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archivio > Archivio sulla sinistra>Il regno della dissipazione (Battaglia comunista, n. 16, 12 - 28 settembre 1952)

aggiornato al: 10/03/2012

Battaglia comunista, n. 16, 12 - 28 settembre 1952
Un articolo tratto dall'ultimo numero di  Battaglia comunista che uscì come organo dell'organizzazione che si richiamava (ed aveva tra i suoi militanti) ad Amadeo Bordiga.
Proprietari legali della testata erano gli elementi legati ad Onorato Damen e come loro organo il giornale continuò ad uscire.
Dall'ottobre del 1952 la testata di chi seguì Amadeo Bordiga divenne  Il Programma comunista.
Ambedue le testate escono e continuano ancora oggi.
 
Il regno della dissipazione
 
Come certe dimensioni e numerazioni in uso negli studi astronomici, la traduzione in cifre dell'enorme sperpero di forza lavoro imposto dal capitalismo provoca una sensazione di istintiva incredulità. Pare incredibile mentre i nove decimi dell'umanità consumano l'esistenza nella miserabile ricerca del tozzo di pane o addirittura soffre la fame che un sistema di produzione così altamente produttivo, di fronte ai sistemi trascorsi, si regga su una dilapidazione mai vista al mondo, sullo sperpero pazzesco, anzi, sulla fabbricazione di prodotti espressamente destinati allo impiego improduttivo.
Un esempio tra mille. Un apposito sottocomitato senatoriale degli Stari Uniti sta svolgendo una inchiesta per assodare le responsabilità dei danni subiti da 106 bombardieri atomici B-36, i quali. nonostante le precauzioni prese dalle autorità del campo di aviazione di Carswell (Texas), hanno riportato avarie durante l'imperversare di un violentissimo ciclone. Un'apposita commissione per una questione di danni facilmente riparabili? Già, perché i graziosi B-36, capaci di trasportare per migliaia di chilometri le bombe atomiche, solo se si guastano provocano perdite di decine e decine di milioni di dollari. Secondo un calcolo fatto dagli esperti aeronautici, i danni provocati dal ciclone ai mastodonti dell'aviazione ascendevano a 18 milioni di dollari, alias oltre 3 miliardi di lire italiane. Uno degli aggressivi apparecchi è andato distrutto. Poco male: 3 milioni e mezzo di dollari circa, ché tanto costa uno di tali mostri di distruzione. E se l'anti-atomico ciclone ci avesse reso il servigio di scassare tutti i 106 B-36, a quale cifra sarebbe asceso il danno? Fatto il facile calcoletto ed espresso in lire italiane il risultato, avremo la modesta cifra di 250 miliardi di lire circa.
Con una spesa di forza lavoro capace di produrre merci per un valore di 250 miliardi di lire che cosa di utile si potrebbe costruire? I teorici da strapazza della CGIL sono lì pronti a dirlo a chiunque abbia voglia di ascoltarli. Ma noi non li seguiamo affatto su tale via, non fosse altro che per il fatto che le spese di armamento degli Stati Uniti, che fino a pochi anni fa, e cioè al tempo dell'alleanza russo-americana e degli affitti e prestiti erano una manna caduta dal cielo, solo oggi sono scoperte per quello che sono. I milioni di dollari spesi per i 106 bombardieri atomici sono solo una goccia nel mare magnum della produzione di guerra passata, presente e futura. Ma, e qui appare il vero volto dello stalinismo e del pacifismo di tutti i colori, il carattere sperperativo del capitalismo non si appalesa solo nella produzione degli armamenti. Provatevi a fare un elenco delle cose che quotidianamente capitano sotto gli occhi, dalle lambrette agli spaghetti in scatola, cose inutili o dannose, in ogni modo prodotte solo in vista del profitto,e vi convincerete come è immenso lo stuolo delle produzioni in cui si sperpera, senza utilità sociale, la forza lavoro delle masse. E immaginate quale enorme sollievo si arrecherebbe allo sforzo di lavoro sociale, e di quanto salirebbe il montante dei beni di consumo e dei servizi utili, se la gigantesca macchina di produzione posseduta dal capitalismo fosse convogliata verso obiettivi sociali e non di dominazione di classe.
A fare ciò basterebbe, secondo i teorici pacchiani del pacifismo, abolire la produzione delle armi! Intanto loro stessi, e basta leggere un qualsiasi foglio cominformista, propongono di incrementare rami di produzione completamente estranei ai reali interessi delle masse lavoratrici, come le automobili utilitarie, le motoleggere, i transatlantici di lusso, gli alberghi alla moda, le sigarette, le cravatte policromatiche, i films di gangsters ed altre diecimila voci di prodotti inutili o idioti, creati dalle necessità della concorrenza capitalistica. Ammessa per un attimo la inverosimile ipotesi di un capitalismo senza eserciti e guerre, esso non sarebbe meno sciupone, dilapidativo, distruggitore di forza lavoro di quello reale, e purtroppo incorreggibile, in cui viviamo.
Se un colpo di vento, sia pure ciclonico, può mettere a repentaglio e distruggere in un battibaleno un prodotto del lavoro sociale equivalente a centinaia di miliardi di lire, che forse è danno accostabile a quello prodotto a suo tempo dal diluvio universale inflitto da Domineddio all'umanità peccatrice, il sostanziale fondamento di pazzesco marasma della produzione capitalista non ha bisogno di altra dimostrazione, ma solo di un più possente ciclone, non atmosferico ma sociale e politico che scalzi alle fondamenta la dominazione borghese.
 
Battaglia comunista, n. 16, 12 - 28 settembre 1952