cristi, diversi nel colore, ma pur tanto uguali nella loro essenza, si è rotto come d'incanto. Che sarà oggi di tutti quei comunisti... cattolici, di tutti quei giovani, praticanti religiosi che erano andati a ingrossare le file del partitone di Togliatti? Che sarà di essi e della loro coscienza religiosa oggi che i compagni di ieri vanno scindendosi sul fronte della battaglia anticlericale?

Conviene intendersi anche sulla natura di questo schieramento che riprende a pretesto i motivi già troppo noti e sfruttati della recente storia d'Italia: clericalismo risorgente che ripone dialetticamente - dialettica formale, si capisce - il problema di un anticlericalismo vivo e pugnace.

Abbiamo già sentito rispondere col grido di: «viva il 20 Settembre» all'altro di: «viva il papa»; non dovremo attendere molto per assistere al reciproco scambio di anatemi tra la chiesa ortodossa alleata di Stalin e la chiesa cattolica alleata di Truman.

I motivi del dissidio imperialista sono gli stessi che caratterizzano la strategia capitalista d'un apparente, specioso conflitto tra religiosità chiesastica e religiosità laica, tra credo e credo per il consolidamento del regime di proprietà e dello schiavismo economico e politico sul proletariato.

Questo è il problema centrale che il partito di classe deve porre chiaramente di fronte alla coscienza del proletariato nel momento stesso che i partiti del tradimento operano la conversione tattica della lotta anticlericale, che è in definitiva un diversivo tattico per impedire alle masse operaie di prendere coscienza dei loro problemi di classe oppressa.

Le forze dell'avanguardia rivoluzionaria come si posero contro l'anticlericalismo massonico fatto di retorica e di scientismo positivista dei vari Podrecca del vecchio socialismo riformista e parlamentare, così ripudiano e disprezzano l'anticlericalismo odierno di Togliatti e soci che puzza di preteria lontano un miglio.

Le forze dell'avanguardia rivoluzionaria non fanno professione d'anticlericalismo, ma si proclamano areligiose. L'anticlericalismo addormenta le masse e salva la religione dal privilegio; l'areligiosità attiva e operante scardina il capitalismo da uno dei suoi maggiori pilastri; è un'arma della lotta rivoluzionaria.

Non ci nascondiamo le difficoltà e la durezza di questa lotta nel paese centro della cristianità tra una popolazione operaia che trasmette da una generazione all'altra la tradizione della pratica religiosa alla stesso modo di una tabe ereditaria.

Purtroppo la storia di questa povera Italia, è la storia della chiesa in quanto puntello del privilegio feudale, poi privilegio imperiale, del sacro romano impero e quindi privilegio borghese capitalista. Ha i suoi alti e bassi; ogni volta si riprende e continua.

Nel capitalismo morente la chiesa appare più viva che mai; si alimenta di questa morte lenta che pervade il più vivo, il più prodigioso dei regimi economici e politici datici dalla storia del mondo, con la tecnica sperimentata di chi ha saputo industrializzare la morte. Infatti nessuno ha mai eguagliato la chiesa in questa tecnica.

Il fascismo ha dovuto le sue fortune maggiori alla chiesa, e la chiesa ha cantato le sue esequie; la repubblica sorta dalla guerra di liberazione ha avuto il battesimo di sangue in nome del Cristo rosso, ora è già sotto la protezione del Crista nero. Chi può garantire che non si rendano necessarie nuove esequie, sia pure alla repubblica per la salvezza del capitalismo?

Questa è la chiesa, questa la sua essenza, questa la sua missione che compie con la capacità e la forza che le provengono da una organizzazione universalistica e secolare, dalla dominazione delle coscienze e dall'oscurantismo.

La religiosità laica anche quando si estremizza in posizioni di aperto anticlericalismo, appare come un momento indispensabile, una polemica a rima obbligata in questo perenne rivivere della chiesa. In una parola l'anticlericalismo puntella la chiesa e questa il capitalismo.

