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archivio > Archivio sulla sinistra>Dizionarietto dei chiodi revisionistici: Antifascismo (battaglia comunista, giugno-luglio 1952)

aggiornato al: 20/07/2008

battaglia comunista, n. 12 e 13, giugno e luglio 1952

Nei primi anni cinquanta sui nostri giornali, «battaglia comunista» e poi «il programma comunista», apparve senza alcuna regolarità, una rubrica intitolata: «dizionarietto dei chiodi revisionistici». Alla lettera "A" vennero inclusi "antifascismo" e "attivismo"; poche altre voci seguirono.

Sull'antifascismo la Sinistra era già stata categorica e telegrafica qualificandolo come: «il più disgraziato e pernicioso prodotto del fascismo» (Prometeo n. 2, agosto 1946).

Pubblicheremo prossimamente anche "attivismo"e le altre voci di questo "dizionarietto".

 

 

 

Dizionarietto dei chiodi revisionistici

Antifascismo

 

Solo chi ha rotto col marxismo (o il marxismo non gli è mai entrato in testa) può stupirsi di veder catalogato l'antifascismo tra i chiodi revisionisti. Già, l'ideologia dell'antifascismo, di cui i dirigenti del P.C.I. hanno eletto non a torto rappresentante Antonio Gramsci, non è affatto conciliabile col pensiero marxista, ma piuttosto con tutte le posizioni di critica alla dominazione del grande capitale che , fin dall'epoca del Manifesto dei Comunisti, si svilupparono per le contraddizioni suscitate dal processo inarrestabile della concentrazione del capitale, esprimendo l'anticapitalismo non rivoluzionario e non classista proprio dei ceti non proletari. Il marxismo non ha mai preteso di monopolizzare l'opposizione sociale al capitalismo, ma solo ha sostenuto in ogni tempo di possedere una concezione della storia e un metodo critico di interpretazione dei fatti sociali, mancanti assolutamente agli ideologi piccolo-borghesi. Perciò, nel Manifesto dei Comunisti, Marx ed Engels allineano le esposizioni critiche dei «socialismi» non dialettici, propri delle classi feudali antiborghesi, della piccola borghesia, degli stessi dottrinari della borghesia perseguenti il sogno di una società borghese senza proletari. Nello stesso momento in cui sorge, il socialismo scientifico si preoccupa principalmente di discriminare rigidamente se stesso dalle ideologie anticapitalistiche dei ceti non proletari, anzi si può dire che sorga proprio in quanto a negare dialetticamente l'anticapitalismo reazionario, l'opposizione non rivoluzionaria, sul terreno critico e politico. alla tirannia del grande capitale. Nella fase dell'imperialismo, espressione tipica di questa opposizione riformista al regime del Capitale è appunto l'antifascismo. Non a caso dunque, la Sinistra Comunista Italiana si definiva e si discriminava compiutamente negli anni 1921-1926, in sede teorica e tattica, lottando contro l'antifascismo come contro il fascismo, cioè contro le forme in cui si esprime rispettivamente la dominazione del grande capitale sfruttatore e la pretesa di combatterne la virulenza con misure legali a base interclassista.

La dura quanto preziosa fatica polemica sostenuta dalla Sinistra Comunista Italiana nel seno della Terza Internazionale non ebbe altro significato che quello di salvare la teoria e la prassi marxista dalla degenerazione antifascista. Ad un certo punto catastrofico della evoluzione della Terza Internazionale fu chiaro che le forze di centro e di destra della organizzazione proletaria abbandonavano il terreno del comunismo rivoluzionario, confluendo ignominiosamente con l'antifascismo internazionale. Il processo involutivo doveva mettere capo al termine della parabola, alla politica dei Comitati di Liberazione Nazionale, con cui l'opportunismo si saldava indissolubilmente all'imperialismo e alla guerra. Se dalla terribile rovina del partito mondiale del proletariato si salvava tuttavia la teoria marxista e non finiva essa pure stritolata nella totale confusione, ciò si doveva unicamente alla radicale e inflessibile opposizione della Sinistra Italiana contro la dirigenza liquidatrice della Terza Internazionale.

A guardare a ritroso le tappe dell'involuzione reazionaria del Comintern,  ogni scalzacane in vena di teorizzare e di posare a trascinatore di masse è in grado oggi di fare la mirabile scoperta che le prime deviazioni tattiche delineatesi dopo il III Congresso dell'I.C. dovevano necessariamente portare alla smobilitazione della lotta rivoluzionaria e alla ricaduta del movimento operaio nelle sabbie mobili dell'opportunismo. Assai diverso era il compito dei militanti della Sinistra Italiana che dovevano lottare contro le deviazioni inerenti apparentemente solo alla tattica, ma che dovevano ineluttabilmente condurre al rinnegamento totale del marxismo, commesse dalla Terza Internazionale. L'opposizione critica era tanto più faticosa e dura in quanto alla maggioranza dell'organismo internazionale sfuggiva il senso dello scivolamento su posizioni revisionistiche, o era addirittura acquisita più o meno coscientemente la tendenza liquidazionista dell'assalto rivoluzionario al capitalismo internazionale.. In tali penose condizioni era inevitabile che la Sinistra Italiana dovesse sentirsi imputare ogni reato di ribellismo e di infrazione della disciplina rivoluzionaria, accuse tanto più disorientanti in quanto era ovvio per tutti che gli errori del partito comunista internazionale includevano certamente pericoli di tremende sconfitte per il proletariato mondiale.

