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archivio > Archivio sulla sinistra>Bruno Fortichiari, Scritti scelti di Amadeo Bordiga, (Iniziativa Comunista, 1975)

aggiornato al: 10/02/2008

Iniziativa Comunista, n. 25 e 26, 1975

Il Bruno Fortichiari che scrive, nei primi anni settanta, quanto ora presentiamo era l'animatore, attorniato da un piccolo gruppo di giovani, di un piccolo bollettino ciclostilato, allora si adoperava ancora il ciclostile, intitolato Iniziativa comunista - Livorno '21, che si proponeva il compito impossibile della riunificazione delle forze sparse dei comunisti internazionalisti per un ritorno alla Livorno del 1921 che aveva segnato la fondazione del Partito Comunista d'Italia.

Nella Milano di quegli anni, Bruno Fortichiari già anziano, manteneva intatta, con una ancora grande carica interiore,  la sua semplicità, la sua onestà  e la sua fiducia nel proletariato.

Quell'uomo, piccolo e mingherlino che impersonava la modestia e che  morirà il 4 gennaio del 1981 a 89 anni (era nato a Luzzara in provincia di Reggio Emilia l'8 febbraio del 1892), era stato uno dei membri (con Bordiga, Terracini, Grieco e Repossi) del primo Comitato Esecutivo del Partito Comunista d'Italia. Il partito italiano di allora non era troppo allineato con Mosca e quindi l'Internazionale Comunista al III E.A. del giugno 1923 (Bordiga era in carcere) decise di cambiarne la direzione: venne proposto un esecutivo misto composto da Fortichiari, Scoccimarro, Togliatti, Tasca e Vota, ma Fortichiari rifiutò di stare al gioco, nemmeno lui era uomo per tutte le stagioni, e venne sostituito da Gennari.

Questo per spiegare sommariamente l'uomo che era stato il responsabile dell'Ufficio I  del partito, la struttura più delicata del partito, quella dedicata, con il fascismo all'attacco,  all'organizzazione del lavoro illegale; finchè Fortichiari (il cui nome di battaglia era "Loris") diresse questa sezione del partito non venne mai individuato dalla polizia, il partito continuò nella sua attività e la sua struttura illegale, pur subendo attacchi ripetuti non fu  mai seriamente compromessa o smantellata.

La recensione al libro di Livorsi (Amadeo Bordiga, Scritti scelti, Feltrinelli 1975) lascia il campo a ricordi personali e a fatti vissuti in prima persona da Bruno Fortichiari (vedi ad esempio l'episodio degli  Arditi del Popolo) e ci pare quindi interessante riprodurre il testo tenuto anche conto del fatto che all'epoca della sua uscita non molti erano i lettori di Iniziativa Comunista.

 

 

Scritti scelti di Amadeo Bordiga

 

Il tempo nel quale si è costituito il Partito Comunista d'Italia, il modo in cui si è organizzato, le dure lotte da esso vissute e sostenute, la tragenda composita di nemici interni ed esterni che l'ha snaturato, violentato ed infine strangolato nel clima fosco della reazione fascista e della controrivoluzione staliniana in sincronia, sono una miniera inesauribile per studiosi critici e storici. Non si contano più le pubblicazioni più o meno onestamente documentate e le case editrici che sfruttano un filone evidentemente redditizio.

Se chi ha partecipato a quelle vicende può constatare quanto profondamente abbiano inciso in tutta una lunga epoca, del resto non ancora conclusa, è indotto anche a valutare la pervicacia della maggior parte degli autori nel proposito di malversazione, di prevaricazione, di mistificazione, sia nei riferimenti come nelle interpretazioni e nei commenti. La buona o la malafede, se pure qualificano responsabilità specifiche, non cambiano gli effetti sulle migliaia e centinaia di migliaia dei lettori interessati e quasi sempre indifesi.

