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archivio > Archivio sulla sinistra>Amadeo Bordiga, Il PSI e il congresso di Mosca (Il Comunista, 23 maggio 1921)

aggiornato al: 20/07/2011

Il comunista, 23 maggio 1921

Sono già presenti nel sito due articoli, ripresi da Rassegna Comunista, sul rapporto tra il PSI  e l'appena nato Partito Comunista d'Italia. Cominciamo già a intravedere come l'Internazionale Comunista, pochi mesi dopo la nascita della sua sezione italiana, fosse favorevole all'espulsione dal PSI della sua ala riformista e alla riunificazione del "socialismo" così purificato con il Partito comunista per...arrivare a un partito di massa (cosa a cui il giovane partito comunista italiano si opponeva - a ragione -  con tutte le sue forze).

Vedremo, con prossimi inserimenti, come tutto questo aumenterà nel 1922 per giungere dopo il IV Congresso dell'I.C. a fissare, ordinata da Mosca, la riunificazione dei due partiti nel fantomatico Partito comunista d'Italia unificato... che naufragherà però per opera dei socialisti. La sostituzione nell'estate del 1923 dell'esecutivo del partito italiano compiuta d'autorità dall'Internazionale Comunista rese più facile l'adeguamento del partito italiano ad una Internazionale e ad un partito russo che stavano per divenire preda della controrivoluzione.

Quanto riproponiamo è un articolo di Amadeo Bordiga apparso inizialmente su  Il Comunista, organo del Partito Comunista d'Italia, nel maggio del 1921 (l'articolo sarà riproposto poi, un mese più tardi, anche da L'Ordine Nuovo).

 

Il PSI e il congresso di Mosca

 

 Nei due articoli che il sommo teorico Serrati ha scritto sul Congresso di Mosca e sulla posizione internazionale del suo partito vi è - non da riprendere la confutazione delle solite e rancide ragioni mille volte confutate e cadute, colle gesta socialiste dopo Livorno, nel peggior ridicolo - ma da trarre alcune confortanti deduzioni.

Una è che Serrati non "molla", tiene duro nelle sue posizioni, dichiara che mai e poi mai accetterebbe il taglio a destra che l'anno scorso chiedeva l'Internazionale, la separazione da Turati e D'Aragona. Ciò è confortante in questo senso, che se resta nel partito comunista e nella Internazionale qualcuno che ha tuttora la velleità ingenua di rinnovare ai serratiani l'invito di venire con Mosca a condizioni di disfarsi dei riformisti della estrema destra, questi si può convincere della inutilità di fare questo passo, che sarebbe una mossa falsissima, che solleverebbe l'indignazione della stragrande maggioranza dei comunisti, i quali giudicano controrivoluzionarie tutte le tendenze dell'attuale partito socialista.

Le parole di Serrati dimostrano che i socialisti non si scinderanno, quindi che, come noi sosteniamo, col congresso di Livorno è stata liquidata per sempre la questione dei rapporti tra il PSI e la Terza Internazionale; la discussione del ricorso a Mosca deve essere una semplice ratifica di quanto è avvenuto colla costituzione, quale sezione dell'Internazionale, dell'attuale nostro partito.

Ciò è chiaro come l'acqua più pura.

Un'altra considerazione si può fare leggendo le argomentazioni serratiane. Che i peggiori nemici - vecchia esperienza rivoluzionaria questa! - della Internazionale Comunista sono coloro che meno apertamente ne attaccano il programma fondamentale. Il centrista Serrati infatti stabilisce che soltanto il programma della Terza Internazionale, nelle sue linee generali, può e deve essere luce e guida al proletariato di tutti i paesi nella sua lotta di classe.

Dopo tale affermazione, Serrati parla della Terza Internazionale come dell'organismo più deplorevolmente insufficiente: le informazioni che non vanno, le azioni sballate, le dittature personali, la mancanza di partiti in tutta l'Europa e così via...

Ma altro è il programma altro è l'organismo, che può essere inadatto a realizzarlo...si potrebbe dire. Vuol dire che il programma dell'Internazionale è quale lo intende Serrati, autore di tante critiche, e con lui i vari Levi di cui fa l'elogio. Il programma non è più l'incontro della dottrina che stabilisce come tappe della lotta di classe l'azione violenta e la dittatura proletaria, con una disciplina di organizzazione e di azione che affasci le forze e gli uomini che sono su tale terreno; non è questo, ma è quello che ha elucubrato Serrati: la unità con chi la dittatura non vuole, la violenza rinnega; per servirsi delle organizzazioni tenute dai controrivoluzionari e dai disarmatori del proletariato, allo scopo di fare la rivoluzione e difendersi dalla reazione.