Ieri, e purtroppo anche oggi, qualsiasi Chaulieu di Francia o di altri paesi si erge sui trampoli del ciarlatanismo, credendo di potere impunemente accusare la Sinistra Italiana e il suo continuatore, il nostro partito, di tendere a vivere nel chiuso dei gabinetti di lavoro o delle sedi sezionali. Buffoncelli imberbi o di antica barba! Svolgere un lavoro di critica nel seno della Terza Internazionale e del Partito Comunista d'Italia, dominati dalle persone divinizzate, o dalle loro ombre non meno pericolose, dei Zinovieff, dei Bucharin, degli Stalin, cui si riconosceva purtroppo dalla maggioranza dei militanti comunisti il privilegio esclusivo della esatta interpretazione della tattica rivoluzionaria, e protestare contro le deviazioni opportunistiche contrapponendo ad esse non nuovi ritrovati teorici, ma l'applicazione esatta della tattica rivoluzionaria alla lotta dell'Internazionale, che era passivismo? era automatismo meccanicistico? L'opera di demolizione critica delle false tattiche prima, del travisamento opportunista dei principi poi, non si concretava in spostamenti  di masse e in successi immediati, ma è indubbio che fuori di essa i maniaci dell'attivismo (che è poi fregola maledetta elettorale) che appestano oggi il movimento operaio non saprebbero nemmeno differenziarsi dal volgare antifascismo messo in essere nei partiti comunisti dalla degenerazione della Terza Internazionale. E' poca cosa? Allora, avanti gli Chaulieu, avanti i novatori.

La storia della Sinistra Italiana è la storia della violenta scissione del marxismo dal fermentante antifascismo novella reincarnazione di tutte le boiate ideologiche e le imposture demagogiche dell'opportunismo, infiltratesi nel seno dei partiti dell'Internazionale Comunista. Basta percorrere a ritroso la polemica della Sinistra Italiana nel seno della Internazionale Comunista per rendersi conto di questo fatto storico irrefragabile.

battaglia comunista, n. 12, 11 - 25 giugno 1952

 

 

 

Dando del fenomeno fascista la unica interpretazione marxista, il rappresentante della Sinistra Italiana, A. Bordiga, dichiarava nel suo discorso all'Esecutivo Allargato dell'Internazionale Comunista, il 23 febbraio 1926: « In Italia, il fascismo è il trionfo della destra borghese sulla sinistra? No, il fascismo è qualcosa di più, è la sintesi di due metodi di difesa della classe borghese. Gli ultimi atti del governo fascista hanno dimostrato che la composizione sociale mezzo borghese del fascismo non lo rende meno un agente del capitalismo. Organizzazione di massa (l'organizzazione fascista conta un milione di membri) esso cerca di realizzare nello stesso tempo della reazione violenta, che colpisce soprattutto gli avversari che osano attaccare la macchina dello Stato, la mobilitazione di larghe masse con dei metodi socialdemocratici di penetrazione.

««sono registrate delle disfatte evidenti del fascismo su questo terreno. Ciò conferma appieno il nostro punto di vista sulla lotta di classe. Ma ciò che risulta con l'evidenza più stupenda da tutto questo, è proprio l'impotenza assoluta delle classi medie. In questi ultimi anni, esse hanno di già compiuto tre evoluzioni affatto complete: nel 1919-20 esse accorrevano ai nostri meetings rivoluzionari; nel 1921-22 esse formarono i quadri delle camicie nere; nel 1923, passarono all'opposizione, dopo l'assassinio di Matteotti; al momento presente, esse ritornano al fascismo. Sempre per il più forte.

"La falsa prospettiva dei vantaggi che noi potremmo trarre dall'avvento di un governo di sinistra corrisponde a supporre le classi medie capaci di una soluzione indipendente della questione del potere».