Bisogna tener presente che a monte di questa profluvie di pubblicazioni sta una fortissima cricca organizzata per la fornitura e diffusione e valorizzazione di notizie e documenti opportunamente orientati. Questa cricca nasce nel seno del P.C.d'I. in coincidenza (fortuita ma non troppo) con un colpo reazionario da cui il partito è decapitato (1923 arresto di Bordiga e di altri dirigenti) e un intervento ostile del Partito bolscevico di Mosca, prevalente nell'Internazionale Comunista, priva del consiglio di Lenin, ammalato. Con mosse lente, in principio, sviluppate da Togliatti fra omaggi a Bordiga e Gramsci; più vivaci e decise man mano che a Mosca sale, infausto, l'astro di Stalin, fino all'impudente falso del Congresso di Lione. E' Togliatti stesso che dà il via alla macchina di carte false e gli daranno aiuto fervidamente i Longo, i Berti, i Terracini e simile genia.

Che cosa possono raccontare gli scrittori che pescano informazioni e speculazioni in quell'enorme brago? Ci sono quelli a priori animati da servilismo verso un potere incombente - non si sa mai -, ci sono quelli che vorrebbero forse essere obiettivi ma sono condizionati dalla flebilità delle voci storicamente più valide. Si deve purtroppo riconoscere che la sinistra comunista, per troppo tempo, non ha potuto o saputo farsi ascoltare. I suoi mezzi, è vero, erano troppo scarsi per imporre maggiore attenzione. Ed erano menomati dalla varietà e spesso dalla contraddittorietà delle espressioni o del vaniloquio delle polemiche bizantine.

 

* * * * *

 

Feltrinelli ha pubblicato, in questi giorni, un libro tecnicamente pregevole dedicato ad Amadeo Bordiga: "SCRITTI SCELTI DI AMADEO BORDIGA" a cura di Franco Livorsi. Scegliere fra le opere scritte del nostro indimenticabile compagno non era difficile. La quantità delle sue pubblicazioni e dei suoi discorsi è veramente eccezionale e sempre di interesse rilevantissimo. Può farsene un'idea chi ha modo di seguire i cospicui volumi già editi e in corso di stampa da parte di "Programma comunista".

Comunque il materiale offerto ai lettori non aggiornati è una miscellanea ricca e, se anche forzatamente limitata, chiaramente illuminante. Però...

Era inevitabile. Bordiga non è stato e non è anche ora che ci ha lasciati, un personaggio di tutto riposo per quanti si sono trovati o si trovano  su "altra sponda". E' stato, e resta per la memoria di quanti gli sono stati vicini e di quanti lo conoscono (perchè l'hanno studiato e lo studiano) al disopra di qualche divergenza o in perfetta consonanza, un irriducibile combattente per la causa proletaria, un tenace e incoercibile assertore e propulsore della causa comunista. Non poteva, pertanto, mancare l'occasione per tentare, almeno un pochetto, la svalutazione. E l'introduzione firmata dal Livorsi, con misura dignitosa, naturalmente legittima, la tenta.

Scopriamo un momento "formativo" insospettato per noi che conoscemmo Amadeo quando era ancora studente: egli sarebbe stato "un convinto assertore dell'operaismo di Costantino Lazzari e quasi a un tempo un collaboratore entusiasta e ben presto un amico" di Benito Mussolini quando questi divenne direttore dell' "Avanti!" nel 1912. Strano.

Lazzari ha avuto sì una fase "operaista" ma parecchi anni prima e in quegli anni Amadeo, studioso in erba di marxismo aveva ben altro maestro, Antonio Labriola, ed esaminava già lo pseudo marxismo (di quel tempo) di Benedetto Croce. Nel 1910, alla vigilia della guerra di Libia, Lazzari era già lontano dall'operaismo, faceva già spicco fra gli "intransigenti"  del Partito Socialista, quelli che contrastano l'influenza dei "riformisti" Turati, Bissolati, Bonomi, ecc.. L'operaismo era ormai un ricordo.