La fine storica del capitalismo deve segnare la fine della chiesa, di tutte le chiese in quanto ingranaggi della stessa organizzazione economica. Quando la rivoluzione proletaria avrà strappato alla chiesa la sua base economica, i suoi privilegi di casta e la suggestione della sua potenza, anche la sua mistica rientrerà tra le ombre del medioevo, poiché il socialismo in quanto regime di libertà e negazione di ogni privilegio economico e spirituale annulla il presupposto d'ogni ideologia religiosa e di tutte le chiese.

 

battaglia comunista, n. 21, 15-22 giugno 1948

 

 

 

discussioni

Lotta di classe e lotta antireligiosa

 

Coll'articolo di fondo «Cristo rosso vale Cristo nero» «Battaglia comunista» - nel suo numero del  15-22 giugno 1948 - ha voluto indicare l'atteggiamento del Partito Comunista Internazionalista di fronte alla risorgente lotta fra clericalismo e anticlericalismo.

«Le forze dell'avanguardia rivoluzionaria - si legge nel detto articolo - come si posero contro l'anticlericalismo massonico fatto di retorica e di scientismo positivista del vecchio socialismo riformista e parlamentare dei vari Podrecca, così ripudiano e disprezzano l'anticlericalismo moderno di Togliatti e soci che puzza di preteria lontano un miglio».

Giustissimo. Infatti l'anticlericalismo del nazionalcomunista Togliatti è della stessa marca del suo compare Gottwald il quale si è fatto incoronare  presidente della repubblica cecoslovacca con un solenne «Te Deum» e con un non meno solenne ringraziamento a Dio, il che dimostra che il comunismo dei due coriferi ha nulla a che fare col marxismo leninismo perché il marxismo nella sua scientifica concezione del mondo ha escluso Dio dal cielo e dalla terra e il leninismo sviluppò in Russia, prima durante e dopo la rivoluzione di ottobre, una vasta propaganda contro la religione, come ne fa testimonianza l'enorme letteratura sovietica su tale argomento.

Qui si pone dunque il problema se il Partito Comunista Internazionalista -fedele interprete del marxismo leninismo - deve rimanere indifferente al morbo religioso o combatterlo, specialmente in Italia ove, nell'attuale contingenza di predominio papale, la Chiesa sta fanatizzando le turbe per schierarle al momento opportuno in orde vandeane al servizio dello Stato capitalista.

Ecco perché l'affermazione contenuta nell'articolo già menzionato che «le forze dell'avanguardia rivoluzionaria non fanno professione d'anticlericalismo ma si proclamano areligiose» - benché si accenni anche ad una areligiosità attiva ed operante - richiede una chiarificazione in quanto potrebbe ingenerare una tendenza perniciosa di indifferenza verso la religione, contraria all'essenza stessa del marxismo, cioè al materialismo dialettico, impugnato e sviluppato poi da Lenin contro tutti i mistificatori socialdemocratici e pseudo rivoluzionari che tentarono di scinderlo dal materialismo storico con lo scopo elettoralistico di rendere la dottrina di Marx tollerabile alla Chiesa e ricavarne quel socialismo o comunismo cristianeggiante di cui il gesuita rosso Togliatti si è fatto paladino aprendo le porte del suo partito a tutti i credenti, con la «mano tesa» in particolar modo ai cattolici e al Vaticano.

Ma gli astuti teologi del Vaticano sono anche dei profondi e sottili studiosi del marxismo e la «mano tesa» divenne lo spunto e il titolo di un lungo articolo di Padre Riccardo Lombardi S.I. contro Togliatti - pubblicato su «L'Italia» del 10 giugno 1945 - in cui il gesuita nero dopo una dotta esposizione della dottrina marxista, traeva dalla stessa la conclusione che una collaborazione tra comunismo e Chiesa è da rigettarsi data l'inscindibilità nel marxismo del materialismo dialettico - dottrina demoniaca, essendo una delle sintesi più antireligiose e anticristiane che si siano escogitate perché negatrici di Dio e dell'anima - dal materialismo storico.