Quando abbiamo scritto su questo foglio che «il totalitarismo è l'alleanza  fra capitalismo e opportunismo piccolo-borghese», non facevamo che ripetere da modesti militanti, alieni da narcisismi e da ambizioni di successi, quella che è stata da venti anni la tesi centrale della Sinistra Italiana sul fascismo. Il centro e la destra liquidazionista della Terza Internazionale dovevano deragliare dai binari marxisti e fare la fine che hanno fatto, al servizio di tutte le reazioni, principalmente perché incapaci di comprendere che i partiti socialdemocratici, cioè il campo dell'antifascismo democratico, con cui si cercava di bloccare mediante la tattica del fronte unico e la parola d'ordine del governo operaio e contadino, non rappresentavano che l'impotenza costituzionale dell'ibrido anticapitalismo dei ceti medi, nemici a parole delle «ingiustizie» dei ricchi, ma sempre pronti a tradire il proletariato. L'antifascismo era, lo è tuttora, la sostituzione, cioè il rinnegamento, del principio della lotta di classe e della dittatura del proletariato con la falsa soluzione interclassista, piccolo borghese, delle contraddizioni della società borghese, ricercata nell'illusorio e disfattista principio dell' «isolamento» delle forze del grande capitale mediante una ipotetica alleanza e compromesso tra l'anticapitalismo legalitario e il comunismo rivoluzionario, tra i ceti medi e il proletariato. Infatti, alla base di tutte le degenerazioni tattiche della Terza Internazionale, culminate infine nel totale passaggio dei partiti comunisti stalinizzati nel campo dell'imperialismo, c'era una concessione al riformismo, non certamente accompagnata da una contropartita politica utile per il comunismo. Alla fine il movimento rivoluzionario doveva rimanere assolutamente svuotato e la sua direzione passata nelle mani degli agenti dell'imperialismo, come fu chiaro dall'atteggiamento della Terza Internazionale, che prima ratificò senza battere ciglio il patto di guerra del governo russo con il nazismo tedesco, nell'agosto 1939, e decise poi di autosciogliersi nel 1943, per far piacere agli imperialisti americani con cui il governo russo era passato a nuova alleanza. Si verificava così, ad opera degli stessi avversari e contraddittori della Sinistra Italiana nel seno dell'I.C. la tesi dell'organica fusione del fascismo e dell'antifascismo, e si realizzava la previsione fatta da Bordiga al Congresso di Lione nel gennaio del 1926:

«Noi crediamo nostro dovere, giunti a questo punto della nostra esperienza di gruppo, il quale al di sopra delle cifre in cui è piaciuto tradurre la pretesa consultazione del partito, è o si illude di essere il rappresentante di un'autentica corrente della classe operaia rivoluzionaria, noi crediamo nostro dovere di dire senza esitazione e con completo senso di responsabilità questa grave cosa: che nessuna solidarietà potrà unirci a quegli uomini che abbiamo giudicato, indipendentemente dalle loro intenzioni e dai loro caratteri psicologici, come rappresentanti dell'oramai inevitabile prospettiva dell'inquinamento opportunista del nostro partito»

Con tale dichiarazione la Sinistra respingeva solennemente l'ibrido connubio con l'opportunismo antifascista che ormai aveva invaso il P.C.d'Italia. Da quella dichiarazione , che condensava tutto il lavoro critico e la lotta di opposizione condotti nell'I.C. noi tutti che oggi assicuriamo la continuità della teoria e dell'azione del movimento operaio rivoluzionario, sicuramente discendiamo. Lasciamo agli intossicati dai miasmi dell'opportunismo elettorale sputare veleno e falsificazione. La realtà dei fatti non si cancella con sparate demagogiche e intrighi.

Non a caso la frattura violenta del comunismo marxista dall'antifascismo di Gramsci e Togliatti avveniva in sede di Congresso. A Lione vinceva il centralismo democratico, con annesse e connesse tutte le truffe  demagogiche della  «consultazione della base» e il bagarinaggio della conta dei voti; ma vinceva anche l'opportunismo e la controrivoluzione. Il Partito Comunista d'Italia otteneva il suo terzo Congresso, regolarmente convocato a norma di statuto, ma il proletariato rivoluzionario italiano perdeva il suo partito di classe, che passava al servizio della borghesia. Non era un'eccezione. La Sinistra Italiana ha perso invariabilmente nelle discussioni congressuali della Terza Internazionale stalinizzata.

Viceversa, lo stalinismo che vinceva tutti i Congressi, passava vergognosamente al campo della controrivoluzione, ma, procurandosi il marchio legale della maggioranza democratica, spesso truffaldinamente ottenuta lo faceva in modo particolarmente insidioso perché si metteva in grado di passare agli occhio degli operai come il legittimo continuatore del leninismo. Anziché piegarsi la Sinistra Italiana preferì rompere spietatamente con i candidati all'opportunismo e lasciarli cuocere nel brodo dei loro congressi-mascherate. Che fosse la unica via degna di rivoluzionari, lo dimostra il fatto che oggi esistiamo, mentre i congressi dei nostri nemici si trasformano in indegne gazzarre, dove la discussione politica mira unicamente a procacciarsi voti per il bordello di Montecitorio.

 

 

battaglia comunista, n. 13, 2[6] giugno - 3 agosto 1952