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archivio > Archivio sulla sinistra>La barca sta a galla ma fa acqua (Battaglia comunista, n. 4, 19 febbraio - 5 marzo 1952)

aggiornato al: 10/10/2011

Battaglia comunista, n. 4, 19 febbraio - 5 marzo 1952

Riproponendo questo articolo di quasi sessanta anni fa quanto risalta è, al di là dei nomi delle persone citate,  la sua stretta attualità nel quadro complessivo espresso dal titolo.

La barca di questo mondo oggi sta ancora a galla ma lo fa sempre più a fatica e il "si salvi chi può" è stato già lanciato da tempo.

 

La barca sta a galla ma fa acqua

 

Se la stabilità interna del regime capitalista fosse un problema di volontà e di persone davvero non si capirebbe come una classe dominante quale l'americana, detentrice di una schiacciante preponderanza economica e finanziaria e al riparo almeno fino ad oggi dai sussulti rivoluzionari del proletariato, sia costretta ogni anno, per non dire ogni mese, a varare nuovi e sempre infecondi piani di «organizzazione dell'Occidente», e un governo come quello patrio, foraggiato dall'America e stimolato, non ostacolato, dalla sua stessa opposizione, navighi cronicamente nelle acque della crisi. Davvero, non si spiegherebbe come, in mari così beatamente calmi, la barca stia bensì a galla ma faccia continuamente acqua, e non nel senso che, appena chiusa una falla, se ne apre un'altra, ma nel senso che ogni falla nuova accumula raddoppiate ragioni di malessere, di smarrimento, di disgregazione. Il problema non è di volontà né di piani, ma di concreti rapporti di forze economiche e sociali.

Siamo appunto in questi giorni in uno di questi periodi di falla. L'America ha un bel modificare continuamente i suoi piani economici e militari, e cambiare sigle ad organismi, e sottoporre a permanente rotazione gli uomini alle leve di comando, e distribuire dollari e comandi: la macchina dell'Occidente fatica a mettersi in moto. Aiuti e provvidenze hanno risolto il problema di tirare avanti: non hanno neppure sfiorato quello di funzionare. L'integrazione economica europea si conclude con le nuove muraglie elevate da Inghilterra e Francia al commercio di importazione, e con tutte le bardature tipiche dell'autarchia totalitaria. L'unione doganale, fallita nel Benelux, non ha neppure avuto il tempo di vagire nei rapporti franco-italiani. Le aree che dovevano fondersi prendono sempre più l'aspetto di gelosi, ristretti ed esclusivi «spazi vitali».

Fallita sul piano economico, sfattasi sul piano politico, l'unione europea stenta a realizzarsi sul piano militare. Se ne è esclusa l'Inghilterra laburista e conservatrice; sta per escludersene la Francia. Parve un tempo che il carbone del piano Schuman dovesse tenere a battesimo l'avvicendamento franco-tedesco; ora la Camera francese risuona di grida che solo per un filo non ricordano il classico «Domani a Berlino».L'europeismo di De Gasperi è come l'uccello di Minerva: viene fuori quando annotta.

Già. De Gasperi: il discorso viene a proposito. Il nostro piccolo Truman ha sfornato piani su piani e, se stessimo alle cifre, dovrebbe aver ormai redento le nostre piccole aree depresse. In realtà, la depressione ha guadagnato tutto il Paese. Ha, il 18 aprile, realizzato uno schieramento degno del Patto Atlantico e del suo esercito unificato: tirando oggi le somme, ha scontentato larga parte dei suoi, e ha servi recalcitranti i partiti minori, e consigliera tutt'altro che comoda Madre Chiesa. E l'America gli fa i conti in tasca e gli lesina le commesse, e se appena gli riesce di ricomporre dietro la sua augusta persona il blocco della democrazia una e trina, padre Lombardo o i vespisti o Gronchi o qualche altro glielo sfascia.

Davvero, la barca sta a galla, ma fa acqua. E non ad ogni angolo di mese c'è la provvidenza di un'alluvione o di altro disastro nazionale all'interno, e una guerra guerreggiata su misura per rifare un fascio solo dei recalcitranti, sul quadrante internazionale.

Si dirà che è magra consolazione per il  proletariato rivoluzionario, visto che non minore è per esso la difficoltà di organizzarsi. Ma il problema non è di volontà né di uomini per il proletariato più che per il capitalismo. Il proletariato è schiacciato sotto il peso di una serie spaventosa di sconfitte e del dilagare sfrenato dell'opportunismo e del tradimento, altra faccia del rafforzarsi degli strumenti di oppressione della classe avversa. La sua ripresa non è un problema psicologico di «liberazione dalla paura»; è un problema storico di liberazione di forze reali e sempre vive dalle macerie della sua organizzazione internazionale. Ma la sua certezza fa tutt'uno con la ribadita impossibilità del regime capitalista ad uscire dal ginepraio delle sue contraddizioni: è su questo terreno che va cercato, per l'avanguardia, non il confronto idealistico del male altrui, ma la sicurezza materialistica della propria forza reale.

La barca sta a galla coi remi dell'opportunismo e del tradimento conformista: verrà giorno che i remi pescheranno nel vuoto. Se così non fosse, nulla e nessuno, neanche la più agguerrita avanguardia del mondo, riuscirebbe a spezzarli, com'è vero che tornerebbero a pescare se la forza unificatrice del Partito non si fosse lentamente e faticosamente ricostituita. Il capitalismo non può uscire dalla terribile certezza della sua crisi; il proletariato non può uscire dalla ferrea certezza della sua finale vittoria.

 

Battaglia comunista, n. 4,  19 febbraio 5 marzo 1952