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archivio > Archivio sulla sinistra>Gli stalinizzanti antistalinisti... (Il Programma comunista, n. 16, 27 luglio - 3 agosto 1956)

aggiornato al: 11/10/2012

Il Programma comunista, n. 16, 27 luglio - 3 agosto 1956
Un bell'articolo del lontano 1956 dopo la morte di Stalin e la seguente... destalinizzazione.
Buona lettura!
 
Gli stalinizzanti antistalinisti dell'alma italietta
 
Avevamo previsto che la caduta del «mito» Stalin avrebbe provocato (tra una pleiade di imbecilli inseguitori di tutte le «mistiche» purchessia) il pullulare della fungaia ― e tartuferia ― degli oppositori della prima ora, dell'ora di mezzo, e dell'ultima ora, contendendosi il diritto alla primogenitura in antistalinismo e non comprendenti di cedere alle irresistibili influenze del più deteriore metodo stalinista che era quello dei santi e dei reprobi dialoganti magari a parti invertite.
Tutti questi signori, che ripetono inconsciamente la lezione imparata, hanno, a sentir loro, un compito ben preciso creare il partito di classe e fin qui (valga quel che valga la creatività e il modo scorretto di porre il problema) si potrebbe anche soprassedere. Ma da quali posizioni partono, su quali posizioni costoro si basano per fare il partito della classe operaia?
Tutti quanti, e ciò è altamente indicativo, hanno una posizione in comune: libertà e democrazia.
Vuoi la libera discussione tra gruppi, gruppetti e gruppettini per metterci d'accordo sui punti di convergenza; bella tautologia; mettiamoci d'accordo su quello su cui siamo già d'accordo. Ma non hanno mai capito, costoro, che il marxista è tale proprio perché, al di là dei punti accessori di convergenza, ricerca e punta i piedi sulle fondamentali questioni di principio là ove esiste la divergenza reale, l'incompatibilità tra la chiarezza di una linea politica, fondata sulla reale dinamica storica, e un nebuloso pragmatico, concreto confusionismo che cambia di forma a seconda del mutare delle più superficiali situazioni contingenti?
Un esempio? (Siamo d'accordo con gli anarchici sull'uso della violenza rivoluzionaria per demolire il potere capitalistico e distruggerne la macchina statale, ma questo è un punto accessorio nel quadro generale; ciò che rende irrimediabilmente inconciliabili le posizioni è il fatto che gli anarchici dopo questo uso di violenza puntano su una vaga libertà della persona umana e ricadono nelle più bolse ideologie borghesi. Noi siamo per l'uso, storicamente necessario, di una macchina-Stato, costruita dal proletariato vincitore per reprimere i conati di ritorno controrivoluzionario della sconfitta classe borghese. Questione accessoria, dunque, l'uso della violenza; questione fondamentale, il proclamato aperto impiego della Dittatura proletaria); e su questo si rompe, non ci si accorda.
Altra sottostalinatura in circolazione: la democrazia all'interno del partito. Quale partito? Manco a dirlo, il P.C.I. (o P.C.F.) o l'accidente come lo vogliono chiamare (perché non chiamarlo popolarprogressivo? calzerebbe a pennello!). E chi impedisce il ritorno (in senso proprio ― tornare indietro ― reazionario) alla democrazia?E chi se non il sottostalinista Palmiro Togliatti?
Fronte unico, dunque, contro Palmiro. I lustrascarpe del lustrascarpe protestano contro il lustrascarpe.
Questi democratici in pectore liberti dall'incubo della dittatura s'infoiano in un'orgia di libertà; e la democrazia borghese, arma teorica della Grande Rivoluzione, dopo aver fatto la mantenuta d'alto bordo, da ormai invecchiata meretrice si vende agli alcolizzati agli angoli degli angiporti: è la sua degna fine.
Ma in ciò è più marxista Togliatti, e Stalin di lui, che agivano e agiscono storicamente anche senza averne coscienza, considerando, il secondo, la democrazia possibile come metodo politico fra le nazioni, dovuto alla concorrenza e allo scambio commerciale sul mercato mondiale e negandola all'interno di un monopolio nazionale ― il primo riconoscendola infraclassista, come realmente è, nell'ambito della nazione.
Borghesi tutti e due ma storicamente a posto, anche se Togliatti lo fa per analfabetismo e in modo pedissequo.
Non hanno capito questi democratici a percentuale che la democrazia all'interno di una sola classe è un non senso? Che una classe sociale è un'entità storico-economico-sociale unitaria e unidirezionale e questo vale per il capitalismo con la sua democrazia ― e questo vale per il proletariato, ma come antitesi storica al capitalismo e come antitesi politica alla democrazia.
Fondare il partito rivoluzionario di classe basandosi sul libero dibattito e sulla libertà di opinione, è come voler determinare il modo di camminare dei bipedi uomini basandosi sul muoversi di uno storpio.
Alla larga, signori; vi lasciamo con le vostre ideuzze democratoidi. Noi siamo per il partito rivoluzionario proletario e dittatoriale.
 
Il Programma comunista, n.16, 27 luglio - 3 agosto 1956