Questo giudizio  di un autorevole dottore del Vaticano è più che sufficiente a dimostrare che la Chiesa riconosce nel materialismo dialettico la dottrina più temibile  per la continuazione della sua millenaria egemonia spirituale perché demolitrice di tutte le costruzioni ideologiche della cosmogonia biblica e della teologia e valida per travolgere la civiltà cristiana e con essa il regime borghese capitalista.

Ecco perché il Partito Comunista Internazionalista deve svolgere una intensa propaganda sulla base del materialismo dialettico inquadrando la lotta antireligiosa nella lotta di classe rivoluzionaria, la quale è ben diversa dalla superficiale lotta anticlericale inscenata oggi dai partiti del fronte popolare per attirare genuflesse le loro clientele elettorali intorno ad un Cristo rosso anziché nero.

Il povero e mite e mistico Cristo di Nazareth, sotto qualunque veste lo si voglia fare apparire, rimane sempre il simbolo della rassegnazione e della rinuncia, e la credenza in questo simbolo, che si traduce poi nella credenza in un Dio misterioso o incomprensibile, paralizza l'attività morale  dell'uomo spegnendogli l'impulso alla ribellione contro i mali sociali che l'opprimono. Infatti la morale cristiana , che è appunto quella della rassegnazione e della rinuncia, torna molto utile alla Chiesa e al capitalismo per perpetuare il loro vassallaggio spirituale ed economico sul proletariato.

La lotta antireligiosa deve quindi essere soprattutto anticristiana. La morale cristiana è stata demolita  in Russia dalla propaganda bolscevica e sostituita con quella eroica della ribellione, dello sforzo e del tendere.  Ispirandosi a questa nuova morale l'avanguardia del proletariato russo aveva infranto colla rivoluzione di ottobre le catene della servitù religiosa e capitalistica, abolito le classi, la proprietà e lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Aveva, in una parola,  iniziato il ciclo della civiltà comunista al posto della civiltà cristiano-capitalista, ciclo purtroppo interrotto dalla politica imperialistica di Stalin.

Marx, nella sua opera «Per la critica della filosofia del diritto di Hegel» ha sintetizzato la perniciosa influenza che la religione ha sulle masse nella nota frase «la religione è l'oppio del popolo». Ma se la religione è l'oppio del popolo essa è dunque il più grande ostacolo al suo progresso. Per cui la religione, secondo il marxismo, non è un fatto di coscienza individuale -come vorrebbero farlo apparire i vari Togliatti del nazionalcomunismo - ma un male sociale che, come tale, rientra nella lotta sociale, nella lotta di classe. Marx infatti sviluppò il pensiero antireligioso del suo maestro Feuerbach estendendolo nel campo sociale, avendo tratto dalle proprie profonde meditazioni che la fede in Dio mantiene il proletariato nella miseria e nell'avvilimento.

Lenin, su queste orme, esortava l'avanguardia rivoluzionaria «all'assalto del cielo» ed inseriva nell'atto costitutivo del Partito Comunista il comma che ogni tesserato deve essere ateo e la lotta contro la religione figura anche nei suoi piani di costruzione socialista i quali non erano soltanto un piano economico ma una ricostruzione completa della vita in armonia col materialismo dialettico, cioè con la concezione marxista dell'evoluzione del mondo e della società.

Ritornando ora all'articolo di  «Battaglia Comunista» è verissimo che «la fine storica del capitalismo deve segnare la fine della Chiesa, di tutte le chiese in quanto ingranaggi della stessa organizzazione economica» ma è anche vero che all'abbattimento dello Stato capitalista non si può addivenire che attraverso alla lotta di classe la quale per essere rivoluzionaria deve essere anche antireligiosa, poiché la religione è il più potente puntello del privilegio del capitalismo. Spetta precisamente al Partito Comunista Internazionalista imprimere questo carattere alla lotta di classe se si vuol giungere alla rivoluzione almeno con avanguardie senza chierica.