La rivoluzione non è solo lotta. E anche la successiva ricostruzione. Perciò Serrati vuole tenersi uniti anche quelli che, pur non accettando la lotta armata, hanno, secondo lui, elementi ricostruttivi della nuova società socialista. Non riconfutiamo questa sciocchezza. Poniamo solo a confronto coll'altra considerazione, che prima della rivoluzione può esserci la reazione controffensiva borghese, e che anche per questa ci vuole la unità. Logica eccezionale! Il fatto che si scateni la controffensiva borghese alla rivoluzione prima che questa esploda, non dimostra che questa consiste soprattutto nella violenta lotta tra le due classi? Non determina, in pratica, come oggi in Italia avviene, la morte dell'unità, quando quelli che saranno poi per quella tale opera ricostruttiva che aspetta Serrati, ma non per la fase iniziale offensiva, prendono l'aperto atteggiamento di disarmo dinanzi alla reazione, nel senso di rinunzia definitiva all'uso della violenza rivoluzionaria? Serrati è oggi con costoro. Non come comunista "unito" a costoro (in tal caso sarebbero essi a staccarsi ) ma sullo stesso loro terreno teorico e pratico. E Serrati dice ancora, a Rappoport: Se Longuet accettava le 21 condizioni sarebbe rimasto nella Terza Internazionale. Qui ci si è detto: no; Turati se ne deve andare ad ogni costo. Ammettiamo pure che Longuet sarebbe stato tollerato dalla Internazionale (cosa non vera) se avesse accettate le 21 condizioni ossia la teoria e la tattica della Internazionale Comunista, malgrado tutti i suoi precedenti. Turati e C. in un caso simile avrebbero forse accettate le condizioni? Qui sta il punto. Le condizioni non chiedono: siete contro la guerra? Siete per la intransigenza parlamentare? (Anche queste i nostri destri non potevano onestamente firmare). Esse dicono: accettate la dittatura proletaria? Il potere soviettista? Il terrore rosso? L'azione illegale ed insurrezionale? E così via. A queste condizioni i destri del partito italiano hanno risposto di no. Quando e come? Quando e come ha risposto di no Longuet.

Longuet e Turati figuravano alla stessa stregua nelle tesi del secondo Congresso. Erano entrambi tra i proscritti. Longuet e i suoi seguaci hanno fatta, prima del congresso di Tours, la loro mozione in cui si respingono quei concetti che sono il nocciolo delle condizioni ( dice bene Rappoport: essere comunista, ecco la condizione unica). Allora il C.E. impose la loro cacciata.

Turati e i suoi seguaci fecero lo stesso, confermando le loro molteplici manifestazioni di pensiero politico, al congresso della "frazione di concentrazione" a Reggio Emilia. Quella mozione è forse di chi accetta quanto Longuet rifiutò? Non hanno i riformisti italiani scelto, come Longuet ha scelto, contro le tesi di principio e la tattica del comunismo?

C'era la condizione finale organizzatoria. Chi nega le condizioni in principio deve uscire dalle fila dell'Internazionale. Turati è contro la dittatura e la violenza, lo dichiara lui. Esca dall'organizzazione. Uno è, o dichiara di essere per la dittatura, la violenza, ecc.., ma dice: voglio star con Turati. Allora deve scegliere. O lascia Turati, o se ne va con lui.

Se la frazione Frossard-Cachin in Francia avesse detto: non ci stacchiamo da Longuet, avrebbe subita la sorte della frazione Serrati.

La pretesa disparità di trattamento è un volgare trucco di costui. Egli si porta sul confronto del passato ecc.; cosa su cui si può sempre discutere anche nell'Internazionale, ma imbastardisce una chiara questione di organizzazione. Turati, per riflesso delle elementari regole organizzative internazionali deve andar via, Cachin può stare. Vi sono altre ragioni di incompatibilità per chi aderì alla guerra come Cachin? Si possono proporre e discutere, nel seno della Internazionale dopo aver applicate le prime, in ogni caso non per eludere le prime.

Tutto ciò conta poco. La verità vera ve la diremo noi, compagno Rappoport. Per piacere, non vi occupate di Turati. Parlate di Serrati. Prendete ciò che il suo Baratono ( honny soit..) disse nel discorso "teorico" di Livorno. Prendete ciò che essi fanno oggi, la politica del partito che Serrati dirige. E vedrete violate le "condizioni",cioè la dottrina e la pratica del comunismo.

Sono stati contro la guerra, per Zimmerwald etc. Ebbene? La verità che ne risulta è quella: ciò non fa che renderli nemici più pericolosi della rivoluzione. Quando si capirà questo, nelle cose e per le cose italiane, la esperienza della Internazionale Comunista avrà fatto un gran passo innanzi. Ecco tutto. Non è poco, né ci è voluto poco per arrivarvi. Ma i comunisti italiani, appunto per questo non ritorneranno indietro da questo importante punto acquistato a nessun costo.

 

Amadeo Bordiga

 

Il Comunista, n. 39, 23 maggio 1921