Cerca nel sito



 


archivio > Archivio sulla sinistra>Dialoghi coi lettori (Il Programma comunista, n. 18, 27 sett.- 9 ottobre 1957)

aggiornato al: 28/05/2013

Il Programma comunista, n. 18, 27 settembre - 9 ottobre 1957
Dialoghi coi lettori
 
Caro «Programma»,
                                dopo il XX Congresso del P.C. russo si è sentito parlare di riabilitazione di alcuni compagni fucilati prima della guerra come traditori e di altri giustiziati in questi ultimi tempi. Perché nessuno del PCI ha saputo spiegarmi né la causa di queste fucilazioni, né quella della loro riabilitazione, mi rivolgo a te con la speranza di venirne a capo.
Un compagno tramviere di Firenze
 
Caro compagno,
                          i giustiziati di prima della guerra imperialista erano gli ultimi rappresentanti della gloriosa Vecchia Guardia bolscevica, i più noti fra i quali erano Bucharin, Kamenev, Zinoviev e Trotzky, cui fu riservata una fine speciale, essendo stato assassinato da sicari al Messico. Tale decimazione fu legalizzata dai famosi processi di Mosca del 1933 e 1936, presieduti da quel tale Viscinski, che emerito menscevico, assurse a posizioni di dirigenza nel Partito russo dopo la degenerazione della Rivoluzione.
Questi compagni furono giustiziati perché - con maggiore o minore continuità e in vari modi e tempi - si opponevano alla politica di tradimento instaurata dai dirigenti di allora, capitanati da Stalin. L'opposizione si manifestò non solo in Russia, ma anche in altri Partiti, sezioni della ormai affossata III Internazionale, e principalmente nel Partito Comunista d'Italia che restò fedele ai principii del marxismo rivoluzionario e del leninismo, per opera della Sinistra Comunista, finché, sconfitta questa, passò armi e bagagli dalla parte dei traditori russi.
Perché i migliori rappresentanti, che furono anche i compagni più vicini a Lenin, della Vecchia Guardia bolscevica furono accusati di tradimento? Essi e, ripetiamo non solo essi ma anche tanti altri compagni della Sinistra Comunista Internazionale, ravvisavano nella politica dello Stato russo una rottura aperta con i principii e la pratica della rivoluzione internazionale, parallela nell'URSS al risorgere di forme produttive e sociali e quindi di privilegi capitalistici contro, s'intende, gli interessi del proletariato rivoluzionario di Russia e del mondo intero. A venti anni di distanza, oggi è relativamente facile constatare che quei compagni avevano perfettamente ragione. Con la chiusura del periodo cosiddetto staliniano ha coinciso il trapasso del capitalismo russo dal periodo di imposizione a quello di assestamento di quei privilegi borghesi, e il giovane capitalismo russo ha sentito l'esigenza di passare a forme meno spietate di dominio, una volta che il suo potere di classe aveva, con l'affermarsi del suo tipo di produzione, schiantato ogni resistenza contraria e creatosi una numerosa clientela piccolo-borghese, legata per altro verso all'imperialismo mondiale capeggiato dal mostro americano.
Il XX Congresso si era assunto questo compito. E' sembrato agli occhi degli sprovveduti che un'ondata di «libertà» illuminasse il passato. Ed in questo frangente ci sono state delle voci - solo delle voci, compagno - che avrebbero voluto richiamare in vita meriti che nessuno Stato capitalista vuol sentirsi ricordare. Vogliamo alludere alle origini rivoluzionarie dello Stato russo. La putrefatta borghesia francese ha rinnegato perfino i suoi Robespierre, Saint-Just, ecc. e quella inglese i suoi Cromwell: a maggior ragione la borghesia russa non potrà che relegare sempre più nel dimenticatoio rivoluzionari che non sono della sua classe, anzi erano violentemente avversi ad essa. Ed un giorno non ne parlerà più, se non - cosa che sta già avvenendo - per mistificare le loro opere, le loro parole. i loro scritti.
Per quanto riguarda i giustiziati del dopoguerra, i Raik, per intenderci, i rappresentanti nazionali degli interessi borghesi dei paesi sotto il controllo russo, le cause vanno ricercate in altre ragioni, radicate nella natura dello stesso Stato russo. Questo, una volta accettata per sua la seconda guerra imperialista di rapina e condiviso con il famigerato mostro americano il criterio della divisione del bottino di guerra, non poteva che stimolare gli interessi borghesi egoistici e nazionalistici per definizione dei rispettivi paesi controllati. Ciò non è accaduto solo per la zona russa, ma anche per quella americana. I Raik, e simili vecchi arnesi, erano i rappresentanti di questi interessi e, siccome la loro difesa era in quel momento in contrasto con le esigenze dell'imperialismo nella sfera russa, furono tolti di mezzo. Era il ripetersi di lotte in seno al capitalismo, le quali nulla hanno a che vedere con la Rivoluzione comunista e col proletariato: corrispondentemente quegli uomini non rappresentavano un contrasto di classe coi loro giustizieri. Non furono liquidati perché rivoluzionari, ma perché non sufficientemente in linea come controrivoluzionari.
Vedi bene che queste cose non te le potevano dire né te le diranno mai lor signori. Come non te le diranno mai i vari tirapiedi filo-americani. Gli USA fanno lo stesso nel loro settore. Non hanno bisogno di ricorrere a mezzi del genere, perché poggiano su un'economia già solida e vincono i contrasti all'interno con dollari o magari mandando in giro nel mondo la loro potentissima flotta navale.
Noi, che nessun privilegio abbiamo da difendere, ma solo il nostro glorioso PROGRAMMA Rivoluzionario Comunista, le nostre superbe tradizioni segnate col sangue di immense schiere di compagni che tutto dettero alla causa, non abbiamo nessuna reticenza a dire le cose come stanno.
Per concludere: per i Raik, i Tito, i Gomulka, ecc., riabilitazioni, scarcerazioni, onori; per i Bucharin, o Trotzky, il silenzio generale, rotto soltanto e ininterrottamente dai continuatori delle tradizioni rivoluzionarie, da noi, seguaci come loro del marxismo rivoluzionario.
 
Il programma comunista, n. 18, 27 settembre - 9 ottobre 1957