E Bordiga non tarda a farsi notare da noi giovani nei congressi della Federazione Giovanile Socialista e non risparmia, sebbene con simpatia cordiale, lo scrivente di queste righe allora lattonzolo prampoliniano esposto alle goliardiche fischiate dei giovani herveisti (da Hervé, l'antimilitarista francese, disfattista fino all'alba del 1914 e poi smaccatamente guerrafondaio).

A Reggio Emilia, nel 1912, al Congresso nazionale del P.S.I. Amadeo è già tutto lui. La sua posizione contro i riformisti "libici" coincide con quella di Mussolini ma il suo discorso già segna un'impostazione diversa.

Mussolini si scatena contro Bissolati e compagni con passione giacobina, Amadeo identifica nel "colonialismo" dei Bissolati non solo un rigurgito patriottico di natura borghese, ma la manifestazione acuta del riformismo che aveva dominato il P.S.I. ed era una revisione bersteiniana del marxismo.

Anche nella discussione con Angelo Tasca al Congresso di Bologna della F.G.S. (sett. 1912) sulla questione dei giovani e della cultura, non ci sono stati quei "toni mussoliniani" che Livorsi ha colti nei soliti storici.

Mussolini poteva "colpire" i disattenti con la sua "verve" superficiale e barricadiera ma destava diffidenza in chi era, come Bordiga, ancorato senza retorica al marxismo. E la famosa "Settimana rossa" scatenata con toni blanquisti da Mussolini non rinsalda l'inesistente "mussolinismo" del nostro compagno che non ha mai trescato ideologicamente con anarchici od anarcoidi.

Anche un momento di accostamento con Mussolini al Congresso del P.S.I. di Ancona dell'Aprile 1914 ha una motivazione occasionale e non ideologica. E' sul tappeto una questione particolare: ammettere o negare il diritto dei socialisti a far parte della massoneria. In Mussolini, come suo costume, conta il sottofondo di sospetto verso un'associazione incontrollabile; per Amadeo è di prim'ordine ogni tendenza politica tesa a invischiare il P.S.I. - che egli vuole rigidamente identificato nel marxismo - in pratiche bloccarde riformistiche.

La vigilanza e l'intransigenza manifestate da Bordiga a difesa del marxismo nelle dette circostanze trovano inevitabile conferma nella condanna di Mussolini nella fase di neutralità relativa alla vigilia della prima guerra mondiale quanto e più vivacemente nella fase di aperto interventismo del demagogo romagnolo. Non è pura coincidenza il fatto che sulla stampa socialista Amadeo si esprime contro il futuro duce, e a Milano Fortichiari convoca l'assemblea della sezione P.S.I. che espellerà Mussolini.

Si ha cioè, in quelle circostanze, la convergenza di due gruppi su una linea comune non solo genericamente contro la guerra ma contro le borghesie dei vari schieramenti imperialisti.

In quelle ore Togliatti è interventista e si arruola nell'esercito italiano, Gramsci pende verso l'interventismo e si trattiene soltanto perchè è scosso dal rifiuto deciso delle forze operaie.

A Firenze, al convegno clandestino tenuto dopo la rotta di Caporetto, sono con Bordiga contro i tentennamenti di Lazzari. segretario del P.S.I., non Gramsci, ancora scosso dalla sua crisi di coscienza e sta zitto,  ma i compagni rappresentanti di Milano; e questo incontro, coincidente con le notizie di Lenin, segnerà un passo determinante verso la costituzione della sinistra comunista. La faziosa interpretazione data da Germanetto e da Gramsci in seguito,  secondo i quali a Firenze si sarebbe avuto una conclusione concorde non ha alcun fondamento.

D'altra parte l'incontro era stato voluto da Lazzari per tastare il polso al Partito e non doveva deliberare. Provvide subito dopo il Governo liberale a bloccare per un certo tempo l'iniziativa disperdendo gli elementi della sinistra con arresti e confino.