 

il follaiolo

 

 

Nota

 

«L'assalto del cielo» di cui parla Lenin, cioè del mondo extraterreno della teologia e del misticismo, della credenza tradizionale cieca e ossessiva del mito divino che in sé tutte le religioni assomma, non solo presuppone l'assalto al mondo del capitalismo, ma è a questo implicito.

Siamo tutti d'accordo nel rigettare l'anticlericalismo come la controfaccia capitalistica del clericalismo; ma perché ci proclamiamo areligiosi, d'una areligiosità attiva e operante, piuttosto che antireligiosi? In questo definirci non c'è davvero preoccupazione terminologica o dosatura di diversa enunciazione filosofica, ma un tentativo di maggiore precisazione della funzione rivoluzionaria del moto socialista di fronte ai problemi della religione.

La prassi rivoluzionaria del socialismo non si realizza sul piano della lotta contro questa o quella religione, contro il Cristo di Nazareth più ancora che contro Maometto o la riforma protestante o il modernismo di Murri e di Bonaiuti; il socialismo, nel profondo significato della dialettica rivoluzionaria non è storicamente in funzione di  anti  che con il capitalismo in quanto momento dello stesso processo. Soltanto l'anticapitalismo comporta quel vasto ed eversivo moto di negazione e di superamento di tutte le manifestazioni esterne di soprastruttura quali i rapporti sociali,la complessa e varia organizzazione dello stato, i valori subiettivi della cultura, della morale, della religione e così via.

Sarebbe un diminuire la preminenza e l'essenzialità anticapitalistica del socialismo se gli affibbiassimo compiti collaterali ed ugualmente preminenti ed essenziali come quelli di essere anti morale, anti cultura, anti religione ecc., dato che morale, cultura e religione, in quanto espressioni del capitalismo, vivono e muoiono con esso. In questo senso non si può parlare di un «inquadramento della lotta antireligiosa nella lotta di classe rivoluzionaria», come se si trattasse di due forme contemporanee caratterizzate  della lotta del proletariato, mentre solo la lotta frontale di classe implica e conclude l'altra condotta contro tutte le manifestazioni della società capitalistica e le sue esigenze morali, intellettuali e religiose.

Tanto meno si può accedere al criterio che per noi la «lotta antireligiosa debba essere soprattutto anticristiana»; portando il problema su di un piano falso era inevitabile scivolare verso la formulazione di una priorità della lotta contro il credo cristiano in confronto agli altri credi religiosi.

E si cadrebbe nel semplicistico e nell'unilaterale se  ci limitassimo ad affermare che «la fede in Dio mantiene il proletariato nella miseria e nell'avvilimento», quando in realtà la fede in dio è soltanto una delle armi, forse la più duttile e la più insidiosa che il capitalismo adopera nell'esercizio della sua dominazione. Quindi è innanzi tutto e soprattutto al capitalismo che bisogna rifarsi per condurre con efficacia e concretezza la lotta contro il pregiudizio religioso.

L'areligiosità, che caratterizza un partito come il nostro non appestato da alcuna tabe religiosa, non è fatta d'indifferentismo, non è contemplativa e inoperante; lascia, sì, ai fedeli della laicità borghesi e ai massoni (questi, con diritto, possono definirsi «anti») le quisquiglie sulla morale cristiana in contrasto permanente con la sua prassi; non perde il suo tempo nella confutazione dei dogmi della chiesa; non si affanna nella ricerca di prove scientifiche per contestare o il miracolo di San Gennaro o le apparizioni della Madonna; ma nel clima d'una spietata ideologia di classe e della lotta rivoluzionaria contro il regime della proprietà e dello sfruttamento va creando le condizioni ideali e materiali per la costruzione di una società in cui non vi sia posto per il Cristo di nessun colore.

Si conclude che soltanto la lotta contro il capitalismo condiziona e [parola incomprensibile] la lotta contro i suoi filosofi, i suoi poliziotti e i suoi preti, e non inversamente.

 

 

battaglia comunista, n. 26, 27 luglio - 4 agosto 1948