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archivio > Biografie>Virgilio Verdaro (una lettera e un ricordo)

aggiornato al: 17/12/2007

Napoli, dicembre 1960

Virgilio Verdaro

 

 

Virgilio Verdaro nacque in Svizzera a Balerna, vicino a Chiasso nel Canton Ticino, il 28 giugno del 1885. Visse la gioventù a Firenze, dove il padre era professore universitario; sempre a Firenze si iscrisse, sedicenne, nel 1901 al Partito Socialista e si laureò poi in lettere.  Nel 1912 fu presente al Congresso dell'Internazionale Socialista di Basilea (dove conobbe Angelica Balabanoff). Allo scoppio della prima guerra mondiale venne accusato di disfattismo e inviato al confino in una località della Calabria. Finita la guerra si legò a Il Soviet e fu delegato della frazione comunista astensionista al Congresso socialista di Bologna (5-8 ottobre 1919) e poi presente a Livorno alla nascita del Partito Comunista d'Italia.

Nel 1924 Verdaro si trasferì in Russia e visse all'Hotel Lux. Qui di lui si ricorda Ruth von Mayenburg nel suo libro Hotel Lux (Milano, Editoriale Nuova, 1979) quando scrive (pag. 174-75): «Al Lux [delle accese discussioni e lotte di frazione] non erano immuni neppure i gatti. Se, in periodi di tranquillità essi scivolavano per l'edificio senza che nessuno badasse loro, preoccupati soltanto di trovare un compagno di giochi amorosi oppure un topo, dovevano stare bene attenti a evitare calci qualora i rispettivi proprietari appartenessero a opposti schieramenti. Fu quel che toccò allo splendido gatto soriano dell'italiano Verdaro, fedele sposo della gattina di Humbert-Droz. Il professore trockista dell'Istituto Marx-Engels, stando a Rita Arvale, portava sempre la moglie e il gatto alle discussioni serali nella stanza di Giovanni Germanetto, dove insieme con il vecchio Marabini, un fossile del Lux che ho fatto ancora in tempo a conoscere, rappresentava lo schieramento "ultrasinistro" di Bordiga; e nei punti culminanti dei dibattiti, succedeva sempre lo stesso: Germanetto sferrava un colpo con la sua gamba di legno al micio, oppure gli lanciava contro la stampella e urlava alla bestiola miagolante: "maledetto trockista!"». Fedele alla sinistra quindi e amante dei gatti da cui lo pseudonimo "Gatto Mammone" che userà poi in Belgio. Nel 1928  accusato di trotzkismo dovette abbandonare il Lux e nel 1931 lasciò fortunosamente la Russia per andare in Belgio  dove diventerà una delle anime di Bilan e Prometeo al fianco di Ottorino Perrone.

Dovrà però lasciare a Mosca la moglie in attesa di un figlio, bimbo che poi morì a un anno di età di fame freddo e stenti come la stessa Mariottini ci scrisse in una lettera del 1979: «Quando in Urss  fui espulsa dal partito perchè compagna di un appartenente alla sinistra di Bordiga e già radiato, persi il lavoro e la tessera del pane e alla morte del mio bambino, avvenuta poco dopo, dovetti lasciare la casa e mi fu data una misera stanza invasa dai topi e dalle cimici» (Lettera a A.P. del 12.12.1979). La Mariottini si era rifiutata di dissociarsi dal marito e per questo era stata espulsa dal partito e licenziata.

Le campagne intraprese da Bilan e Prometeo per la sua liberazione furono infruttuose e solo in prossimità  della guerra la Mariottini potrà abbandonare la Russia.

Allo scoppio della guerra Verdaro abbandonò il Belgio e si rifugiò, con la moglie, in Svizzera, a Balerna dove era nato. Qui visse, in estrema povertà, aiutato da pochi amici e aderendo nel 1943 al partito socialista svizzero.

Abbandonerà la Svizzera nel 1957 per stabilirsi con la moglie vicino a Firenze, a Pontassieve, dove morì il 6 dicembre 1960.

 

Pubblichiama qui:

-- una lettera, scritta da Bordiga in occasione della morte di Virgilio Verdaro, a Emilia Mariottini da cui traspare una intima e umana commozione di fronte alla scomparsa dei compagni che avevano fatto parte del "vecchio gruppo della sinistra".

-- il necrologio ed il ricordo di Virgilio Verdaro che apparve nel n.24 del 25 dicembre 1960 di «il programma comunista».