Seguire Livorsi in tutte le sue fatiche porterebbe troppo lontano. Va detto però che arzigogolare sulla posizione "più vicina" anziché "identica" di Bordiga a quella di Lenin sull'imperialismo non trova una base in tutta l'opera del nostro compagno ma negli esercizi filologici degli esami storici ben noti. E' arbitrario far seguire a quelle considerazioni la pretesa che  "in Bordiga era nato qualcosa di nuovo, il bordighismo". E che "Erano così superati anche i limiti posti nel 1913 alla scientificità del marxismo".

Con la nascita de "Il Soviet" a Napoli è confermata e sostenuta la tendenza leninista riallacciata alle posizioni del 1913, applicata con rigorosa coerenza nel P.S.I. fino al formarsi della frazione comunista. Unico motivo divergente da Lenin (e da altri gruppi della sinistra, compreso quello di Milano) sarà quello tattico della partecipazione ad elezioni parlamentari, del resto ampiamente spiegato dalla particolare incidenza deleteria del cretinismo parlamentare del gruppo riformista nel P.S.I. Superato questo scoglio superficiale la frazione comunista da Milano a Livorno, e poi l'attività alla direzione del Partito Comunista d'Italia fino al 1923 smentiscono la pretesa esistenza del bordighismo. La sintonia e la collaborazione fra le componenti della sinistra comunista sono complete e costanti. E l'accordo c'è anche sul problema dei consigli gramsciani, a proposito dei quali già prima della formazione della frazione comunista il gruppo di Milano, non astensionista, era concorde con Bordiga.

Non poteva mancare il proposito di marcare la presenza di Gramsci nella fase ante-Livorno ignorando le componenti più attive della frazione. Sta di fatto che, a prescindere dalla crisi interventista, questo nostro compagno, non ha mai accettato pienamente l'impostazione della sinistra, distinguendosene sia nella questione dei Consigli, sia nella linea di demarcazione verso i serratiani, tanto che è ben disposto, dopo il 1923, a seguire le pressioni dei dirigenti dell'Internazionale allorché, eliminato il controllo di Lenin, interferiscono nel P.C.d'I. per scalzare la sinistra di Livorno.

A questo punto dovremmo ripetere considerazioni già esposte nel nostro bollettino e negli inserti sugli "appunti per la storia della sinistra comunista milanese" le quali rispondono punto per punto alle note contenute nell' "introduzione" di Livorsi.

Può darsi che valga la pena di farlo indipendentemente dall'occasione offertaci poiché si tratta di questioni interessanti non solo gli storici di professione ma, e per noi è molto più importante, i compagni proletari ai quali desideriamo rivolgerci.

 

Bruno Fortichiari

 

Iniziativa Comunista-Livorno 1921, bollettino per la sinistra comunista, n. 25, giugno 1975

 

 

 

Scritti scelti di Amadeo Bordiga

 

E' interessante e quasi divertente assistere alla gara fra studiosi -così per dire - di estrazione medio borghese o schiettamente borghese nel rievocare con piglio storiografico le vicende più o meno autentiche della formazione del Partito Comunista d'Italia. Incentivi a questa gara possono essere di natura venale poiché gli editori "sentono" le attese dei presunti lettori; di natura politica per chi, intellettuale, scrittore, fiuta il vento che tira e predispone le mosse opportune per eventuali adeguamenti. Gramsci, che si intendeva di questa gente, scrisse che "per una tabe storica dell'intellettuale italiano, questi corre sempre in aiuto del vincitore".

Il vincitore. ora, è o almeno sembra a chi non vuole perdere tempo a riflettere, il P.C.I. E non è questo il partito proclamatosi erede, continuatore anzi, del Partito Comunista d'Italia? E il P.C.I. non ha mai rinnegata una tradizione di tanta importanza in quanto leva sulle masse operaie, non ha mai ammainata quella bandiera leninista e ha soltanto voluta aggiornarla con una mano di tricolore. Se perfino quel burlone di Terracini afferma (ma chi vuole sfottere, la sua immagine 921 o il tetro Berlinguer 975?) che la fonte della politica del compromesso storico si trova già al Congresso di Livorno...

Ci credano o facciano finta di crederci, i signori a cui ci siamo riferiti si esibiscono in funambolismi dialettici per distorcere il significato reale degli avvenimenti e fornire spiegazioni di comodo ai responsabili  e profittatori delle contorsioni opportuniste del P.C.I.

Offrire al pubblico di lettori una collana di scritti del nostro compagno Amadeo Bordiga è certo un gesto accattivante. Si va incontro a una domanda tutt'ora intensa fra giovani, specialmente, ai quali un nome spesso ricorrente nella stampa o nelle polemiche verbali ha suscitato quesiti e problemi di non chiari sviluppi.

Ma si può concedere all'autore ormai, e per noi purtroppo, obbligato al silenzio, la facoltà di persuadere, di scuotere, di provocare, nella misura eccellente di ingegno tanto fervido, di eloquenza dialettica tanto suasiva?

Dunque l'ottimo Livorsi prende due piccioni con una fava. Un bel colpo editoriale e la premessa ammonitrice. Il lettore è prevenuto e il pericolo di contaminazione è scongiurato.

Riprendendo le nostre osservazioni dal n. 25 di questo "bollettino" notiamo che Livorsi pone l'accento sullo "schematismo dottrinario" rivendicato da Bordiga come essenziale alla "vita di quell'organizzazione che costituisce il partito comunista." L'etichetta è applicata. Ma in quale situazione sociale, in quale ambito politico, Amadeo interviene e inizia la sua intensa ed estesa battaglia, con coerenza  e continuità senza pause? Il richiamo alla campagna del "Soviet" che "voleva collegarsi  a un fatto che per Bordiga veniva ad avvalorare la tesi di quel MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA che nel 1908/909 lo aveva fatto diventare marxista" - ma il "Manifesto" è quello di Marx ed Engels del 1848 - sembra conchiudersi nell'astensionismo, clamorosamente  sconfitto nel Congresso del P.S.I. nell'agosto del 1919 a Bologna.

Nello "schematismo" di B. l'astensionismo è sospetto se, come Livorsi stesso riferisce, B. lo sostiene come condizione determinante per la separazione dai riformisti tanto che "si disse pronto a ritirare la mozione astensionista pur di ottenere che il P.S.I. espellesse i riformisti ai quali giustamente imputava la responsabilità di impedire al partito stesso di giungere all'unità di azione rivoluzionaria", quel "clamorosamente sconfitto" ha un suo incisivo effetto.

Ma i lettori sanno che il P.S.I.  è sorto nel 1892, che da allora il riformismo degli intellettuali e dei sindacalisti, con variazioni prudenti o demagogiche, ha giocato sul revisionismo al Manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels colle remore dei Programmi massimo e minimo, col parlamentarismo invadente e capillare, con l'elezionismo fine a se stesso, col bloccardismo opportunista? Contro questo po' po' di tradizione corruttrice, appoggiato da organizzazione agguerrita e radicata, il compagno Bordiga doveva essere "clamorosamente" sconfitto!.

"I suoi limiti, dice poi Livorsi, stanno tutti, il che è gravissimo, nella cattiva comprensione di due problemi: quello del dualismo del potere e quello del rapporto partito-classe." Sarà gravissimo, però non è dimostrato. Ed è comodo (ma non dimostrato) sostenere che Bordiga si abbandoni ad astratte distinzioni tra consigli operai aziendali e soviet territoriali. Non si trattava, allora, di elucubrazioni puramente dottrinali. La polemica con Gramsci implicava l'orientamento della Sinistra comunista verso la formazione del Partito Comunista (e il gruppo di Milano era d'accordo con Bordiga) o verso una politica operaista obiettivamente socialdemocratica considerata con qualche adesione in seno al P.S.I.