 

 

   

 

Napoli 11 dicembre 1960

 

Carissima compagna Emilia Verdaro,

                                                            i compagni di Firenze mi hanno comunicata la tristissima notizia che Virgilio se ne è andato. Non avevo sue notizie recenti e non sapevo quali erano le sue condizioni di salute. In questi ultimi anni lo ho visto di rado, con grande mio rammarico, e non ho potuto averlo alle nostre riunioni. Mi disse con affetto l'ultima volta di venire a Pontassieve, ma tanto non mi è stato mai possibile.

Quando scompaiono i più cari e bravi del vecchio gruppo della sinistra, quelli rimasti uguali a se stessi attraverso tanti anni tremendi, mi sento assai rattristato, e purtroppo la nostra valida compagnia si va col passare degli anni diradando. Come per Ottorino, per Totò Natangelo, per Peppino De Nito, provo per Virgilio lo stesso grave dolore. Ma ricordo il suo temperamento ottimista, il luminoso sorriso che non ha mai perduto in tante vicende. Certo fino agli ultimi momenti non lo ha lasciato quella ferma convinzione, che ci ha unito tutti, della forza della nostra dottrina. Noi le abbiamo tenuto fede e non importa se solo quelli che ci seguiranno sul grande cammino ne vedranno la vittoria, già vista nelle nostre vecchie ma dure teste senza che mai la abbia offesa l'ombra del dubbio.

Gli mando per vostro mezzo il mio caro saluto, che non è l'ultimo perchè è quello di prima e di sempre in un legame che sta molto sopra le persone e le generazioni che passano.

Non so se le mie parole vi saranno di conforto o di maggiore tristezza, ma sono certo che nel pensiero di lui e del vostro antico affetto troverete il coraggio che vi richiede questa amara prova.

Affettuosamente,

 

 

 

 

Virgilio Verdaro

Un altro della vecchia guardia

 

In età inoltrata si è spento in questi giorni a Pontassieve di Firenze il valoroso compagno prof. Virgilio Verdaro,  figura di marxista e  rivoluzionario che in tutta la lunga e travagliatissima vita mai ha smentita la sua fede nella dottrina comunista.

Storico insigne, e dalla gioventù boicottato dalla scuola borghese in Italia e all'estero dove a molte riprese si ridusse profugo e sempre ribelle, egli, ha dedicato tutta la vita ad un'opera sul movimento proletario i cui preziosi materiali gli sono stati contesi a molte riprese e per decenni e decenni dalla persecuzione sbirresca, e che con lena infaticabile ha dieci volte ripreso a ricostituire. Avendo lavorato ad una simile opera come nemico di tutti i poteri egli non ha potuto avere la soddisfazione di vederla pubblicata, non avendo mai barattato questo successo con la  rinunzia alla più fiera indipendenza di giudizio.

Militante nel partito socialista da prima della guerra del 1914, egli fu uno dei più attivi dirigenti della frazione astensionista del 1918 che con grande ripercussione  diffuse nelle province di Firenze ed Arezzo. Al congresso di Bologna 1919 fu tra i più vivaci esponenti della frazione estrema e così al congresso di Livorno.

Collaborò sempre con importanti studi  alla stampa della nostra corrente e dovette nel dopoguerra riprendere le sue peregrinazioni. Pensò di trovare in Russia la sede adatta per adempiere il suo lavoro, ma egli era un convinto seguace della opposizione di sinistra e critico dello stalinismo. Anche ivi fu perseguitato e fu fortuna che poté sfuggire alla repressione staliniana.

Traverso drammatiche vicende riparò in Belgio e fu al fianco di Ottorino Perrone nel vigoroso movimento della sinistra fuori d'Italia. Tragico episodio fu che gli stalinisti impedirono la uscita dalla Russia della sua compagna e ne fecero ostaggio per piegare l'irriducibile ribelle; finalmente ottenne di riaverla dopo penosi episodi e sacrifizii infiniti, caratteristica di tutta la sua vita. Non pochi dei compagni ricordano i suoi brillanti scritti sotto lo pseudonimo di Gatto Mammone. In essi si condensava una eccezionale esperienza della lotta proletaria di più generazioni, esperienza tanto reale che teorica e quindi viva e genuina.

Sotto il peso di lunga, e sempre sorridente di una inimitabile arguzia, miseria economica, che era il suo orgoglio degli anni duramente vissuti e della compromessa salute, ma con mente sempre lucida e animo mai piegato dalle vessazioni nemiche, egli si è spento come visse, uguale a se stesso, al suo temperamento sereno e dolce, sotto il quale ha portata intatta fino all'ultimo un'irriducibile fermezza.

Salutiamo commossi il suo ricordo.

 

il programma comunista, n. 24, 25 dicembre 1960