Ritorna qui un riferimento artificioso a una presunta approvazione di Lenin (aprile 1920) alla posizione assunta dai gramsciani "Per il rinnovamento del P.S.I.". Il fatto è che si trattava della deliberazione della sezione P.S.I. di Torino critica verso il P.S.I. con espressioni riflettenti le posizioni sostenute da gruppi della sinistra e non la precipua concezione gramsciana. Tanto vero che quella deliberazione era stata approvata anche dagli astensionisti bordighiani. In quella formulazione non si accennava nemmeno ai Consigli e al controllo operaio, concetti cari a Gramsci. Vi era un accenno all'illusione di recuperare Serrati e certo fu questo il motivo per cui Lenin mise l'accento sulla deliberazione torinese. Mal ripagato, comunque,  perchè Serrati non intendeva rinunciare, allora, ai Turati, Baldesi e compagni.

Non poteva mancare l'argomento polemico di facile furbesco sfruttamento: il rapporto dei "settari" del P.C.d'I. coi cosiddetti ARDITI DEL POPOLO. Si ricorre ancora a Gramsci e si dice che egli "avrebbe voluto appoggiare almeno tatticamente questa tendenza di base alla lotta armata unitaria." E Livorsi precisa: "Crediamo che, oltre a Bordiga, l'errore di settarismo sia stato compiuto soprattutto da Fortichiari e dallo stesso Terracini."

Per quanto mi concerne la nota non mi urta. Io ero d'accordo con Bordiga e l'atteggiamento nei confronti dei cosiddetti Arditi del Popolo era di tutto il C.C. del Partito del quale era membro anche Gramsci.

Personalmente avevo sì una particolare responsabilità perchè la mia funzione nel Comitato Esecutivo mi imponeva di occuparmi della questione. Se difendere politicamente il Partito e salvaguardare la sua organizzazione extra legale da una evidente e sfacciata manovra incontrollabile da ogni punto di vista, è settarismo... In questo senso, io, non bordighista, sono sempre stato settario. Posso aggiungere che, sul terreno della lotta (autentica, signor Livorsi, con tutte le implicazioni e le responsabilità) a Milano e dovunque si presentassero condizioni adeguate, l'organizzazione da me controllata, col consenso di Amadeo, accoglieva l'aiuto di combattenti socialisti, anarchici, antifascisti non ben definiti ma di pieno affidamento, e si associava con uomini e mezzi adeguati a iniziative di altri gruppi, si definissero o meno Arditi del Popolo. Esempio notevole la battaglia dell'oltre torrente a Parma comandata da Picelli, allora non iscritto al P.C.

Del resto l'autore accenna "all'ambigua figura del promotore degli Arditi del Popolo, Argo Secondari" e poteva riferire anche di un altro dei promotori, Vittorio Ambrosini, politicamente rifiutato non solo da noi, un matamoro senza truppa ma tanto chiassoso.

Ma poi dov'erano e quanti erano e quanto in pratica contavano? Nessuno dei nostri critici l'ha mai detto o forse non l'ha mai saputo. Gli unici in grado di controllarne esistenza ed efficienza eravamo noi. Conoscevamo ed apprezzavamo antifascisti militanti e non abbiamo mai respinto il loro concorso nell'azione ma non potevamo rischiare infiltrazioni e provocazioni.

Un'ammissione merita di essere qui richiamata: "(...) il P.C.d'Italia è l'unico partito che raccolga la sfida di violenza del fascismo, di scontro fisico contrapposto allo scontro fisico, ma anche alla mobilitazione operaia antifascista. Il Partito si costruisce una sua rete illegale; organizza squadre comuniste contro quelle fasciste; predica lo scontro armato come unica linea difensiva possibile contro la reazione, in una fase in cui la situazione rivoluzionaria diciannovista è passata ma se ne attende un'altra a tempi piuttosto brevi".    

 

Bruno Fortichiari

 

    Iniziativa Comunista-Livorno 1921, bollettino per la sinistra comunista, n. 26, lugl/ago. 1975